Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

I Dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata potranno essere collocati in pensione forzosamente. Consentito il trattenimento in servizio sino a 70 anni solo se non sono stati raggiunti i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia.

Kamsin Tante conferme nella Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 con la quale Palazzo Vidoni precisa le modalità di pensionamento obbligatorio per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

L'abolizione dei trattenimenti in servizio. In primo luogo la circolare conferma che il trattenimento in servizio è stato abolito dal 1° novembre 2014 come ha diposto il decreto legge n. 90/2014 (convertito in legge 114/2014). L'istituto, com'è noto consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare per un biennio dopo il raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia. L'abolizione travolge anche i trattenimenti già disposti prima del 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del Dl 90/2014):  «Essendo già scaduto» il termine del 31 ottobre 2014, «i trattenimenti non possono proseguire», si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. «A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 si intendono revocati ex lege».

Resta solo una deroga per i magistrati. "La data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Quanto al personale della scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato».

Il trattenimento sino a 70 anni
La circolare, concordata nei contenuti con il ministero del Lavoro, analizza anche le ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro che riguardano in particolare il caso in cui il dipendente non abbia maturato alcun diritto alla pensione al termine dell’eta limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Cio' si verifica quando il dipendente non ha perfezionato il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia, cioè i 20 anni di contribuzione. In tali casi, il rapporto di lavoro prosegue "per permettere al dipendente di maturare i requisiti minimi previsti per l’accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita)". Tuttavia, laddove la prosecuzione del lavoro non consentirebbe comunque di raggiungere il minimo contributivo "l'amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro".

I regimi speciali
Un paragrafo è poi dedicato al regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario, per i quali continua a valere la normativa previgente che individua il limite massimo per il collocamento a riposo al compiemento del 65mo anno di età «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con limite massimo di permanenza al settantesimo anno di età». In tali casi l'amministrazione potrà accordare tale prosecuzione a patto che la permanenza in servizio non dia luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. In questo caso, la prosecuzione del rapporto non costituisce un trattenimento in servizio, ma l'applicazione di una specifica disciplina del limite ordinamentale per il collocamento a riposo.

La Risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro
La Circolare conferma poi la disciplina introdotta dal Dl Madia, la ridefinizione dell'istituto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. In materia, la circolare specifica come il Dl 90/2014 esclude un limite temporale di applicabilità, in maniera che l'istituto è utilizzabile a regime da tutte le Pa. Ampliata anche la platea delle amministrazioni interessate, con inclusione della Autorità indipendenti. Rimangono invece fuori dall'ambito di applicazione le categorie di personale regolate da regimi di accesso al pensionamento speciali, come il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico e la magistratura. In termini di procedura, la riformulazione della normativa «rende esplicita la necessità che la decisione sia motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati». Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova normativa stabilisce in sei mesi.

Al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) le Pa potranno dunque, con decisione motivata, procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro a condizione che gli interessati non siano soggetti alla penalizzazione.

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Per il contratto a tempo determinato resterà l'attuale limite massimo di durata di 36 mesi. L'associazione in partecipazione sarà superata, così come il lavoro ripartito (job sharing), mentre il tetto d'importo per i voucher sarà alzato. 

Kamsin Iniziano a delinearsi in modo più netto i contorni del decreto sul riordino delle tipologie contrattuali che il governo ha messo a punto in attuazione della delega sul Jobs act e che sarà varato  dal Consiglio dei ministri nella giornata di domani.

Per il contratto a tempo determinato resterà l'attuale limite massimo di durata di 36 mesi, contrariamente a quanto si era ipotizzato. Dovrebbe andare in soffitta l'associazione in partecipazione così come il lavoro ripartito (job sharing), mentre si potranno continuare ad usare il contratto di somministrazione e il lavoro a chiamata. Il Governo conferma poi l'addio alle collaborazioni a progetto: non si potranno fare nuovi contratti Co.co,pro, e nel periodo transitorio gli attuali Cocopro verranno portati a scadenza. Per quanto riguarda i voucher sarà rivisto al rialzo il tetto d'importo e con utilizzo della tecnologia il lavoro accessorio sarà tracciabile. Sull'apprendistato, infine, si punta a semplificare il primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e il terzo livello (alta formazione) per spingere sull'alternanza scuola-lavoro.

L'altra novità riguarda le mansioni: in presenza di una ristrutturazione o riorganizzazione aziendale l'impresa potrà modificare le mansioni del lavoratore fino ad un livello, senza toccare il trattamento economico.

Oltre al decreto sul riordino dei contratti, il consiglio dei ministri di venerdì, varerà anche l’altro decreto attuativo del Jobs act che istituisce l’Agenzia unica delle ispezioni con l’accorpamento delle funzioni di controllo attualmente svolte da ministero del Lavoro, Inps e Inail. Sembra, invece, in forse il Dlgs sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (restano da sciogliere ancora alcuni nodi sulle coperture).

Il Cdm dovrà darà pure il via libera definitivo ai due Dlgs sul contratto atutele crescenti e sulla nuova Aspi, provvedimenti sui quali in settimana è arrivato l'ok delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato.  

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I freelance e le partite Iva ottengono la proroga nel 2015 del vecchio regime dei minimi e delle aliquote contributive nella gestione separata.  Ma nel 2016 il tentativo di estorcergli risorse con le leve del fisco e della previdenza ricomincerà come e più di prima.

Kamsin Dopo quattro mesi di battaglia contro il governo Renzi, condotta con appelli e campagne su twitter a suon di hashtag, le associazioni dei lavoratori indipendenti Acta, Alta Partecipazione e Confassociazioni hanno ottenuto un primo successo politico. Oltre ad una rateazione per le cartelle Equitalia e a una discussa «miniproroga» sugli sfratti, le commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera hanno recepito l'emendamento che rimedia all'incredibile pasticcio sulla riforma del regime dei minimi per le partite Iva sotto i 35 anni.

Dal primo gennaio chi aprirà una posizione fiscale, percependo guadagni inferiori ai 30 mila euro, potrà scegliere se optare per il nuovo regime dei minimi oppure per il vecchio. Quest'ultimo prevede l'aliquota Irpef al 5% per gli under 35 o nei primi cinque anni di attività, sotto 30mila euro di fatturato. Il nuovo regime, invece, è di natura forfettaria con un'unica imposta sostitutiva al 15% e soglie che variano da 15 mila euro per il lavoro della conoscenza a 40 mila euro per il commercio o l'artigianato.

I Requisiti per l'ingresso nel vecchio regime dei minimi. I soggetti in possesso dei requisiti potranno, dunque, avvalersi per l'anno 2015 dei previgenti regimi agevolati per i contribuenti «minimi». Si tratta dei seguenti regimi agevolati del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, che prevede un limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 5 per cento; tale regime interessa coloro che intraprendono una nuova attività ovvero che l'abbiano iniziata a partire dal 31 dicembre 2007, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi ovvero fino al compimento del trentacinquesimo anno d'età (articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011).

In particolare sono richiesti i seguenti requisiti: il contribuente non deve aver esercitato attività artistica, professionale ovvero d'impresa (anche in forma associata o familiare) nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività; l'attività da esercitare non deve costituire una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, salvo il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria per l'esercizio di arti o professioni; nel caso di prosecuzione di un'attività d'impresa precedentemente svolta da altro soggetto, l'ammontare dei ricavi realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio non deve aver superato i 30.000 euro.

Per la relativa copertura finanziaria si prevede che agli oneri derivanti (pari a 9,6 milioni di euro per il 2015, 71,4 milioni per il 2016, 46,7 milioni per gli anni 2017, 2018 e 2019, 37,1 milioni per il 2020) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Sono altresì previste maggiori entrate (24,7 milioni per l'anno 2012) che affluiscono al medesimo Fondo.

I due regimi dei minimi in pratica coesisteranno durante il 2015. Si tratta di una soluzione di fortuna trovata dal governo (su impulso di Scelta Civica) per rimediare a quello che Renzi ha definito il suo «clamoroso autogol». Però senza un intervento razionale, nel 2016 il caos ritornerà.

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Nel milleproroghe arriva anche la proroga del blocco degli sfratti per quattro mesi per i casi di finita locazione. Sarà concessa dal giudice per consentire il passaggio "da casa a casa" degli inquilini.

Kamsin Tra le novità che approvate che saranno a breve licenziate dalla Camera con il decreto legge milleproroghe c'è da segnalare una piccola proroga degli sfratti. La questione, com'è noto, non era contenuta nel decreto originario in quanto il Governo è intervenuto con diversi provvedimenti, fra cui quello che stanzia risorse per il Fondo nazionale locazioni.

Nell'interlocuzione con il Governo i gruppi parlamentari hanno tuttavia approvato una soluzione che consente al giudice, nelle more del riparto delle risorse relative al 2015 del Fondo nazionale locazioni e della loro effettiva attribuzione alle regioni e comunque fino al centoventesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge milleproroghe – cioè sino a fine giugno – di disporre, su richiesta delle parti interessate, al fine di consentire il passaggio da casa a casa, la sospensione dell'esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 150 del 2013. Lo stop degli sfratti riguarderà, dunque, solo le categorie specifiche per finita locazione e per i soggetti disagiati, circa  duemila famiglie, l'8 per cento del totale degli sfratti dello scorso anno.

La mini-proroga conferma tuttavia come sia stata interrotta una sorta di liturgia che si ripeteva di anno in anno. Proprio in relazione all'assenza dell'ennesima proroga il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fatto sapere che, tra l'altro, la misura è saltata semplicemente perché, sul fronte affitti, sono già operativi due fondi previsti nel decreto casa: 200 milioni di Fondo per gli affitti e 266 milioni per quello per la morosità incolpevole con uno stanziamento di 466 milioni, fondi che arrivano poi a 849 milioni se si considerano le risorse destinate all'edilizia popolare.

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Il Minimale Inps per il 2015 è pari a 10.450 euro lordi annui per un totale di 870 euro al mese. Solo se non si scende sotto tale livello ci sarà la copertura contributiva delle 52 settimane.

Kamsin Attenzione al salario minimo. Per i lavoratori dipendenti del settore privato che guadagnano meno di 900 euro lordi al mese la pensione può allontanarsi. Questo perché il salario, per coprire tutti i mesi di contribuzione ai fini della pensione, deve rispettare un importo minimo settimanale. La misura è per legge pari almeno al 40% della pensione minima Inps e quindi nel 2015 è di 200,96 euro a settimana, 870,16 euro al mese e nell'anno 10.449,92 euro. In pratica per un lavoratore dipendente del settore privato devono essere versati all'Inps contributi per almeno 66,30 euro alla settimana, 287,08 al mese e 3.444,95 euro nell'anno.

Se si rispettano queste cifre minime si ha diritto ad essere assicurati per tutte e 52 le settimane. Ma se si guadagna di meno, e perciò si paga di meno, gli uffici riducono il periodo utile a pensione esattamente in misura proporzionale al versato. Ecco un esempio per renderci conto del sistema. Supponiamo che un lavoratore part-time versi i contributi su una retribuzione lorda annua di 5.800 euro. Poiché la legge vuole che i contributi siano versati almeno su 201 euro settimanali gli uffici dividono il salario realmente guadagnato per la cifra settimanale.

Ecco quindi che il salario dell'interessato sarà sufficiente a garantire copertura solo 29 volte il reddito minimo settimanale di 201 euro. Perciò gli uffici riconoscono in pensione poco piu' di 6 mesi di anzianità. Con il risultato che la persona ha lavorato 12 mesi, ha versato i contributi per 12 mesi, ma ne perde 6 ai fini della pensione. E questa riduzione può far perdere il diritto alla pensione oppure costringere l'interessato a prolungare il lavoro per raggiungere il minimo.

Nessun problema, invece, qualora il nostro lavoratore part-time nel corso del 2015 ha lavorato per 12 mesi a 1050 euro al mese; in tal caso avrà diritto all'accredito di tutte le 52 settimane ai fini dell'accesso alla pensione anticipata o alla pensione di vecchiaia.

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