Si amplia la possibilità di ricorrere al prepensionamento per i dipendenti pubblici in esubero nella propria amministrazione; le uscite non potranno essere utilizzate per fare spazio a nuovi assunti più giovani, ma dovranno servire a ridurre stabilmente il personale e generare risparmi di spesa.
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Con la circolare della funzione pubblica 4/2014 firmata dal Ministro Marianna Madia vengono nuovamente fissate le modalità di attuazione delle norme a suo tempo varate nel Dl 95/2012 e poi modificate con il Dl 102/2013. Si tratta dei provvedimenti di spending review varati dal Governo Monti in base ai quali è possibile applicare ai lavoratori delle amministrazioni pubbliche le regole pensionistiche antecedenti alla riforma Fornero nell’ambito delle procedure di mobilità, per smaltire gli esuberi risultanti dai piani di riduzione del personale approvati dalle Pa.
La circolare 4/2014, come già anticipato nella pagine di Pensioni Oggi nei giorni scorsi, segue peraltro un medesimo provvedimento della Funzione Pubblica del 2013 (Circolare della Funzione Pubblica 3/2013) e specifica che le pubbliche amministrazioni, regioni ed enti locali compresi, hanno la possibilità di collocare in pensione i lavoratori in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi validi utili a perfezionare la decorrenza della prestazione pensionistica, secondo le vecchie regole, entro il 31 dicembre 2016. Nel provvedimento si ribadisce, fra l'altro, che il collocamento in "prepensionamento" in deroga alla disciplina vigente non è un diritto soggettivo del lavoratore, bensì di una scelta che opera l'Amministrazione nel contesto dei piani di razionalizzazione degli assetti organizzativi e di riduzione della spesa di personale. Pertanto non può essere invocato unilateralmente dal lavoratore pubblico.
La platea interessata - La norma originaria del 2012 individuava una platea di 24.000 dipendenti teoricamente in esubero, 11 mila nello Stato centrale e 13 mila negli enti territoriali. Di questi circa 8.000 avrebbero già maturato i requisiti per l’uscita entro il 31 dicembre 2011, data limite prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero, preferendo però restare al lavoro. Altri li avrebbero maturati nel 2012 e nel 2013, in modo da poter conseguire la pensione (determinata con le vecchie regole e quindi anche con le “finestre” di un anno) entro il 2014. Poi un successivo decreto legge 102/2013 ha spostato la scadenza finale per l’operazione al 31 dicembre 2016, creando quindi ulteriori spazi.
Di conseguenza si stima che i lavoratori coinvolti possano raggiungere e superare le 20 mila unità; in ogni caso le cifre dipenderanno dalle scelte concrete delle amministrazioni, che poi dovranno verificare con l’Inps le posizioni degli interessati prima di metterli a riposo. Alcune migliaia di posti sono già stati “prenotati” dagli stessi Inps e Inail, nell’ambito dei propri processi di riorganizzazione.
I requisiti per l’uscita sono quelli in vigore fino al 2011, per i quali era poi previsto un successivo e graduale aggiornamento: per quest’anno sono richiesti 65 anni e 3 mesi (con 20 di contributi) per l’uscita di vecchiaia oppure, per l’anzianità, 40 anni di contributi indipendentemente dall’età o ancora la quota 97, con un minimo di 61 anni e 3 mesi di età e di 35 di contributi. Requisiti che vanno raggiunti almeno con 12 mesi di anticipo (15 per i cd. "quarantisti") per rispettare il vincolo della decorrenza della prestazione entro il 31 Dicembre 2016.