Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Dopo il parere contrario della Presidenza della Repubblica rimane il doppio tetto di spesa per il bonus mobili.

Con la pubblicazione del decreto casa 2014 (dl 47/2014) avvenuta venerdì scorso in Gazzetta Ufficiale non è stato eliminato l'obbligo secondo il quale le spese per l'arredamento non possono superare l'importo che il contribuente ha sostenuto per i lavori di recupero edilizio.

Niente da fare dunque per l'eliminazione del doppio tetto di spesa introdotto con la scorsa legge di stabilità (legge 147/2013). I contribuenti dovranno pertanto rispettare 2 limiti per fruire del beneficio: rispettare il tetto massimo di spesa di 10 mila euro e non superare in ogni caso le spese sostenute per il recupero edilizio. 

Ad esempio chi spende 4.000 euro per ristrutturare il proprio appartamento potrà applicare la detrazione del 50 per cento su una spesa massima di 4.000 euro in mobili ed elettrodomestici. Qualora invece si spendano 40.000 euro per i lavori di ristrutturazione edilizia il tetto massimo resta fisso a 10 mila euro. 

Il doppio tetto per fruire del bonus mobili è stato introdotto dall'ultima legge di stabilità che è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio 2014. Subito dopo il governo Letta è tornato sui suoi passi tentando di ripristinare la norma contenuta nel dl 63/2013 (che consentiva la fruizione del beneficio indipendentemente dall'importo delle spese di lavori di ristrutturazione edilizia con il solo limite di 10mila euro) con il decreto salva Roma bis.

Il problema è che questo decreto è stato fatto decadere con la conseguenza che il il doppio tetto è stato riportato in vita. 

Secondo Paolo Del Vecchio, consigliere dell'Ordine nazionale degli architetti, diventerà importante per i contribuenti comprendere la data in cui sono state effettuate le spese per i beni per l'acquisto degli arredamenti. "Infatti le spese che sono state effettuate fino al 31 dicembre 2013 non sono soggette al doppio tetto in quanto il vincolo introdotto dalla legge di stabilità 2013 ha efficacia a decorrere dal 1º gennaio 2014".

Ciò significa, secondo Del Vecchio che le "spese effettuate entro la fine dell'anno scorso devono esclusivamente rispettare il tetto dei 10mila euro come individuati nel dl 63/2013. 

Per capire quale disciplina applicare bisogna fare riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale di pagamento. Se invece gli acquisti siano stati effettuati con moneta elettronica, la data di pagamento è il giorno di utilizzo della carta di credito o di debito da parte del titolare indicata nella ricevuta telematica di avvenuta transizione. 

Le spese intervenute successivamente al 2013 devono invece rispettare il doppio tetto individuato dalla legge di stabilità 2014; cioè non possono superare le spese per interventi di recupero edilizio sostenute dal contribuente".

Il modello Ire non va compilato se il pagamento avviene per intero quest'anno.

Scade oggi il termine per l'invio telematico della comunicazione all'Agenzia delle entrate e delle spese sostenute dai contribuenti nell'anno 2013 riguardanti lavori di risparmio energetico degli edifici. Si tratta del modello Ire cioè del modello di comunicazione degli "Interventi di Riqualificazione Energetica".

Soggetti all'obbligo della comunicazione sono i contribuenti che contemporaneamente proseguono quest'anno o negli anni successivi i lavori iniziati e non finiti negli anni precedenti e hanno sostenuto spese agevolate nell'anno precedente a quello dell'invio della comunicazione. Pertanto qualora i lavori siano stati effettuati prima del 31 dicembre dello scorso anno e i pagamenti vengano effettuati solo quest'anno la comunicazione non deve essere inviata. Invece se c'è stato un acconto o il saldo lo scorso anno il modello dovrà essere spedito indicando i pagamenti effettuati.

Esenti dall'obbligo dunque quei contribuenti che hanno iniziato i lavori di risparmio energetico quest'anno con pagamento dell' acconto il precedente anno; coloro che hanno terminato i lavori lo scorso anno con pagamento  dell'acconto e del saldo nel 2014; sollevati dalla comunicazione infine anche i contribuenti che hanno iniziato e terminato i lavori nel 2013 ed hanno pagato tutte le somme nel 2014.

Il mancato invio del modello Ire comporterà l'applicazione di una sanzione da 258 a 2.065 euro, ma non ha come conseguenza anche la decadenza delle detrazioni Irpef e Ires previste dalla legge. L'invio di questa comunicazione alle entrate non sostituisce inoltre quella che deve essere trasmessa all'Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

I guadagni delle famiglie italiane sono calati di oltre il 6 per cento in 4 anni.

I dati diffusi dal Dipartimento delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2012 evidenziano come la crisi sta continuando ad erodere gli stipendi e il potere d'acquisto delle famiglie italiane. In tutto il paese le dichiarazioni sono infatti accompagnate da un segno negativo; la flessione è particolarmente pesante in Sardegna in cui reddito medio si attesta a 16.840 euro in media, con un calo di oltre il 7% rispetto al 2008. Ma è tutto il sud a soffrire in modo pesante la crisi.

La Lombardia resta la regione italiana più forte per reddito medio lordo che si attesta a 23.320 euro anche se la crisi ha intaccato i gli importi dichiarati di oltre 7% negli ultimi 4 anni.

La media italiana si attesta sui 19.750 euro di reddito dichiarato, ed ha registrato un calo del 6,1% sul 2008 e dell'1,7% sul 2011. Il Ministero dell'Economia e Finanze evidenzia anche che il 5% più ricco dei contribuenti dichiara il 22,7% del totale dei redditi italiani.

A pagare maggiormente la crisi sono stati i lavoratori dipendenti. Negli ultimi anni infatti il numero di di lavoratori dipendenti indicati nelle dichiarazioni sono calati di 160 mila unità rispetto all'anno prima. Considerando che coloro che sono andati in pensione sono stati solamente 66 mila unità, resta un saldo di oltre 100 mila contribuenti che si sono persi per strada. Si tratta purtroppo di persone che hanno perso il lavoro o provato ad intraprendere un'attività di lavoro autonomo. 

E comunque anche per gli autonomi e per le imprese le cose non vanno molto meglio. I redditi da lavoro autonomo nel 2012 sono scesi in media del 15% sull'anno precedente; le imprese che utilizzano la contabilità ordinaria hanno registrato un calo di circa il 15%, va un pò meglio solo per le imprese che sono in contabilità semplificata che vedono un calo di circa il 9% sull'anno precedente.

Unico segno positivo, in questo periodo di crisi,  è stata la cedolare secca sugli affitti. La tassa piatta nel 2012 è stata scelta da oltre 760 mila contribuenti che hanno dichiarato oltre un miliardo di euro di base imponibile. Un aumento di oltre il 12% rispetto all'anno precedente.

L'aliquota ridotta decisa dal governo si applica ai canoni percepiti negli anni 2014 2017 automaticamente

Nel decreto casa 2014 è stato confermato il taglio dal 15 al 10 per cento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato. Cerchiamo dunque di approfondire quali sono i soggetti che potranno effettivamente godere di questo beneficio e quali adempimenti dovranno effettuare.

Innanzitutto va precisato che lo sconto fiscale sarà automatico per tutti proprietari di casa che hanno già applicato la cedolare secca sugli affitti convenzionati. In tal caso la riduzione del prelievo si applicherà su tutti i canali percepiti dal 2014 al 2017 senza che il propetario di casa debba effettuare nuovi adempimenti amministrativi. 

Coloro invece che hanno già stipulato un contratto a canone concordato senza però avere optato per la cedolare secca dovranno verificare di non avere detrazioni fiscali che limiterebbero i benefici della tassa piatta e quindi optare per la cedolare entro il termine per il pagamento annuale dell'imposta di registro utilizzando il modello 69 oppure il nuovo modello Rli. In questo caso il proprietario dovrà ricordarsi di inviare all'inquilino prima della di impedimento una raccomandata contenente l'avviso di applicazione della cedolare secca e della rinuncia dell'aggiornamento del canone. 

E' chiaro invece che qualora il proprietario abbia in corso un contratto a canone libero è improbabile che la riduzione della cedolare secca dal 10 al 15 per cento possa rendere conveniente un passaggio al canone concordato.

I proprietari che vogliono invece stipulare ex novo un contratto d'affitto in cedolare dovranno verificare prima di tutto che l'appartamento in oggetto sia individuato in uno dei comuni ad alta tensione abitativa individuato nell'elenco ufficiale stilato dal Cipe disponibile presso il sito internet di Confedilizia; quindi dovranno siglare con il conduttore un contratto a canone concordato ai sensi dell'articolo 2 comma 3 della legge 431/1998.

La durata di tale contratto sarà di 3 anni prorogabili di altri 2, il canone mensile sarà compreso in quella forchetta di prezzo individuata negli accordi firmati a livello territoriale tra le sigle della proprietà edilizia e i sindacati degli inquilini. Con il regime convenzionato, lo si ricorda, il proprietario dovrà verificare i rendimenti anche alla luce degli importi da corrispondere al comune in materia di Imu e tasi per comprendere quale sarà il vantaggio conseguibile con il regime convenzionato e con la cedolare.
Quanto al regime fiscale il nuovo contratto potrà immediatamente godere della tassa piatta utilizzando per la registrazione il modello Siria telematico oppure in alternativa il modello 69 cartaceo o il nuovo Rli.

L'aumento delle tasse azioni sulle rendite finanziarie servirà sostenere taglio dell'Irap del 10 per cento alle imprese. Spunta però l'ipotesi di uno slittamento a luglio.

Matteo Renzi ha annunciato che la tassazione sulle rendite finanziarie passerà dal 20 al 26 % sui redditi di capitale e sui redditi diversi. La misura garantirà risorse che finanzieranno la riduzione dell'Irap del 10 per cento delle aziende private. Secondo il premier l'aumento di 6 punti percentuale delle aliquote sul capital gain, su interessi e dividendi garantirà un maggior gettito di circa 2,6 miliardi; cifra che verrà utilizzata per ridurre di circa 2,4 miliardi il peso dell'Irap sulle aziende private considerando anche un margine di sicurezza di 200 milioni di euro per contenere un eventuale calo del gettito.

Nel presentare la manovra fiscale sulle rendite finanziarie il premier Matteo Renzi ha anche sottolineato come l'aumento dal 20 al 26 per cento della tassazione ponga l'Italia in linea con gli altri paesi europei. In effetti con l'aumento delle aliquote l'Italia sarà allineata alla media degli altri paesi europei che si attesta intorno al 25 per cento, però è bene ricordare che a differenza degli altri Stati dell'Unione i risparmiatori italiani sono anche chiamati a pagare l'imposta del bollo del 2 per mille e la Tobin tax. 

La misura secondo quanto annunciato dal neo-premier dovrebbe scattare dal prossimo 1° maggio ma per consentire agli operatori e agli intermediari finanziari di adeguare le proprie procedure è possibile che il governo trovi un accordo per posticiparla al 1° luglio.

La stretta sulle rendite finanziarie riguarderà la tassazione di tutti i principali proventi derivanti da prodotti finanziari (conti correnti, conto deposito, certificati di deposito, azioni ed obbligazioni, fondi di investimento italiani e stranieri, gestioni individuali e derivati) ad eccezione però, come espresso dallo stesso Matteo Renzi, dei titoli di Stato, le cui aliquote resteranno ferme al 12,5%.

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