L'esperto Risponde

La rubrica di consulenza ai lettori sulle principali questioni previdenziali

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

Franco Rossini 14/07/2022 Previdenza

I pensionati titolari di una pensione in regime di salvaguardia possono conseguire una pensione aggiuntiva sulla base dei contributi versati dopo il pensionamento o per l'attività professionale eventualmente svolta con iscrizione alla cassa professionale.


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Con la collaborazione di

Franco Rossini
Consulente con specializzazione in diritto del lavoro e della previdenza

Bruno Benelli
Collaboratore Confals e autore di numerosi saggi ed approfondimenti in materia previdenziale.

Carmine Diotallevi
Formatore Spi Cgil, ex dipendente Inpdap con pluriennale esperienza sulle previdenza del pubblico impiego

Dario Seghieri
Esperto in previdenza sociale, da anni autore di libri e di articoli su diversi siti web di settore.

Riforma del Lavoro, come cambia l'articolo 18

Il Nuovo Articolo 18 dopo la riforma

Ciò premesso, la legge numero 92 del 2012 con l'articolo 1, commi 42 e 43 ha inciso nel seguente modo nella tutela del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo.

A) Licenziamento nullo (commi 1, 2 e 3 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto) o intimato in forma orale, viene sostanzialmente confermata la normativa previgente, che prevede la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (tutela reale), indipendentemente dal motivo formalmente addotto e dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, nonchè un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione (e comunque non inferiore a 5 mensilità). Resta fermo, poi, che il lavoratore può optare, in alternativa, per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale.

B) Licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo (c.d. licenziamento disciplinare) (commi 4, 5, 7, primo periodo, e 8 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, rispetto alla precedente disciplina, che prevede in ogni caso l’obbligo di reintegrazione del lavoratore nelle imprese oltre i 15 dipendenti (o oltre i 5 se si tratta di imprenditore agricolo), si introduce una distinzione tra:

  • mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a insussistenza del fatto contestato ovvero a fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti o dei codici disciplinari: in questi casi continua a valere la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla normativa previgente nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (Per quanto concerne l’indennità, rispetto alla normativa previgente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, soppresso il limite minimo di 5 mensilità). Riguardo all'obbligo, a carico del datore, di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l'effettiva reintegrazione, si specifica (e trattasi, anche in questo caso, di un elemento di novità rispetto alla precedente normativa) che dalle somme dovute si scomputino i contributi accreditati in favore del lavoratore in conseguenza di eventuali altre attività lavorative (comma 4);
  • mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a tutte le restanti ipotesi: in questi casi non opera più la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (in precedenza prevista nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale (in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo) (comma 5).

C) Licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo (c.d. licenziamento per motivi economici) (comma 7, secondo e terzo periodo, del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla precedente normativa nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale; tuttavia, il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) e riconoscere un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Si segnala che la possibilità per il lavoratore di optare, in alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale), per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale (che l’articolo 18, comma 4, della legge n.300 del 1970, nella formulazione previgente, riconosce in tutti i casi in cui il giudice dispone la reintegrazione nel posto di lavoro), nel testo in esame  è prevista nel solo nel caso di reintegrazione disposta a seguito di dichiarazione di nullità del licenziamento (perché discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto) e non più nel caso di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo.

D) Licenziamento inefficace (comma 6 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione, della procedura disciplinare o della procedura di conciliazione, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla normativa previgente nelle imprese sopra i 15 dipendenti)  e il giudice riconosce al lavoratore un’indennità risarcitoria complessiva determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale (ai fini della determinazione in concreto dell’indennità il giudice deve tenere conto della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, e motivare in modo specifico al riguardo).

Infine, una serie di disposizioni di tipo trasversale (applicabili cioè in tutte le ipotesi di licenziamenti illegittimi) che innovano la previgente normativa riguardano:

  • il fatto che nella determinazione dell’indennità spettante al lavoratore il giudice debba dedurre quanto eventualmente percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative (nuovo comma 2) e quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione (nuovo comma 4), nonché valutare il comportamento delle parti nell’ambito della procedura di conciliazione (nuovo comma 7).
  • l’introduzione di una fattispecie di revoca del licenziamento (individuale) da parte del datore, in virtù della quale, qualora vi sia una revoca entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo licenziamento, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca, sena applicazione di sanzioni o indennità (comma 10).

Il comma 43 integra l’articolo 30, comma 1, della legge n. 183 del 2010 (Collegato lavoro), ove si prevede che laddove disposizioni di legge in materia di lavoro contengano clausole generali ("ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso"), il controllo giudiziale è limitato "all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente". La modifica è volta a specificare che l'inosservanza di tale limite costituisce motivo di impugnazione del provvedimento giudiziale per violazione di norme di diritto.


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