Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Il Decreto Legge approvato ieri dal Cdm non affronta i temi caldi in materia previdenziale. Salta la deroga per i quota 96 della scuola. Rifinanziata la Cassa Integrazione in Deroga.

Kamsin Non ci sono misure particolari sul fronte previdenziale nel decreto legge "sblocca Italia" approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. Sino alla settimana scorsa si sperava di assaggiare un anticipo dei provvedimenti attesi per la legge di stabilità quando, secondo le dichiarazioni del Ministro Poletti, si dovrebbe intervenire per temperare alcune criticità della Riforma Fornero. Risorse permettendo. A bocca asciutta sono rimasti in particolare i 4 mila tra docenti e personale Ata della scuola che attendevano, dopo un tira e molla che dura da oltre un anno, la possibilità di accedere alla pensione in deroga alla disciplina vigente.

Nonostante la manifestazione di ieri a Roma che ha visto in prima fila i quota 96 della scuola Renzi non affrontato la vicenda. Anzi. Il Cdm ha del tutto stralciato il pacchetto sulla scuola, rinviandolo a mercoledì prossimo. Ma anche in tale occasione le speranze di vedere ripresentata la deroga sono ridotte al lumicino. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro dell'istruzione Stefania Giannini, ha annunciato che la misura non sarà discussa dall'esecutivo. Restano pertanto tutte sul tavolo le problematiche sulle pensioni.

Il decreto approvato ieri contiene tuttavia una importante novità per quanto riguarda la Cig in deroga. Il provvedimento ha stanziato, secondo quanto risulta dalle bozze entrate nel consiglio dei ministri, 728 milioni di euro. Ma per recuperare risorse da destinare alla Cassa integrazione in deroga, il governo è stato costretto a tagliare altri stanziamenti. È stato, per esempio, completamente azzerato il «bonus Letta» per finanziare le assunzioni a tempo Indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni.

Quasi 300 milioni di euro, poi, saranno presi dal contributo integrativo dello 0,30 per cento che viene versato all'Inps e il cui scopo, almeno fino ad oggi, era quello di finanziare un fondo rotativo per facilitare l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo.

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Il Ministro smentisce l'ipotesi di un prelievo aggiuntivo sulle pensioni di importo medio-alto per finanziare gli interventi in favore degli esodati.

Kamsin Nella legge di Stabilità non ci sarà «nessun intervento sulle pensioni». Lo ha assicurato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dicendo di essere stato «frainteso» quando in un'intervista aveva ipotizzato un contributo di solidarietà sulle pensioni di medio importo. Poletti, parlando al meeting di Cl a Rimini, ha spiegato che il suo era un ragionamento «in linea di principio», non certo «un progetto concreto» del governo. Per quanto riguarda il Jobs Act, poi, il ministro ha escluso «una scazzottata sull'articolo 18», perché è l'errore fatto in passato, quando «non abbiamo combinato niente: tante legnate ma risultati zero». La riforma del lavoro può essere migliorata, ma la rotta resta quella di «un disegno organico, di un approccio complessivo».

L'ipotesi di Poletti era quella di inserire un contributo di solidarietà sulle pensioni medio alte (soglia però mai indicata ufficialmente) per finanziare gli interventi sulla Riforma Fornero. Interventi che ora, complice anche il peggioramento dei conti pubblici, sono  piu' a rischio. Non a caso la vicenda dei quota 96 della scuola è slittata a data da destinarsi. Sugli esodati, come già anticipato da Pensioni Oggi, il Ministro Poletti aveva indicato di voler inserire, con la legge di stabilità, una soluzione strutturale. Le ipotesi sono prevalentemente due: pensionamenti flessibili a 62 anni e 35 di contributi con una penalità (proposta Damiano-Baretta) oppure il prestito pensionistico, un'ipotesi che sostiene il reddito dei lavoratori maturi che a 4 o 5 anni dalla pensione dovessero perdere il posto.

Lo schema prevede che a questi lavoratori, che avrebbero difficoltà a trovare una nuova occupazione, vada dopo i due anni di indennità di disoccupazione (l’Aspi), un assegno di circa 750 euro al mese per il periodo necessario a maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. Una volta in pensione il lavoratore restituirebbe a rate quello che è di fatto un anticipo della pensione. Insomma una sorta di prestito previdenziale. La perdita sarebbe intorno al 5-6 per cento dell’assegno mensile. Un’operazione che allo Stato costerebbe circa 500-600 milioni l’anno. E ci sarebbe anche un contributo da parte delle aziende interessate per evitare che in questo modo possano surrettiziamente riemergere i prepensionamenti.  Sempre che non ci sia l'ennesimo dietrofront.

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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il terzo report sul monitoraggio delle domande presentate per l'accesso ai benefici della cosiddetta quinta salvaguardia prevista dall'articolo 1, comma 194 della legge 147/2013 e dal Decreto interministeriale 14 febbraio 2014. Kamsin Il documento diffuso mostra che le istanze di accesso al beneficio nel periodo intercorrente tra il 16 aprile e il 16 giugno 2014 (ultimo termine per l'invio delle domande) alle direzioni territoriali del lavoro sono state ben 7.556. All'appello, come nel precedente report, mancano tuttavia Sicilia e Trentino Alto Adige. 

Le istanze monitorate si riferiscono esclusivamente a quei lavoratori tenuti al "passaggio" presso la DTL ai fini del riconoscimento della salvaguardia. Si tratta in particolare dei:

1) lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

2) lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

3) lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Nell'ambito della prima categoria sono pervenute 4.092 domande a fronte di una disponibilità di 400 posti; nell'ambito della seconda categoria 1.057 richieste su un plafond di 500 posizioni disponibili; nella terza categoria 2.407 domande su 5.200 posizioni disponibili. Complessivamente il numero di istanze presentate supera di oltre mille unità i posti in palio per queste tre categorie di lavoratori (6100 posti contro 7.556 domande).

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C'è da riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, vorremmo introdurre, anche se con delle penalità, una maggiore flessibilità per chi vuole andare in pensione anticipatamente. Come finanziamo tutti questi interventi?". Kamsin  Così il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta torna sull'ipotesi di una sforbiciata alle pensioni d'oro. Baretta ricorda che sul contributo di solidarietà "di deciso non c'è nulla" ma osserva che sul fatto che una pensione netta di 3.500 euro possa essere considerata di ceto medio commenta: "Siamo già nel novero dei redditi più alti che medi". Si sofferma poi sui possibili nuovi sacrifici: "Molte ipotesi mi risultano sconosciute, in particolare quella di un eventuale nuovo blocco del rinnovo del contratto degli statali". Esclude poi qualsiasi forma di patrimoniale sui redditi più alti: "L'opzione non è contemplata".

Dunque all’interno dello stesso esecutivo le posizioni non sono esattamente compatte: al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che in un’intervista al Corriere della sera ha confermato le linee di intervento, ha replicato anche il viceministro dell’Economia, Enrico Morando (Pd): «Il contributo di solidarietà sulle pensioni alte mi sembra un argomento che lascerei per un’altra fase». Anche Palazzo Chigi ha smentito l'intervento sulle pensioni, ma nel passato il premier Matteo Renzi non escluse (lo disse, per esempio, davanti alle telecamere di Porta a Porta) un contributo di solidarietà a carico delle pensioni superiori ai 3.500 euro netti al mese (circa 6 mila lordi) calcolati con il metodo retributivo. Ipotesi, peraltro, sostenuta dal consigliere economico del presidente del Consiglio, e parlamentare del Pd, Yoram Gutgeld nel suo libro “Più uguali più ricchi”. Così l’asticella dei 3.500 euro netti al mese di pensione definita con il metodo retributivo sembra effettivamente quella più realistica.

Accanto al contributo di solidarietà i tecnici del Mef studiano anche un eventuale raffreddamento dei meccanismi di adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita. Questione marginale in questa fase in cui l’inflazione sta andando in territorio negativo, ma che riemergerebbe una volta che l’inflazione dovesse ritornare sul target europeo del 2 per cento. L’ipotesi più probabile è che si introducano delle fasce di reddito meno sensibili alle dinamiche inflazionistiche con il crescere dell’importo.

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 192 di ieri il comunicato del ministero del lavoro che dà notizia dell'approvazione del regolamento attuativo dell'articolo 21 della legge 247/2012 (riforma forense). Kamsin Il provvedimento riguarda circa 50 mila legali (professionisti iscritti all'Albo) con redditi inferiori a 10mila euro annui per i quali da oggi scatta il procedimento di iscrizione d'ufficio alla cassa Forense. Il nuovo regolamento obbliga infatti, anche a chi ha un reddito inferiore alla soglia di 10.300 euro, di versare alla Cassa Forense un contributo minimo soggettivo dimezzato, circa 700 euro all'anno (più 140 di contributo di maternità) nei primi sei anni. Poi il contributo sale a 1.400 per i successivi due anni.

A fronte del dimezzamento della contribuzione annuale, però, verranno riconosciuti solo sei mesi di anzianità contributiva ai fini previdenziali, ciò per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema. Una volta terminato il periodo agevolato, di otto anni, saranno dovuti alla cassa circa 3.600 euro all’anno e gli avvocati potranno versare contributi aggiuntivi, qualora le condizioni economiche lo permettano, per recuperare la contribuzione annuale dimezzata versata durante il periodo "agevolato".

Il regolamento prevede anche l’opportunità di effettuare l’iscrizione retroattiva con un termine che resta fermo a tre anni nonchè ottenere un anno di esonero dal versamento dei contributi, che viene però riconosciuto in casi eccezionali e documentati. Le nuove norme si applicheranno a tutti gli iscritti all'Albo senza limiti di età. 

I destinatari della nuova disciplina minacciano di impugnare il provvedimento innanzi al Tar in quanto avrebbero voluto dei nuovi scaglioni di contribuzione parametrati alla reale capacità reddituale. Ma la misura è difesa dal Presidente della Cassa Forense, Nunzio Luciano, che ricorda, in una intervista rilasciata al quotidiano Italia Oggi: "qual è l'alternativa previdenziale per questi colleghi? Chi in questi anni non ha pagato a Cassa forense perché sotto la soglia reddituale dovrebbe aver versato alla Gestione separata dell'Inps. A conti fatti il 27% di 10 mila euro di reddito sono 2.700 euro di contributi da versare. Per chi ne guadagna 5 mila sono 1.350 euro. Con questo regolamento diamo la possibilità di versare un contributo soggettivo di 700 euro (più 140 euro di contributo di maternità) e l'integrativo del 4% (che quando è riscosso è a carico del committente) per sei anni".

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