Riforme: Renzi determinato. Ok commissione al nuovo Titolo V

Martedì, 08 Luglio 2014

- Roma, 8 lug. - Le polemiche tra i partiti imperversa, ma il lavoro sulle riforme va avanti con la prima Commissione del Senato: passano, intanto, lo stop ai decreti 'omnibus, l'autonomia per le Regioni con i conti in regola, la possibilita' di istituire commissioni di inchiesta anche nel nuovo Senato e, fra le altre misure, un 'bonus' di 30 giorni per la conversione dei decreti rinviati al Parlamento dal Presidente della Repubblica.

Disco verde della commissione Affari costituzionali anche al 'nuovo' Titolo V cosi' come messo a punto dagli emendamenti dei relatori. Un emendamento depositato oggi dai relatori che dovra' passare al vaglio della commissione prevede: "Quando il presidente della Camera esercita le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il presidente del Senato convoca e presiede il Parlamento in seduta comune".

Lo stesso emendamento stabilisce che in caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica il Presidente del Senato indice la elezione. L'emendamento modifica gli articoli 85 e 86 della Costituzione italiana. Intanto Matteo Renzi in Europa come in Italia: riforme contro i 'niet' della burocrazia e dei tecnocrati. Il presidente del Consiglio, oggi a Venezia, ha spiegato che il governo e' determinato a "portare a casa il risultato" delle riforme perche' "vogliamo troppo bene al Paese per lasciarlo a chi dice solo no e disfa i progetti altrui".

Un messaggio che sembra diretto ai Cinque Stelle, ma forse non solo a loro, con i quali peraltro sembra sbloccata l'impasse sull'incontro saltato ieri: e' stato il vicesegretario Lorenzo Guerini, infatti, a spiegare che la lettera dei grillini con le risposte alle dieci domande poste dal Pd, precondizione a qualsiasi ipotesi di incontro, e' finalmente giunta e che il vertice si terra' la prossima settimana. Tuttavia, Guerini ha voluto ribadire che il perimetro della discussione rimane quello fissato nel patto del Nazareno e tradotto nel testo dell'Italicum. Non mancano, poi, i malumori in seno agli stessi Cinque Stelle: alcuni dissidenti fanno trapelare il loro disappunto per il ruolo di 'timoniere' che Luigi Di Maio ha assunto nella traversata dal Movimento barricadero a quello 'istituzionale'.

I 'signor no', tuttavia, non si annidano solo nel Parlamento italiano. Prova ne sia la dura presa di posizione del Ppe a Strasburgo che, con Manfred Weber, si e' detto contrario all'ipotesi di una maggiore flessibilita' nell'applicazione del patto di stabilita', e dei vertici di Bundesbank e Spd: Jens Weidmann, numero uno della BuBa, aveva infatto stigmatizzato l'ipotesi di concedere maggiori margini di flessibilita' nel rispetto del rapporto del tre per cento fra deficit e Pil a quei paesi seriamete impegnati nele riforme. Ma Weidmann, come rilevato oggi anche dal ministro Padoan, non fa parte del governo tedesco con il quale "l'Italia e' in sintonia". A questi 'signor no europei' Renzi fa sapere che "noi le riforme le facciamo perche' l'Italia torni a essere leader".

Il ruolo dell'Europa non e' di essere "un insieme di limitazioni, ma uno spazio di idee, partecipazione e di liberta'. "Piaccia o non piaccia ai frenatori portiamo a casa il risultato sulla riforma costituzionale, sulla legge elettorale, sul lavoro, sulla giustizia", ha detto il presidente del Consiglio. "Vogliamo troppo bene all'Italia per lasciarla in mano a chi dice solo no", ha concluso Renzi.

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