Lo ha ribadito la Corte di Cassazione ritenendo quale presupposto necessario al riconoscimento della prestazione la sussistenza di una situazione debilitante tale da impedire le normali attività della vita quotidiana e non la risposta ad un’emergenza terapeutica. Non può, quindi, essere accolta la richiesta da parte di chi, affetto da una malattia terminale per cui è certa e vicina la sopravvenienza della morte, ha bisogno di assistenza, per esempio, per essere curato in casa.