Sergey

Sergey

Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Le questioni sul tavolo del nuovo esecutivo non cambiano. Esodati, revisione dell’età pensionabile e pensioni d’oro saranno alcuni dei principali banchi di prova per il successore di Letta.

E’ ormai chiaro che nei prossimi giorni assisteremo alla nascita dell’esecutivo Renzi, molto probabilmente con la medesima maggioranza che ha sostenuto Letta. Se non ci saranno defezioni dell’ultimo minuto, Renzi riceverà infatti la fiducia da parte del Pd, Scelta Civica e del Nuovo Centro Destra. Un governo che, nelle intenzioni del Leader del Pd, dovrà agire in fretta e fisserà una road map per i primi cento giorni con molta carne sul fuoco.

La svolta renziana potrebbe interessare anche gli innumerevoli problemi in materia di lavoro e previdenza che l’ex premier Letta non è riuscito, suo malgrado, a risolvere. Vediamo dunque quali sono i punti principali che Renzi dovrà affrontare nelle prossime settimane e la linea politica che sarà adottata. 

Esodati - Il governo dovrà proseguire nell’estensione della salvaguardia in favore di chi è rimasto oggi escluso. Ciò potrebbe significare l’inclusione in salvaguardia anche dei lavoratori che maturano la decorrenza della prestazione oltre il 6.1.2015, attuale limite per molte categorie di soggetti. Per Renzi tutti i lavoratori in questione devono ricevere adeguata tutela. Si parla però di ulteriori 100mila soggetti che dovrebbero entrare in salvaguardia e reperire le risorse necessarie potrebbe non essere affatto semplice. Dalle risorse si comprenderà anche il modo in cui si interverrà: sullo sfondo c’è infatti l’alternativa di un provvedimento omnibus, come vorrebbero i renziani (magari con la creazione di un fondo apposito costituito dalle risorse derivanti dai contributi prelevati sulle pensioni d'oro) oppure, piu’ verosimilmente, attraverso il varo di provvedimenti singoli come è avvenuto sino ad oggi.

Resta inteso comunque che il nuovo governo dovrà attuare i provvedimenti in scadenza. Che non sono pochi. In particolare c'è la pubblicazione del quinto decreto sulla salvaguardia (legge 147/2013) e soprattutto la pubblicazione del quarto decreto di prolungamento di sostegno al reddito per i lavoratori con decorrenza della pensione nel 2014.

Pensioni Flessibili - Renzi avra' sul tavolo anche il lavoro svolto da Enrico Giovannini per l’introduzione di una maggiore flessibilità in materia pensionistica. L’idea a cui ha lavorato l’ex presidente dell’Istat è di riconoscere la pensione con un anticipo di 2 o 3 anni ai lavoratori che sono rimasti senza impiego e senza ammortizzatori sociali a condizione che abbiano perfezionato almeno 62 anni di età e 35 di contributi attraverso un prestito previdenziale. E' chiaro tuttavia che la Riforma Fornero, nella sua interezza, non sarà messa in discussione da Renzi.

Pensioni d’oro - Tra i capitoli aperti c'è anche quello della spending review sulla quale sta lavorando il commissario straordinario Cottarelli. Qui tra le novità che potrebbero vedere la luce c’è la “sforbiciata” sulle pensioni medio-alte retributive (cioè calcolate sulla base dello stipendio e non sui contributi versati) che non dovrebbero vedere particolari dietrofront da parte del nuovo esecutivo. La Camera ha peraltro di recente ha provato una mozione che impegnava il governo a una puntuale verifica dell'attuazione del contributo di solidarietà approvato con l'ultima legge di stabilità. 

Opzione Donna - Renzi dovrebbe anche affrontare l’estensione del regime sperimentale donna. La Camera dei Deputati ha infatti approvato una mozione che impegna il governo a chiedere all’Inps la fruizione dell’opzione a tutte le donne che maturano i 57 anni (58 per le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31.12.2015.

L'opzione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) consente alle lavoratrici di accedere alla pensione sino al 31.12.2015 con 57 anni di età (58 se autonome) e 35 anni di contributi a condizione di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con il solo calcolo contributivo. La circolare Inps 35/2012 ha precisato però che - ai fini dell'accesso al regime - entro il 31 dicembre 2015 deve verificarsi la decorrenza del trattamento pensionistico e non la maturazione dei requisiti oltre ad disposto l'applicazione della stima di vita. Ora dal nuovo esecutivo si attende una accelerazione nella risoluzione della questione.

Avanza il progetto di legge che potrebbe salvare dalle nuove regole di pensionamento circa 4mila professori che hanno maturato i requisiti nel corso dell'anno scolastico 2011/2012

La proposta di legge targata Ghizzoni (Pd) e Marzana (M5S) contenente la deroga in materia di pensionamento per il personale della scuola (cd. questione della "Quota 96") potrebbe diventare legge entro il prossimo Aprile. È quanto ha lasciato ieri intendere la relatrice al progetto di legge Barbara Saltamartini (Ncd) che tuttavia non ha nascosto che il Ministero dell'Economia e delle Finanze deve dare ancora il via libera all'operazione. "Stiamo aspettando chiarimenti dal sottosegretario all'Economia Giorgetti relativamente ai costi dell’operazione" ha affermato la Saltamartini.

La proposta, com’è noto, è al centro di una profonda discussione da diversi mesi ormai. Sullo sfondo il problema di diverse migliaia di insegnanti che si sono visti sfumare la possibilità di andare in pensione dopo l’approvazione della Riforma Fornero nel dicembre 2011. L'articolo 24 del Dl 201/2011 infatti non ha riconosciuto la specificità del comparto scuola (i professori vanno in pensione in una data prestabilita, il 1° Settembre - in coincidenza con la fine dell'anno scolastico - per evitare interruzioni didattiche) lasciando gli insegnanti che hanno maturato i requisiti pensionistici dopo il 31.12.2011 soggetti alle nuove regole.

“I lavoratori del comparto scuola che maturavano i requisiti nel corso dell'anno scolastico 2011/2012 dovevano essere trattati tutti allo stesso modo. Invece hanno subito conseguenze diverse a seconda se i requisiti sono stati perfezionati prima o dopo del 31.12.2011, data in cui sono entrate in vigore le nuove regole” spiega Bruno Palmieri del Patronato Inca di Roma. “Chi ha maturato i requisiti entro il 31.12.2011 ha potuto beneficiare del vecchio regime, gli altri sono rimasti soggetti alle nuove regole. Una questione non da poco perchè significa dover rimanere sul lavoro per almeno altri 3-4 anni”.

Ora il progetto di legge potrebbe affrontare il problema e concedere la pensione a decorrere dal 1º settembre 2014 per gli insegnanti che hanno perfezionato i requisiti di pensionamento previgenti all'entrata in vigore della riforma Fornero entro la fine l'anno scolastico 2011/2012. Secondo la Saltamartini i tempi devono essere però rapidi. Entro il 30 Aprile la proposta di legge dovrebbe essere approvata per consentire ai Prof di presentare la domanda all'Inps entro il 31 maggio e quindi poter conseguire la pensione dal prossimo 1° Settembre.

La graduatoria - La proposta di legge stanzia risorse sufficienti per garantire il mantenimento delle previgenti regole solo per 4mila insegnanti. Qualora il numero delle domande di pensione presentate dai professori risultassero superiori, l’Inps sarà costretto a stabilire una graduatoria formulata sulla base della somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva posseduta dall’insegnante alla data di scadenza della domanda.

Gli interessati - I professori interessati dalla novità sono coloro che hanno raggiunto entro il 31 agosto 2012 i vecchi requisiti pensionistici (quelli in vigore prima del Dl Salva Italia). Parliamo cioè della vecchia quota 96 (60 anni e 36 di contribuzione o 61 anni e 35 di contribuzione) oppure 40 anni di contribuzione per la pensione di anzianità; oppure 65 anni d'età (61 se donne) con 20 di contributi per la pensione di vecchiaia.

La legge di stabilità 2014 ha riconosciuto l'idoneità della contribuzione figurativa maturata attraverso i permessi della legge 104/92 ad evitare le penalizzazioni. 

Con il nuovo anno si ampliano i periodi di contribuzione figurativa utile ad escludere le penalizzazioni previste per chi accede alla pensione anticipata prima di aver compiuto i 62 anni di età.

Com'è noto, l’articolo 6, comma 2-quater del decreto legge 216/2011, per favorire i cd. lavoratori precoci, aveva stabilito l'esclusione dalla decurtazione dell’assegno pensionistico a quei lavoratori che raggiungessero i requisiti contributivi utili per la pensione anticipata entro il 31.12.2017 a condizione che la contribuzione risultasse composta solo da prestazione effettiva di lavoro e da limitati periodi di contribuzione figurativa quali l’astensione obbligatoria per maternità, l’assolvimento degli obblighi di leva, infortunio, malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria.

Il Governo, sotto la pressione dei partiti della maggioranza, aveva già arricchito con il Dl 101/2013 i periodi di contribuzione figurativa utili ad escludere la penalizzazione ricomprendendo sia quella derivante dalla donazione di sangue e di emocomponenti sia quella dei congedi parentali di maternità e paternità previsti dal Dlgs. 151/ 2011. Ora la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 493, legge 147/2013) è intervenuta nuovamente sulla materia aggiungendo alla contribuzione figurativa utile ad escludere la penalizzazione anche quella derivante dai congedi e permessi per l'assistenza di parenti con gravi disabilità secondo quanto previsto dall'articolo 33 della legge 104 del 92.

"Si tratta di un rimedio atteso da tempo" afferma Bruno Palmieri del Patronato Inca di Roma: "penalizzare quei lavoratori che hanno fruito dei permessi per assistere i portatori di handicap era assurdo ed è stato piu' volte segnalato al Ministero e all'Inps. Va sottolineato però che non sono ancora valorizzabili tutti gli altri periodi sottoposti a contribuzione figurativa: cioè la mobilità, cassa integrazione straordinaria o in deroga, le giornate di sciopero e le aspettative senza assegni conseguite a qualsiasi titolo. Ci aspettiamo che il governo intervenga anche su questi fronti" ha detto il sindacalista.

Il candidato alla guida del SuperInps non potrà avere conflitti d'interesse e doppi incarichi secondo le regole contenute nel disegno di legge approvato dal Cdm la scorsa settimana

All'indomani delle dimissioni di Mastrapasqua il governo è alle prese con la patata bollente di individuare il nuovo Presidente dell'Inps.Come accennato dal presidente del Consiglio Enrico Letta la scorsa settimana, il solco all'interno del quale si muove l'esecutivo è in realtà piu' grande. Si tratta infatti di rivedere completamente la dirigenza dell'Istituto previdenziale dopo l'accorpamento dell'Inpdap ed Enpals avvenuto alla fine del 2011. La nuova governance dovrà necessariamente contenere un minore numero di dirigenti e una importante revisione dell'articolazione del Superinps sul territorio: in pratica meno sedi territoriali e minori spese per il contribuente.

 Ma per la completa ridefinizione della nuova "pianta organica" dell'Ente ci vorranno ancora diversi mesi, probabilmente un anno. Ovvio quindi che durante questa fase transitoria l'Inps dovrà essere guidato da qualcuno che non sia il dimissionario presidente Antonio Mastrapasqua (che è formalmente ancora in carica per la gestione degli affari correnti in attesa della successione). Appare infatti fondamentale non lasciare vacante la guida dell'INPS in un momento così delicato per la gestione della materia previdenziale. Sullo sfondo ci sono infatti diversi problemi prima fra tutti quello degli esodati che non sono stati ancora risolti.

Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi decisione sarà assunta entro la metà del mese di febbraio. Tra i nomi che circolano come candidati alla presidenza (o come commissario) del super INPS c'è in particolare quello di Cesare Damiano e quello del giuslavorista Tiziano Treu. Damiano sarebbe in prima linea nella gestione di questo ruolo transitorio: oltre ad aver già ricoperto l'incarico di Ministro del Lavoro (nel governo Prodi), è un candidato espressione del Partito Democratico gradito anche alla componente renziana. Nella rosa di nomi c'è anche quello dell'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, appartenente al Nuovo Centro Destra, e un nome interno, di profilo tecnico, quello del direttore generale dell'Inps Mauro Nori.

Il candidato dovrà comunque rispettare i requisiti (per ora solo abbozzati) di incompatibilità contenuti nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei ministri a seguito della vicenda Mastrapasqua. Un ddl che sancisce finalmente il divieto di doppi incarichi e i conflitti d'interesse agli amministratori di enti e società pubbliche. In pratica Letta non può permettersi di nominare un nuovo dirigente con poltrone in altri enti o società in conflitto d'interesse: l'incarico dovrà essere "esclusivo" come ha piu' volte detto lo stesso Premier.

Il Governo guidato da Angela Merkel ha licenziato una mini-riforma previdenziale che ingrana la retromarcia sull'età pensionabile.

In un momento in cui i partner europei, in primis il Bel Paese, sono stati chiamati a grandi sacrifici i tedeschi si preparano ad una riforma previdenziale che consentirà di anticipare, seppur di poco, l'età pensionabile. L'esecutivo guidato da Angela Merkel ha infatti approvato una riforma del sistema previdenziale che consentirà il collocamento a riposo già a 63 anni con un anticipo di almeno 2 anni rispetto alle norme attuali.

L'economia del paese teutonico del resto va a gonfie vele. E dopo le riforme degli ultimi 20 anni i tedeschi in un momento di crisi si possono permettere di pagare 160 miliardi di euro da qui ai prossimi 20 anni. Parliamo comunque di un paese che ha, dopo le Riforme del 2007, uno dei sistemi previdenziali piu’ duri dell’intero vecchio continente: il pensionamento di vecchiaia è in generale fissato a 67 anni, quello anticipato a 65 anni con 45 di contributi. Esistono poi penalità che consentono di anticipare l’accesso alla pensione a 63 anni (con 35 di contributi) ma al prezzo di una riduzione di circa il 3,5% per ciascun anno di accesso prima dei 67 anni. Riduzioni molto significative se comparate con quelle italiane (che oscillano invece tra l’1% il 2% l’anno e solo per il pensionamento anticipato conseguito prima dei 62 anni).

Le ragioni della Riforma Previdenziale - Un eventuale temperamento di questa normativa era dunque nell'aria quantomeno per correggere alcune criticità e concedere maggiore flessibilità ai lavoratori precoci. Se la legge sarà approvata nei tempi previsti, dal 1° luglio prossimo i tedeschi potranno ritirarsi anticipatamente tra i 63 e i 67 anni senza alcuna penalità, a condizione di aver maturato almeno 45 anni di contributi. E le imprese dovranno sostenere un aumento delle aliquote contributive di almeno un punto percentuale da qui al 2020.

Le reazioni - La proposta sta suscitando diverse reazioni in Germania: CDU e gli imprenditori sono particolarmente preoccupati per gli elevati costi e la perdita di competitività che le aziende tedesche subirebbero. Persino l'ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroder si è detto contrario al progetto di riforma: “stiamo dando un segnale assolutamente sbagliato specialmente nei confronti dei nostri partner europei quali abbiamo giustamente che su riforme strutturali dei loro sistemi pensionistici”. 

Sigmar Gabriel, leader della SPD, si è detto invece particolarmente orgoglioso di firmare un progetto di legge che restituisca una maggiore dignità ai lavoratori. “La proposta se andiamo a vedere non regala nulla perchè parliamo di persone che devono comunque maturare 45 anni di contributi. Non sono pochi” ha osservato il Ministro del Lavoro Andrea Nahles firmatario del progetto di legge. “Vogliamo solo proteggere i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno maturato parecchi contributi nel corso della loro vita lavorativa: persone che hanno iniziato a lavorare a 14 anni a cui riconosciamo la possibilità di andare in pensione con un paio di anni di anticipo senza penalità come accade oggi” ha concluso il Ministro.

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