Bernardo Diaz

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Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Possono beneficiare della Dis-Coll i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti invia esclusiva alla gestione separata presso l'Inps, esclusi gli amministratori e i sindaci delle società. I destinatari, inoltre, non devono avere partita Iva e non devono essere pensionati.

Kamsin Cambiano le indennità per i parasubordinati. L'articolo 15 del decreto sugli ammortizzatori sociali (dlgs 22/2015) ha istituito, infatti, una nuova indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (nome in codice dis-coll), con riferimento agli eventi di disoccupazione involontaria verificatisi nel corso del 2015. La nuova indennità è destinata a sostituire l'attuale indennità una tantum, disciplinata dalla legge Fornero.

In pratica si tratta un passaggio di consegne: gli eventi di disoccupazione intervenuti sino al 31 dicembre 2014 restano soggetti all'indennità una tantum, mentre quelli intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015 vengono coperti con il nuovo ammortizzatore sociale introdotto dal Jobs Act.

Vediamo dunque cosa cambia tra le due prestazioni.

L'attuale tutela: l'indennità una tantum.  Com'è noto, la forma prevista dalla legge 92/2012 si rivolge ai collaboratori coordinati e continuativi, iscritti in via esclusiva alla cosiddetta gestione pensionistica INPS separata. L'indennità è subordinata alle seguenti condizioni: la sussistenza, nel corso dell'anno precedente, del regime di mono-committenza; il possesso di un reddito lordo complessivo (soggetto a imposizione fiscale) non superiore ad un determinato limite (pari a 20.220 euro per le indennità nel 2014.

L'indennità è pari al 7 per cento (5 per cento, a decorrere dal 2016) di una base di calcolo fissa (pari a 15.516 euro nel 2014), moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l'anno precedente e quelle non coperte da contribuzione. Il trattamento è liquidato in un'unica soluzione, se pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero, se superiore, in importi mensili pari a 1.000 euro.

La nuova tutela. Il decreto sugli ammortizzatori sociali introduce una serie di novità rilevanti: da un lato sopprime i requisiti del reddito massimo e della monocomittenza; dall'altro richiede che lo stato di disoccupazione sussista al momento di presentazione della domanda, anziché la sussistenza di un periodo ininterrotto di disoccupazione di almeno due mesi nell'anno precedente. Ma sicuramente la principale differenza della nuova prestazione per i collaboratori coordinati e continuativi rispetto alle precedenti consiste nell'essere una prestazione periodica (mensile) e non più un trattamento una tantum.

Si ricorda, inoltre, che il regime disciplinato dalla legge 92/2012 non pone come condizione che l'evento di disoccupazione sia involontario, come, invece, richiede la nuova normativa. L'erogazione della nuova indennità è altresì subordinata alla permanenza dello stato di disoccupazione.

I Destinatari. Per quanto riguarda il perimetro di tutela dalla nuova indennità sono esclusi i titolari di partita IVA, gli amministratori ed i sindaci, in conformità ad uno specifico criterio della legge delega. Inoltre, la nuova prestazione viene erogata agli aventi diritto nell'anno in cui si verifica l'evento di disoccupazione, mentre le prestazioni precedenti erano riferite ad eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno precedente.

Sono, poi, individuati requisiti contributivi, consistenti in tre mesi di contribuzione nel periodo tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente e la disoccupazione e un mese di contribuzione nell'anno solare della disoccupazione.

Importo dell'assegno. Anche se ai collaboratori coordinati e continuativi non è applicata la stessa prestazione dei lavoratori subordinati (Naspi), molti profili dell'indennità DisColl (per esempio la determinazione di un reddito di riferimento, il calcolo dell'ammontare e della durata dell'indennità). Così quindi l'ammontare dell'indennità è pari al 75% del reddito medio mensile calcolato sull'anno di cessazione dal lavoro e sull'anno solare precedente, fino ad un reddito di riferimento di 1.195 euro per il 2015. In caso di un reddito superiore, l'indennità è incrementata del 25% della differenza tra il reddito medio mensile e i 1.195 euro.

Come per la Naspi, l'importo massimo della prestazione è di 1.300 euro per il 2015 e a partire dal quarto mese si riduce del 3% al mese. A differenza della Naspi, non è previsto per la DisColl l'accreditamento di contributi figurativi (come del resto accade attualmente nel regime vigente), mentre è ugualmente assoggettata a imposizione fiscale, essendo sostitutiva del reddito.

Durata. Anche la durata della Dis-Coll è calcolata secondo il principio di proporzionare le durate dei trattamenti alla storia contributiva dei lavoratori: l'assegno spetta quindi per un numero di mesi pari alla metà delle mensilità di contribuzione relative al periodo di riferimento ovvero tra 1° gennaio dell'anno solare precedente quello dell'evento di cessazione dal lavoro e l'evento stesso.  Ad esempio se il lavoratore perde il lavoro il 30 Giugno 2015 il periodo da prendere a riferimento è quello intercorrente tra il 1° gennaio 2014 e il 30 Giugno 2015. Si pone, in ogni caso, un limite massimo di durata pari a sei mesi.

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L'esame della riforma è iniziato la scorsa estate e l'obiettivo è concluderlo prima della prossima. Uno dei punti cardine è l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti. Da scogliere anche il nodo relativo ai segretari comunali sui quali sono piovute numerose richieste di modifica.

Kamsin Entra nel vivo la partita al Senato sulla riforma della pubblica amministrazione. Questa settimana arriverà il parere della commissione Bilancio agli emendamenti presentati dai gruppi politici e dal Relatore e subito dopo si andrà alla votazione. I punti caldi che saranno oggetto di discussione restano la stretta sulle partecipate in rosso, la sanatoria "salva-sindaci" e soprattutto il nuovo meccanismo semplificato di valutazione dei dipendenti pubblici con una ricaduta sui tempi relativi all'esercizio dell'azione disciplinare.

Sulla vicenda la Riforma punta all'introduzione di "norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi l'esercizio dell'azione disciplinare, che come sanzione piu' grave prevede proprio il licenziamento, in base alle regole esistenti. L'allontanamento dal posto di lavoro sarà così piu' facile.

Il capitolo relativo al pubblico impiego è quello, comunque, piu' a rischio fibrillazione. Oltre al sistema di valutazione il disegno di legge già include tra le sue linee guida la creazione di un polo unico per la medicina fiscale: l'Inps, che oggi svolge questa funzione nel privato, si occuperà in futuro anche dei dipendenti pubblici, attualmente controllati dalle Asl.

Un'altra linea di azione tocca il ruolo dei dirigenti, che dovrebbero essere responsabilizzati nel proprio ruolo di vigilanza sui comportamenti scorretti dei propri dipendenti: i provvedimenti attuativi con i quali verrà riordinata la dirigenza pubblica offrono spazi anche per norme di questo tipo. Infine si sta ragionando su un altro aspetto, un possibile intervento contro gli scioperi bianchi, quei comportamenti che formalmente corretti e legali in realtà sono messi in atto come forma di protesta, con l'obiettivo di paralizzare un certo servizio pubblico (tipicamente attraverso il rispetto meticoloso delle procedure). L'idea, secondo quanto anticipato da alcuni fonti di stampa vicine a Palazzo Chigi, è circoscrivere anche dal punto di vista normativo la nozione di abuso di diritto, analogamente a ciò che è avvenuto in altri campi, ad esempio quello fiscale con l'elusione; il concetto non riguarderebbe solo i servizi pubblici essenziali ma l'intera pubblica amministrazione. 

Restano poi da sciogliere il nodo controverso dei segretari comunali. Il testo presentato dal Governo cancella sostanzialmente questa figura scatenando le proteste degli interessati; il governo non intende fare marcia indietro ma è probabile che si valuti qualche forma di gradualità. Per gestire gli esuberi dei segretari, inoltre, numerosi gruppi parlamentari chiedono la possibilità di ricorrere al pensionamento anticipato sfruttando la normativa ante-fornero.

Tra le novità presentate, l'ultimo ingresso, in ordine cronologico, nel pacchetto di emendamenti del relatore Giorgio Pagliari (Pd), è la delega sulla potatura dei decreti attuativi datati. Rubricato sotto l'articolo 15-bis si prevede che il Governo "fra le disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi, quelle per le quali non sussistono più le condizioni per l'adozione dei provvedimenti medesimi" possa "disporne l'abrogazione espressa e specifica".

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Il Governo ha prorogato per tutto il 2015 la possibiltà di optare per il regime dei minimi al 5%. Chi esercita un'attività autonoma con partita iva può scegliere anche il nuovo regime forfettario introdotto con la legge di stabilità 2015.  

Kamsin Il decreto legge milleproroghe (Dl 192/2014) ha formalmente prorogato per l'anno 2015 il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità (di cui all’articolo 27 del Dl 98/2011 e all'articolo 1, commi 96-115 della legge 244/2007). Questo regime, pertanto, coesisterà, per il solo 2015 (salvo ulteriori proroghe), con il nuovo regime forfetario introdotto con la legge di stabilità 2015.

In pratica dal primo gennaio chi aprirà una posizione fiscale, percependo guadagni inferiori ai 30 mila euro, potrà scegliere se optare per il nuovo regime dei minimi oppure per il vecchio. Quest'ultimo prevede l'aliquota Irpef al 5% per gli under 35 o nei primi cinque anni di attività, sotto 30mila euro di fatturato. Il nuovo regime, invece, è di natura forfettaria con un'unica imposta sostitutiva al 15% e soglie che variano da 15 mila euro per il lavoro della conoscenza a 40 mila euro per il commercio o l'artigianato.

Il vecchio regime fiscale per l'imprenditoria giovanile. Il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità prevede un limite dei ricavi di 30 mila euro ed un’aliquota sostitutiva del 5 per cento; detto regime interessa coloro che intraprendono una nuova attività ovvero coloro che l'hanno iniziata a partire dal 31 dicembre 2007, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi ovvero fino al compimento del trentacinquesimo anno d’età. In particolare sono richiesti i seguenti requisiti:

  • il contribuente non deve aver esercitato attività artistica, professionale ovvero d'impresa (anche in forma associata o familiare) nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività;
  • l'attività da esercitare non deve costituire una mera prosecuzione di altra attività svolta precedentemente sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, salvo il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria per l'esercizio di arti o professioni;
  • nel caso di prosecuzione di un'attività d'impresa precedentemente svolta da altro soggetto, l'ammontare dei ricavi realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio non deve aver superato i 30.000 euro.
  • non hanno avuto lavoratori dipendenti o collaboratori (anche a progetto); non hanno effettuato cessioni all'esportazione e non hanno erogato utili da partecipazione agli associati con apporto di solo lavoro

Per effetto della proroga, dunque, non solo potrà continuare ad utilizzare tale regime il lavoratore autonomo che già ne usufruiva (come peraltro già previsto nella legge di stabilità per il 2015), ma potrà scegliere tale regime anche il lavoratore che inizierà la nuova attività nel corso del 2015.

La scelta tra i due regimi. La prima fattura sarà l'elemento determinante per decidere quale regime applicare. Al momento della dichiarazione di inizio attività in entrambi i casi occorre barrare la casella del regime di vantaggio (inteso come quello dei minimi al 5%), per effetto di quanto indicato dall'agenzia delle Entrate nel comunicato stampa del 31 dicembre scorso. Ma sulla prima fattura emessa bisognerà indicare la diversa norma che permette l'esclusione dall'applicazione dell'Iva: l'articolo 1, comma 100, della legge 244/2007 per i vecchi minimi; l'articolo 1, comma 58 per i nuovi forfettari.

Il problema riguarda, però, soprattutto coloro che a gennaio e febbraio hanno già emesso documenti fiscali e che dovranno essere messi in condizione di poter rettificare la scelta effettuata. In sostanza che cosa può fare chi nel 2015 ha già emesso fatture con l'indicazione di volersi avvalere del forfettario e che intende ora optare per i minimi al 5 per cento. Per costoro si attende un chiarimento ufficiale delle Entrate. E per questi stessi lavoratori bisognerà precisare come revocare l'opzione per l'agevolazione previdenziale, laddove sia stata già esercitata sulla base delle indicazioni della circolare Inps 29/2015.

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Gli enti previdenziali potranno partecipare nel capitale delle imprese in difficoltà. È quanto prevede l'emendamento 7.27 presentato dai Relatori Marco Causi (Pd) e Luigi Taranto (Pd) nel corso dei lavori presso le commissioni finanze e attività produttive della camera al decreto legge cd. sulle banche popolari (Dl 3/2015). Kamsin La misura prevede in pratica che anche agli enti previdenziali, purché in quota minoritaria, potranno partecipare alla creazione di una Società per azioni per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese con sede in Italia il cui capitale sarà interamente sottoscritto da investitori istituzionali e professionali. Lo scopo è la ristrutturazione, il sostegno e riequilibrio della struttura finanziaria e patrimoniale di imprese caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato.

La proposta di consentire agli enti previdenziali pubblici e alle Casse Previdenziali di partecipare alle operazioni di rifinanziamento di imprese in crisi è stata però osteggiata dalle opposizioni. Secondo Sel il principale problema sta nel fatto che il patrimonio e le prestazioni erogate dagli enti previdenziali pubblici possa essere, in questo modo, esposto a rischi. L'osservazione tuttavia è respinta dal Governo e dai Relatori che hanno sottolineato come gli enti previdenziali effettuino costantemente investimenti che in questo caso, peraltro, sono coperti da garanzia dello Stato. La norma infatti stabilisce che il governo promuova la sottoscrizione del capitale sociale da parte di investitori istituzionali e professionali; sottoscrizione a sua volta agevolata dal fatto che gli investitori potranno avvalersi della garanzia dello stato.

L'approvazione dell'emendamento ha fatto sì che la Società che si andrà a costituire non vada ad operare più solo per il rilancio di imprese industriali, come originariamente previsto, ma su tutti i fronti. Obiettivo della creazione dell'organismo, quello di contribuire a una nuova partenza delle attività, con sede in Italia che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato, «ma necessitino di ridefinizione della struttura finanziaria o di adeguata patrimonializzazione o comunque di interventi di ristrutturazione».

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Secondo quanto stabilito dal decreto Milleproroghe i contribuenti interessati potranno richiedere fino a un massimo di 72 rate (6 anni) presentando la domanda entro il prossimo 31 luglio.

Kamsin Nuova opportunità per chi ha perso il beneficio della rateizzazione alla data del 31 dicembre 2014. Secondo il Milleproroghe - ricorda Equitalia - i contribuenti interessati potranno richiedere fino a un massimo di 72 rate presentando la domanda entro il 31 luglio (i moduli sono già disponibili nella sezione Modulistica-Rateazione del sito www.gruppoequitalia.it). Ci sono però alcuni limiti rispetto ad una nuova dilazione: massimo sei anni (mentre in casi di provata difficoltà si può arrivare addirittura a dieci anni) senza possibilità di proroga e con la prospettiva di poter saltare solo due scadenze e non otto, con il rischio di perdere il beneficio della dilazione.

Di fatto, si tratta di una riproposizione di una chance che era stata consentita la scorsa estate per chi era decaduto entro il 22 giugno 2013. In quell'occasione la finestra per presentare la domanda era stata piuttosto ridotta (meno di 40 giorni) e di cui avevano approfittato oltre 28mila contribuenti per un importo di circa 1,3 miliardi di euro. Rispetto all'ultima volta ci sarà una difficoltà in più per i creditori della Pa per somme superiori a 10mila euro: la dilazione non potrà riguardare le somme già segnalate a Equitalia per il mancato pagamento di una o più cartelle esattoriali. In ogni caso, la riammissione garantisce una protezione da pignoramenti, espropriazioni ma anche da ipoteche e ganasce fiscali.

Intanto nei primi due mesi dell'anno Equitalia annuncia di aver riscosso circa 1,2 miliardi, in linea con l'anno precedente. «La riapertura delle rateizzazioni rappresenta un'importante occasione per le imprese e per i cittadini più colpiti dalla crisi economica  dice l'amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo. "Grazie a questo provvedimento i contribuenti possono usufruire di nuove condizioni favorevoli per regolarizzare i pagamenti e allo stesso tempo viene agevolato il recupero degli importi dovuti allo Stato e ai vari enti pubblici creditori». Oggi circa la metà delle riscossioni di Equitalia avviene tramite il pagamento dilazionato. Nei primi due mesi del 2015 sono pervenute in media circa 20 mila nuove richieste alla settimana, portando l'ammontare complessivo di rateazioni a 2 milioni 650 mila per un importo di circa 28,5 miliardi di euro (sul sito sono disponibili i dati per provincia).

Per quanto riguarda i volumi riscossi, i 7,4 miliardi di euro recuperati nel 2014 rappresentano un'inversione di tendenza rispetto a quanto registrato negli ultimi anni, con un incremento del 4% rispetto al 2013. In particolare è aumentato il recupero delle risorse per lo Stato: Erario +4%, Inps +15% e Inail +17,5%. Nei primi due mesi del 2015 Equitalia ha riscosso circa 1,2 miliardi di euro, un importo in linea con il corrispondente periodo dell'anno precedente che peraltro aveva beneficiato di quasi 300 milioni di incasso derivanti dalla definizione agevolata dei ruoli. Le attività di Equitalia si concentrano sulle fasce di inadempienza più elevate: nel 2014 più del 63% è stato recuperato da debitori di importi superiori a 50 mila euro.

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