Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Renzi promette che gli 80 euro di bonus sono solo un antipasto. Presto misure in favore degli incapienti e dei pensionati con pensioni al di sotto dei mille euro.

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Nel testo definitivo del decreto legge taglia Irpef uscito dal consiglio del ministri della scorsa settimana, il credito d'imposta da 640 euro netti per otto mesi sarà erogato ai lavoratori dipendenti con eccezione dei lavoratori incapienti e abbia un reddito fino a 24 mila euro. Da 24 mila e fino a 26 mila euro, invece, ii bonus scenderà arrivando rapidamente a zero. Renzi, insomma, ha voluto un'operazione chiara, che non prestasse fianchi deboli a critiche come è avvenuto in passato per il bonus Letta, quello basato sul sistema delle detrazioni e che, alla fine, si era risolto in pochi spiccioli in busta paga.

Il bonus dunque dal prossimo mese di Maggio sarà di 80 euro netti per tutti i 10,4 milioni di contribuenti che hanno un reddito compreso tra 8 mila e 24 mila euro. Nel bozza del decreto legge si prevede anche che in caso di mancanza di capienza del sostituto d'imposta per versare il bonus, questo potra essere recuperato sui contributi Inps.

Con questa nuova misura si può iniziare anche a fare qualche calcolo di quanto i lavoratori si troveranno ad avere in più nelle buste paga grazie al doppio bonus, quello di Renzi e quello del governo Letta. Se il primo è fisso, il secondo, essendo basato sul sistema delle detrazioni, ha una curva che raggiunge il suo massimo intorno ai 15 mila euro di reddito. Chi si trova in questa fascia di reddito ha già ottenuto un bonus di 19 euro mensili con Letta. Ora con gli 80 euro che arriveranno dalla misura approvata da Renzi la somma raggiunge i 100 euro.

Renzi dovrà ora sciogliere il nodo degli incapienti, cioè coloro che guadagnano meno di 8 mila euro annui che sono stati esclusi dai benefici. Per loro il premier ha promesso un nuovo intervento in un secondo momento. Intervento che dovrebbe arrivare anche per i pensionati che hanno una pensione inferiore a mille euro al mese. Ma il grande punto interrogativo è se il governo riuscirà a rendere "strutturale", il bonus di 80 euro. Per ora la copertura basta solo per il 2014 e il suo rifinanziamento richiede 10 miliardi per il 2015. Ci penserà la prossima legge di stabilità che dovrà individuare le risorse. 

Irap, il governo conferma il taglio

Domenica, 20 Aprile 2014
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi nella conferenza stampa di presentazione del decreto sul cuneo fiscale ha confermato l'intervento sull'Irap che porterà in dote un risparmio del 10,2% alle aziende private e ai professionisti.

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E' stato confermato l'intervento che prevede un taglio dell'aliquota Irap ordinaria dello 0,4% (dal 3,9 al 3,5). Un intervento che porterà un risparmio del 10,2% ad aziende private e professionisti sul costo del lavoro: dal 3,9 si passerà al 3,5 per cento.

Per le banche e le imprese finanziarie si passerà dall'attuale livello dell'imposta del 4,65% al 4,20%, con uno sconto del 9,7%. Per le assicurazioni, invece, si passerà dal 5,90% del 2013 al 5,30 % con un risparmio del 10,1%. Le imprese agricole, oggi destinatarie dell'aliquota più bassa, avranno un'aliquota dell'1,70 %;alle imprese concessionarie diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e trafori, a cui si applica l'aliquota del 4,20%, sarà riconosciuto un'aliquota al 3,80%.

La rimodulazione delle aliquote avrà effetti per i versamenti del 2014 anche se per il calcolo degli acconti previsionali in scadenza a giugno e a novembre del 2014, imprese e professionisti dovranno applicare l'aliquota del 3,70%, rinviando l'ulteriore beneficio al saldo di giugno 2015. Le banche calcoleranno gli acconti previsionali 2014 con l'aliquota Irap transitoria del 4,40%, le assicurazioni con il 5,60% e le imprese agricole all'1,80% e le imprese concessionarie al 4 per cento.

Il taglio dell'imposta è lineare e quindi favorirà anche le imprese che non impiegano dipendenti.

Con la dichiarazione di incostituzionalità del Dlgs 23/2011 tornano ad essere validi i contratti in origine stipulati tra conduttore e locatore e non registrati.

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Con il decreto legislativo 23 del 2011 era stata introdotta una disciplina che puniva il locatore che non avesse registrato il contratto di locazione: la norma prevedeva che il conduttore, decorsi inutilmente trenta giorni successivi alla stipula di un contratto di locazione, poteva denunciare l'omessa registrazione conseguendo il vantaggio di ottenere per una durata quadriennale il pagamento di un canone annuo quantificato in misura pari a tre volte la rendita catastale, oltre all' adeguamento ISTAT.

Con la sentenza della Corte Costituzionale 50/2014 che ha abrogato le norme del decreto legislativo 23/2011 viene pertanto meno la possibilità per i conduttori di punire i locatori che non abbiano provveduto a registrare in tutto o in parte il contratto di locazione. La decisione tuttavia crea situazioni molto intricate che dovranno essere al più presto regolate attraverso un nuovo intervento legislativo.

I rischi fatti per il conduttore sono molteplici. Prima di tutto c'è il fatto che la decisione della Corte Costituzionale retroagisce al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011; ciò comporta che il conduttore potrà vedersi costretto a pagare tutte le somme che prima aveva risparmiato rispetto a quanto era stato contrattualmente pattuito con il locatore.

Secondo Bruno Carli del CAF ACLI la posizione dell inquilino diviene infatti particolarmente precaria e rimessa alla volontà del locatore. Se infatti tra le parti c'è un contratto scritto non registrato l'inquilino potrà essere chiamato a pagare la differenza tra quanto pagato con la norma del decreto legislativo 23/2011 e quanto era originariamente dovuto al locatore. Altrimenti l'interessato rischia una intimazione di sfratto per morosità o la risoluzione del contratto. 

Ancora più complicato invece il procedimento laddove sia stata avviata un'azione in giudizio da parte del proprietario.

Ma in molti casi potrebbe già essere in corso una causa tra le parti. Il proprietario infatti, a fronte dell'autoriduzione del canone da parte del conduttore potrebbe aver chiesto il rilascio dell'immobile in via giudiziale, salvo poi vedersi arrestata la propria azione in quanto la riduzione del canone effettuata dall'inquilino era apparsa legittima alla luce proprio della norma cassata dalla Consulta. Ora invece con la pronuncia della Corte Costituzionale il proprietario può ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento a parte la possibilità di concedere un termine all'inquilino per sanare la sopravvenuta morosità delle somme non riscosse.

Le imprese che smaltiscono in proprio una parte dei loro rifiuti dovranno pagare la Tari. I Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. 

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La partita sull'introduzione della Tari, il nuovo tributo sui rifiuti, vede il ritorno del tributo senza esenzioni sulle imprese. Come si ricorderà negli ultimi mesi la discussione è stata tutta incentrata sulla possibilità di esenzione dal tributo per le imprese e agli operatori commerciali che smaltiscono una parte dei loro rifiuti, quelli speciali assimilati agli urbani, senza fruire dei servizi locali di igiene urbana. 

Nella legge 147/2013 veniva prevista contemporaneamente l'esenzione e la possibilità di sconti da parte dei Comuni, una regola contraddittoria che il governo, nel decreto Salva Roma ter, il dl 16/2014, aveva risolto nel senso di esentare dal pagamento del tributo le imprese che smaltivano in proprio i rifiuti speciali assimilati.

Ora invece con gli emendamenti approvati alla legge di conversione del decreto Salva Roma ter questi rifiuti tornano nuovamente soggetti alla Tari. Con la precisazione tuttavia che i Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. Nel regolamento i Comuni potranno individuare anche le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini anche se caratterizzati dal divieto di assimilazione.

Gli emendamenti approvati dalla Camera garantiscono inoltre maggiore flessibilità ai Comuni nella determinazione dei parametri con cui calcolare la Tari per le diverse tipologie di contribuente. Per la quota fissa delle utenze domestiche si potranno evitare i parametri standard, mentre in generale sarà possibile discostarsi anche del 50% dai parametri del metodo normalizzato.

Agevolazioni sociali - Oltre a sconti tipizzati in base agli occupanti degli immobili (come ad esempio quelle abitate da una sola persona, oppure quelle a utilizzo stagionale) i Comuni possono introdurre agevolazioni ulteriori, con finalità sociale. Questi sconti ulteriori potevano essere finanziati con risorse di bilancio per una quota non superiore al 7% del costo totale del servizio. Nella versione approvata dalle commissioni di Montecitorio questo vincolo è stato però cancellato.

Base imponibile - La base imponibile della Tari, come accadeva per le vecchie tasse rifiuti, rimane quella dichiarata dal contribuente. L'applicazione del tributo sulla superficie catastale sarà avviata solo a partire dall'anno successivo a quello in cui sarà avviato davvero l'interscambio di informazioni fra l'agenzia delle Entrate (che ha incorporato l'agenzia del Territorio) e i Comuni.

A marzo il coefficiente per rivalutare le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2013 è pari a 0,445028.  L'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con esclusione del prezzo dei tabacchi lavorati, è al valore di 107,2.

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L'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che alla fine di ogni anno la quota di Tfr accantonata va rivalutata attraverso il coefficiente di rivalutazione del Tfr. Per farlo si parte dall'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati diffuso ogni mese dall'Istat, quello "senza tabacchi lavorati". In particolare, si calcola la differenza in percentuale tra il mese di dicembre dell'anno precedente, e il mese in cui si effettua la rivalutazione. Poi si calcola il 75% della differenza a cui si aggiunge, mensilmente, un tasso fisso di 0,125 (che su base annua è di 1,500). La somma tra il 75% e il tasso fisso è il coefficiente di rivalutazione per il calcolo del Tfr.

L'indice Istat per marzo è 107,2. A partire dai dati di gennaio 2011 la base di riferimento dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati è il 2010.La differenza in percentuale rispetto a dicembre 2013, su cui si calcola il 75%, è 0,093371. Pertanto il 75% è 0,070028. A marzo il tasso fisso è pari a 0,375. Sommando quindi il 75% (0,070028) e il tasso fisso (0,375), si ottiene il coefficiente di rivalutazione 0,445028.

In caso di corresponsione di una anticipazione del Tfr, il tasso di rivalutazione si applica sull'intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l'erogazione viene effettuata.

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