Che sia l’anno buono per una riforma della previdenza? Paradossalmente uno degli anni più difficili dove bisogna trovare almeno una ventina di miliardi di cui una dozzina per confermare il cuneo fiscale e la riduzione a tre delle aliquote IRPEF, nonché altri sette/otto per rispondere alla procedura d’infrazione operata dalla UE e in cui siamo incappati assieme ad altri sei Stati, potrebbe rivelarsi quello dove operare una riforma almeno parziale sulla previdenza che da troppi anni ha avuto solamente piccoli interventi di “maquillage”.
Questo si può verificare perché l’occupazione aumenta costantemente anche con contratti a tempo indeterminato e le previsioni di un Italia invasa dagli stranieri nel periodo estivo può dare al turismo, da sempre ancora di salvezza per il Belpaese, quella spinta che possa portare il PIL oltre l’1% in aumento sulle previsioni contenute nel DEF che, unito al taglio del tasso di sconto operato dalla BCE, anche se solamente di 25 punti base, porterà ad un minor costo sugli interessi del debito pubblico. Inoltre, il rallentamento dell’Inflazione determinerà un minore esborso sui conti del costo delle pensioni con notevole risparmio rispetto agli ultimi due anni e, dopo il record del 2023 che ha fruttato oltre 25 miliardi ci si aspetta molto anche dal 2024 in ambito di recupero dell’evasione fiscale e contributiva con le nuove forme di “tax compliance” recentemente approvate.
Questi piccoli segnali in ambito economico fanno ben sperare in una modifica almeno parziale delle norme sulla previdenza anche perché in ogni caso è necessario intervenire perché i tre istituti di pensionamento anticipato Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale vanno in scadenza il 31/12/2024.
La novità, al di là delle affermazioni di Durigon che in campagna elettorale aveva rilanciato “Quota 41” indipendentemente dall’età anagrafica ma con tutto l’assegno calcolato con il metodo contributivo che, se approvato, vista la poca convenienza economica sarebbe accettato da poche decine di migliaia di lavoratori, è rappresentata dall’iniziativa del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Questo organismo che ricordiamolo nel 2016 ha rischiato di essere soppresso con un referendum e che tutti i partiti volevano a varie riprese abolire, ora ha ripreso vigore e ha istituito nello scorso febbraio un gruppo di lavoro per approfondire quattro importanti temi come la previdenza obbligatoria, quella complementare, quella delle casse professionali e quello sulla contribuzione obbligatoria che porteranno entro il mese di ottobre, in tempo per l’eventuale inserimento nella legge di bilancio, ad un disegno di legge complessivo sulla previdenza.
Da quanto fatto filtrare sembra che ci possa essere la conferma della Legge Fornero ma per quanto riguarda il pensionamento anticipato la novità sarebbe rappresentata dall’abbandono delle “Quote” con l’istituzione di una flessibilità in uscita da 64 a 72 anni con incentivi per chi decidesse di rimanere al lavoro oltre l’età ordinamentale.
Auspicabile che, oltre a ciò, si preveda una pensione di garanzia per giovani in caso di carriere discontinue e che ci sia una forte implementazione della previdenza complementare con aumento dell’importo da dedurre fermo da trent’anni, maggiori detrazioni fiscali e minori tassazioni finali. Infine, è doveroso un intervento sul TFS/TFR dei pubblici dipendenti perché ad oltre un anno dalla sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale il Governo su questo argomento non ha ancora preso posizione.