Redazione

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Il Neo presidente dell'Inps indica la strada percorribile per una riforma dell'età pensionabile. Assegni piu' magri, calcolati con il sistema contributivo, in cambio di un anticipo dell'età per l'ingresso alla pensione.

Kamsin Tito Boeri in una intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera passa in rassegna i principali temi della sua presidenza. Ci sarà spazio a maggiore trasparenza a partire dalla cd. busta arancione, una riduzione delle sedi dirigenziali dell'inps, la riforma della governance e un piano contro la povertà, vero dramma del paese con la scissione della previdenza dall'assistenza. Boeri sostiene anche il ricalcolo contributivo dell'assegno per ottenere la pensione prima ma servirà il via libera dell'Europa. 

Quali sono le sue priorità?
«Partirei dalla trasparenza. L’Inps soffre di una immagine esterna non buona, che non valorizza le sue qualità. La gente ci percepisce come coloro che decidono, invece noi applichiamo le leggi. Le faccio un esempio: c’è stato giustamente lo scandalo sui piloti in cassa integrazione per sette anni. Ma non dipende dall’Inps bensì dalle norme che regolano il funzionamento del Fondo speciale trasporto aereo che noi renderemo pubbliche, assieme ai dati sulle prestazioni fornite da questo fondo, perché è giusto che i cittadini sappiano che, tra l’altro, il fondo è alimentato con un contributo di 3 euro che noi tutti paghiamo ogni volta che prendiamo l’aereo».

L’immagine dell’Inps soffre anche delle varie disfunzioni nei servizi lamentate dagli utenti.
«La qualità dei servizi si può migliorare con una forma organizzativa più efficiente. Ma lo faremo anche facendo partire finalmente l’operazione “busta arancione”. Una definizione in realtà superata perché la lettera col conto contributivo e la stima della pensione la manderemo solo ai lavoratori senza una connessione Internet. Per gli altri, ci sarà un “pin” col quale accedere attraverso il sito Inps al proprio conto e simulare la pensione futura, secondo diversi scenari di carriera e di crescita dell’economia».

Potranno farlo tutti? E in che tempi?
«Nel 2015 daremo questa possibilità a tutti i lavoratori dipendenti privati. Per quelli pubblici ci vuole più tempo perché è più difficile ricostruire i versamenti. Nel 2016 dovrebbe essere possibile anche per i parasubordinati».

Quelli che finora hanno bloccato l’operazione, perché come disse l’ex presidente Antonio Mastrapasqua, se diciamo ai lavoratori precari quanto prenderanno di pensione, rischiamo un sommovimento sociale.
«Sbagliato. Noi non ci faremo fermare da condizionamenti di natura politica. È necessario che i lavoratori siano consapevoli della loro situazione contributiva e di quali saranno presumibilmente le loro pensioni così da poter pianificare il futuro. Le banche dati sono un bene pubblico».

Che significa che ci sarà una ristrutturazione interna?
«Che, per esempio, interverremo sulle direzioni centrali, che sono troppe, una cinquantina. Così la situazione è difficilmente gestibile. Valorizzeremo chi merita, senza guardare alla tessera sindacale».

Il governo ha annunciato a breve la riforma della «governance». La sua proposta?
«Insieme con il presidente dell’Inail, perché la riforma riguarda entrambi gli enti, abbiamo presentato al governo uno schema che prevede la fine del sistema duale, che in qualche modo ha contrapposto finora il presidente al direttore generale. Proponiamo un consiglio di amministrazione di tre membri, compreso il presidente, e un direttore generale scelto dallo stesso cda anziché dal governo. Inoltre va rivisto il Civ, Consiglio di indirizzo e vigilanza. Che deve essere snello, composto da membri delle organizzazioni imprenditoriali e sindacali effettivamente rappresentative, e ricondotto a un ruolo di controllo, evitando funzioni di cogestione».

Il bilancio 2015 dell’Inps prevede un deficit di 6,7 miliardi, dovuto ancora all’eredità della gestione Inpdap (dipendenti pubblici). Dobbiamo preoccuparci?
«No. È chiaro che se in passato lo Stato non pagava i contributi dei suoi dipendenti perché si trattava di una partita di giro, questo ancora pesa sul bilancio, ma lo squilibrio verrà gradualmente riassorbito. Il tema vero è quello delle spese assistenziali che devono per forza di cose ricadere sulla fiscalità generale e sulle quali va fatta una riflessione, anche per affrontare l’aumento della povertà che, in questi anni di crisi, ha colpito di più le fasce d’età prima del pensionamento».

Cioè anche chi resta senza lavoro in età anziana ma è ancora lontano dalla pensione. Non a caso c’è un ampio consenso, dal ministro Giuliano Poletti al presidente della commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi, passando per i sindacati, sulla necessità di reintrodurre elementi di flessibilità sull’età pensionabile.
«Questo problema, come dicevo, si può affrontare soprattutto dal lato degli ammortizzatori sociali. Finora il tema degli esodati è stato affrontato con sei decreti di salvaguardia (che prevedono una spesa di 12 miliardi, ndr) che spesso però aiutano anche chi ha redditi elevati mentre ci sono tante altre situazioni non protette. Bisognerebbe insomma spendere meglio le risorse pubbliche, prevedendo per esempio un reddito minimo per contrastare le situazioni di povertà, finanziato dalla fiscalità generale. Poi, dal lato della previdenza, è chiaro che, usando il calcolo contributivo, si potrebbero introdurre forme di flessibilità».

Cioè consentire l’uscita anticipata dal lavoro, ma con pensioni proporzionalmente più leggere?
«Sì. Ma prima bisogna convincere la Commissione europea, perché purtroppo i conti pubblici vengono considerati nella loro dimensione annuale anziché sul medio-lungo periodo. Per l’Ue se si consentono i pensionamenti anticipati risalta solo l’aumento immediato della spesa ma non il fatto che poi si risparmierà perché l’importo della pensione sarà più basso. Bisogna battersi in Europa per arrivare a una valutazione intertemporale del bilancio».

Lei da economista ha sostenuto l’opportunità e la praticabilità di un ricalcolo con il contributivo delle pensioni in pagamento e un contributo sugli assegni più elevati per ricavare circa 4 miliardi che potrebbero andare alle pensioni più basse. È sempre di quest’idea?
«Ci lavoreremo. Faremo anche qui un’operazione trasparenza: uno studio per categorie mettendo a confronto l’importo delle pensioni in pagamento con quello che si ottiene dal ricalcolo col metodo contributivo. Sulla base di questi dati potremo formulare proposte d’intervento. Si tratta di quel ruolo propositivo dell’Inps di cui parlavo all’inizio e che rivendico. L’Istituto, grazie alle sue competenze e al ricco patrimonio di dati di cui dispone, può essere un consulente di qualità del governo, un po’ come Banca d’Italia».

Quando sarà pronto questo studio? Prima della prossima legge di Stabilità?
«Sì, mi piacerebbe riuscirci entro l’estate».

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"Non abbiamo ancora deciso" se il tema degli esodati si risolverà "con un ammortizzatore specifico o attraverso un ponte per arrivare alla maturazione dei diritti previdenziali" ed è questo "il tema della discussione". Lo ha detto oggi il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, a margine del convegno 'Una strategia nazionale contro le povertà', organizzato dall'Acli, a Milano. "Per quel che riguarda la situazione generale - ha aggiunto il ministro - abbiamo bisogno di verificare con quali strumenti affrontare un tema come questo, perché sapete che il tema della previdenza è un tema molto sensibile, sul quale l'Europa ha i fari accesi e bisogna quindi essere molto misurati.

Questo è un problema socialmente rilevante, perché ci sono persone avanti con l'età, che saranno difficilmente rioccupabili e che hanno bisogno di arrivare a maturare il requisito previdenziale-pensionistico" Poletti ha ricordato che nel Jobs Act "c'è l'Asdi, una misura in favore di chi ha perso il lavoro nel 2015 e a cui manca poco per il raggiungimento dell'età pensionabile".

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Nella lettera il Neo Presidente dell'Inps indica che sarà necessario rafforzare gli sforzi per combattere la povertà e il legame tra assistenza e previdenza: "Fenomeni come quello degli esodati dimostrano quali siano i problemi che insorgono quando questo nesso viene a mancare".

Kamsin "Ho accettato questo incarico a fronte di un mandato pieno ricevuto dal Governo e a seguito della fiducia accordatami dalle commissioni lavoro in entrambi i rami del Parlamento". E' quanto si legge in un comunicato stampa diffuso dal neo presidente dell'Inps Tito Boeri. Nel messaggio Boeri ringrazia per la fiducia ricevuta e delinea le linee di intervento dell'Inps.

L'istituto ricorda Boeri è centrale: "non c’è italiano che non sappia cosa sia l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Come tutt e le cose indispensabili, è un Istituto sempre nell’occhio del ciclone. Amato il primo del mese, o il sedici del mese nel caso degli ex dipendenti pubblici, quando, puntuale come un orologio svizzero, arriva la pensione". Come terminale ultimo del nostro sistema di protezione sociale, l’Inps viene spesso erroneamente percepito come l’autore, come colui che emana queste leggi, invece che, come dovrebbe essere, l’esecutore di decisioni prese altrove , di cui non è direttamente o anche indirettamente responsabile".

Una delle principali linee guida di Boeri sarà l'accountability. "La grande operazione di trasparenza che cominceremo a condurre insieme fin dai prossimi giorni ha anche lo scopo di mettere in luce quali sono le implicazioni delle regole che l’Inps è chiamato a mettere in pratica. La legge ci chiede di applicare anche regole che ai più possono apparire inique. Non possia mo fare altrimenti. Ma nulla ci vieta di rendere pubbliche queste regole e permettere così ai cittadini di giudicarle in tutte le loro effettive implicazioni. E’ un a questione di democrazia , di quella che gli inglesi chiamano accountability , prima ancora che di tutela dell’immagine esterna del nostro Istituto.

Il secondo fronte di intervento sarà la realizzazione della busta arancione. "A coloro che ci affidano i risparmi di una vita intera - ricorda Boeri - , dobbiamo apparire come un grande salvadanaio che non c’è bisogno di rompere per vederne il contenuto, insomma un salvadanaio .... di vetro. Basterà scrutarlo, consultare il nostro sito per sapere quanto c’è dentro e quanto questo risparmio è presumibilmente destinato a fruttare quando ci si ritirerà dalla vita attiva . L’operazione “ la mia pensione ” su cui l’intero I stituto, dal prim o all’ultimo dipendente, sarà impegnato nei prossimi mesi, avrà proprio questo compito. Far sapere ad ogni contribuen te quanto ha sin qui versato, far capire a tutti che queste somme sono accantonamenti che si accumulano mese dopo mese, e non sono invece una tassa".

Altro tema centrale è la governance. Secondo Boeri "l’Inps ha oggi più che mai bisogno di una governance stabile. Oltre ad avere un presidente ed un direttore generale nel pieno delle loro funzioni, è molto importante che si vada rapidamente a una riforma degli organi collegiali. Contiamo su di una rapida consultazione da parte dei ministri vigilanti con le organizzazioni dei lavoratori e datoriali sulle proposte , che già da tempo sono oggetto di discussione , e a un iter parlamentare relativamente rapido del disegno di legge che verrà alla fine varato dal Governo".

Contro la povertà. La nuova Inps, sostiene Boeri, dovrà poi legare meglio assistenza e previdenza. Fenomeni come quello degli esodati dimostrano quali siano i problemi che insorgono quando questo nesso viene a mancare . Dobbiamo anche coprire meglio le fasce più vulnerabili. La povertà negli ultimi anni è aumentata soprattutto fra i giovani, su cui si è inizialmente concentrato tutto il rischio di perdere il lavoro in carriere lavorative troppo brevi per essere coperte dagli ammortizzatori sociali oggi esistenti. Questi problemi , queste vulnerabilità messe in luce dallo stress test di questa crisi infinita, non possono essere affrontati riformando , una volta di più , la previdenza. Richiedono , invece , interventi per ampliare la rete di assistenza sociale pubblica e il modo con cui vengono messe in atto, al di là delle singole leggi, le politiche del lavoro in Italia . Ecco allora il grande e ambizioso traguardo che ci proponiamo".

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La disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel 2014 cresce di 2,6 punti percentuali arrivando al 42,7%. Il picco si e' registrato per le giovani donne del Mezzogiorno.

Kasmin Nella media del 2014 cresce il tasso di disoccupazione raggiunge il 12,7% dal 12,1% di un anno prima.  Il tasso ha raggiunto i massimi dal 1977. Anche nel quarto trimestre 2014, la disoccupazione ha un tasso pari al 13,3%, in crescita di 0,6 punti percentuali su base annua. E' quanto ha reso noto oggi l'Istat.

Mentre il tasso a gennaio si e' attestato al 12,6%. In base alle stime dell'Istat dopo il calo di dicembre, a gennaio il tasso di disoccupazione e' diminuito ancora di 0,1 punti percentuali, tornando sullo stesso livello di 12 mesi prima. La disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel 2014 cresce di 2,6 punti percentuali arrivando al 42,7%. Il picco si e' registrato per le giovani donne del Mezzogiorno.

Poletti: risultato incoraggiante. Il lieve incremento registrato anche a gennaio (+ 11 mila rispetto al mese di dicembre) porta ad un aumento complessivo di 131 mila occupati su base annua. E' un risultato incoraggiante dopo diversi anni di caduta dell'occupazione, che - insieme ai segnali positivi di crescita della produzione industriale e della fiducia di imprese e consumatori - fa intravedere la possibilita' di un 2015 migliore per l'occupazione e l'economia, con un quadro di maggiore stabilita' in grado di favorire gli investimenti delle imprese". E' quanto afferma il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, commentando i dati Istat di oggi relativi ad occupati e disoccupati. "Nei prossimi mesi - sottolinea Poletti - potremo anche vedere l'effetto pieno delle misure varate dal Governo con la riforma del lavoro e con la legge di stabilita' per sostenere la ripresa e, in particolare, per favorire l'occupazione stabile: la decontribuzione triennale per i nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato, la deducibilita' dal calcolo dell'Irap e l'introduzione del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Anche la riduzione della precarieta', a seguito dell'abolizione delle tipologie contrattuali piu' precarizzanti, potra' favorire - conclude - la ripresa dei consumi, in quanto da' alle persone una prospettiva piu' certa e definita".

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Sono oltre 320 mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore da gennaio a oggi, per un taglio del reddito pari a circa 417 milioni di euro, ovvero circa 1.300 euro netti in meno in busta paga per ogni singolo lavoratore. È quanto emerge dal rapporto di febbraio dell'Osservatorio Cig della Cgil, sulla base di elaborazioni delle rilevazioni sulla cassa condotte dall'Inps. Nelle regioni del nord si registra il ricorso più alto alla cassa integrazione.

Al primo posto per ore di cassa integrazione autorizzate nei primi due mesi dell'anno c'è la Lombardia con 29.331.625 di ore che corrispondono a 87.297 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 17.067.435 di ore di cig autorizzate per 50.796 lavoratori e il Veneto con 8.497.717 di ore per 25.291 persone. Mentre per il Mezzogiorno è la Campania la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 5.875.767 di ore per 17.487 lavoratori.

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