Rossini V

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Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Con la pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto legge sulla Riforma della Pubblica Amministrazione (Decreto legge 90/2014) si può fare un primo resoconto delle novità che sono state introdotte in materia previdenziale. La prima, quella su cui non c'erano particolari dubbi, è l'abrogazione del trattenimento in servizio. Kamsin La regola, contenuta nell'articolo 1, comma 2, recita infatti che i "trattenimenti  in  servizio in essere alla data di entrata in vigore del  presente  decreto  sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o  fino  alla  loro  scadenza  se prevista in data anteriore.  I  trattenimenti  in  servizio  disposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma  2,  del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono revocati".

 La norma mette pertanto fine alla possibilità per i pubblici dipendenti di restare in servizio per il biennio oltre i limiti di età previsti dalla normativa vigente e ciò renderà di fatto piu' difficile prorogare il rapporto di lavoro sino a 70 anni per maturare una pensione piu' elevata.
E' stato introdotto, come anticipato su Pensioni Oggi nei giorni scorsi, al comma 3 un temperamento in favore dei magistrati e degli avvocati dello stato per i quali si precisa che "al  fine  di  salvaguardare  la  funzionalita'   degli   uffici giudiziari, i trattenimenti  in  servizio  dei  magistrati  ordinari, amministrativi, contabili,  militari  nonche'  degli  avvocati  dello Stato, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015  o  fino  alla  loro scadenza se prevista in data anteriore." Stessa data limite viene prevista, dal comma 4 dell'articolo 1 in favore dei militari che hanno fruito del collocamento in ausiliaria.

L'altra norma in materia pensionistica che entra in vigore oggi è la possibilità per le Pa di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro al raggiungimento alla massima anzianità contributiva del dipendente pubblico (cioè al perfezionamento di 41 anni e 6 mesi di contributi, 42 anni e 6 mesi per gli uomini). La novità è introdotta dal comma 5 dell'articolo 1 del Dl 90/2014 che modifica l'articolo 72, comma 11 del Dl 112/2008 ed è estesa anche al personale delle autorita' indipendenti  e  ai  dirigenti medici  responsabili  di  struttura  complessa.  Qui il governo dovrà tuttavia ribadire che la norma non può essere invocata in caso l'interessato sia soggetto alla penalizzazione (cioè ove non abbia compiuto i 62 anni di età al momento dell'accesso alla pensione).

E' introdotto inoltre il divieto per i pensionati di avere incarichi di consulenza, dirigenziali odi vertice in qualsiasi pubblica amministrazione. E questo vale sia che la pensione sia pubblica o privata. Dopo le indicazioni del quirinale però si è deciso un ammorbidimento. Il divieto di conferire incarichi di vertice ai pensionati entrerà in vigore soltanto a partire dai prossimi rinnovi, dunque tutti coloro che attualmente ricoprono queste posizioni rimarranno al loro posto. Non solo. Sarà ancora possibile conferire incarichi a soggetti pensionati nel caso questi siano assegnati a titolo gratuito. Un'altra eccezione, poi, sarà concessa a tutti gli organi costituzionali, come Camera, Senato, Corte Costituzionale e, fin quando ci sarà, anche il Cnel, potranno continuare ad assegnare posizioni a persone in quiescenza.

Le altre novità annunciate da Renzi in materia pensionistica troveranno probabilmente posto all'interno del disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione che l'esecutivo sta ancora mettendo a punto a Palazzo Chigi prima della sua presentazione alle Camere. In particolare candidate ad entrare in questo provvedimento c'è la possibilità di lavorare in forma part-time a cinque anni dalla pensione; l'estensione del pensionamento anticipato a 64 anni in favore dei lavoratori del pubblico impiego; la proroga dell'opzione donna. Misure che dovranno essere tuttavia confermate nei prossimi giorni dall'esecutivo.

Zedde

Ultime ore prima di conoscere le misure che il governo inserirà nero su bianco nel disegno di legge delega sulla Pubblica Amministrazione. Se ormai la partita sul decreto legge si è chiusa con la pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale lo scorso 24 Giugno del Dl 90/2014, cresce l'attesa per vedere il testo ufficiale del disegno "Repubblica Semplice" che l'esecutivo sta ancora mettendo a punto a Palazzo Chigi prima della sua presentazione alle Camere. Kamsin I due provvedimenti dovrebbero apportare alcune modifiche al sistema previdenziale.  Vediamole.

Estensione della pensione in deroga a 64 anni - Sul pensionamento anticipato il disegno di legge delega introduce rilevanti modifiche all'articolo 24, comma 15-bis del decreto legge 201/2011. II comma 5 dell'articolo 4 aggiunge un comma 15-ter al predetto articolo con il quale viene estesa anche al personale del pubblico impiego la possibilità di conseguire il trattamento pensionistico anticipato al compimento di una età anagrafica non inferiore a 64 anni a condizione che abbia maturato, entro il 31 dicembre 2012, la vecchia quota 96 (cioè 60 anni di eta e 36 di contributi o 61 anni di eta e 35 di contributi); per le donne requisiti ancora piu' agevoli fissati in 60 anni e 20 anni di contributi. La possibilità è attualmente infatti limitata ai soli lavoratori dipendenti del settore privato.

Proroga dell'Opzione Donna - Il comma 4 dell'articolo 4 del testo di delega prevede poi la possibilità di accedere, entro il 2018, al trattamento pensionistico anticipato in presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di una eta anagrafica pari o superiore a 57 anni e relativi adeguamenti dell'età previsti dalla normativa vigente, previa opzione per una liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole di calcolo del sistema contributivo. Si tratta, com'è noto del regime sperimentale donna, che verrebbe pertanto esteso anche in favore dei lavoratori uomini.  La misura è quella piu' in dubbio perchè il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia ha indicato la volontà dell'esecutivo di cassare la norma dal testo del disegno di legge. Attualmente quindi bisogna attendere per sapere se la misura sarà confermata o meno.

Il Part Time a 5 anni dalla Pensione - Al comma dell'articolo 4 del disegno di legge si prevede poi, per conseguire l'obiettivo di un ricambio generazionale l'introduzione della possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Nel quinquennio antecedente alla data di collocamento a riposo verrebbe consentito, al personale del pubblico impiego, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale con una prestazione lavorativa ridotta del 50%. All'atto del collocamento a riposo il dipendente avrà diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio a tempo pieno nell'ultimo quinquennio. Che tradotto significa che l'amministrazione continuerà a versargli i contributi pieni in modo che il lavoratore non subisca una penalità sulla rendita pensionistica.

Risoluzione del rapporto di lavoro - E' invece entrata subito in vigore, perchè contenuta nel decreto legge (articolo 1, comma 5 del Dl 90/2014), la proroga dell'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 72, comma 11, del decreto legge n. 112/2008. Si tratta della facoltà attribuita alle amministrazioni pubbliche di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro del dipendente, con un preavviso da notificare entro sei mesi, laddove il lavoratore abbia raggiunto la massima anzianità massima contributiva - con l'eccezione dei magistrati e docenti universitari. La facoltà può essere esercitata in pratica dove il dipendente abbia perfezionato i requisiti per l'accesso alla pensione anticipata sempre che, si ritiene, l'interessato non incappi nella penalizzazione di cui all'articolo 24, comma 10 del Dl 201/2011.

Abrogazione del trattenimento in servizio - E' l'altra novità entrata subito in vigore. La misura, contenuta ai commi 1-4 dell'articolo 1 del Dl 90/2014 mette fine alla possibilità per il dipendente pubblico di restare in servizio per un biennio (in alcuni casi sino a 5 anni) oltre i limiti di età previsti dalla normativa vigente. I trattenimenti già concessi cesseranno di avere effetto dal 31 Ottobre 2014 (31 Dicembre 2015 per alcune categorie di magistrati e militari). La misura renderà di fatto impossibile prorogare il rapporto di lavoro sino a 70 anni per maturare una pensione piu' elevata.

Zedde

Con le ultime novità contenute nel decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione approvato dal Cdm Venerdì 13 Giugno diventerà piu' difficile per i dipendenti del pubblico impiego fruire dell'incentivazione alla permanenza sul posto di lavoro sino all'età dei 70 anni. Kamsin Con l'eliminazione del trattenimento in servizio, seppur con talune gradualità in favore dei magistrati e di altre poche categorie "protette", il decreto Madia-Renzi fara' venir meno infatti uno dei punti di forza del Decreto Monti del 2011: l'incentivazione a restare al lavoro sino a 70 anni. 

Com'è noto la riforma Monti-Fornero ha "spronato" il proseguimento dell’attività lavorativa fino a 70 anni di età, con l'articolo 24, comma 4, secondo periodo del Dl 201/2011 in forza del quale il lavoratore può fruire di coefficienti di trasformazione piu' generosi tanto piu' elevata è l'età di collocamento a riposo. E quindi, in ultima analisi, il godimento di una pensione piu' ricca.

A dire il vero questa incentivazione non ha trovato vita facile per il pubblico impiego già con il Dl 101/2013. Infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione solo per il trattenimento in servizio o per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. In pratica attualmente un dipendente pubblico che abbia già raggiunto l'età pensionabile può comunque proseguire l’attività lavorativa oltre il limite ordinamentale - che per la maggior parte dei dipendenti pubblici è fissato a 65 anni - solo in caso di concessione del trattenimento in servizio.

Per questi soggetti pertanto l'abrogazione del trattenimento in servizio voluta da Renzi e Madia e contenuta nel decreto approvato la scorsa settimana dal Cdm si tradurrà nell'impossibilità di fatto di poter raggiungere, o almeno avvicinarsi, ai fatidici 70 anni incentivati dallo stesso decreto 201/2011 e di ottenere una pensione piu' elevata.

Nel pubblico impiego esistono però categorie di lavoratori per i quali il limite ordinamentale è più elevato dei 65 anni. Si tratta in particolare dei professori universitari, dei magistrati, degli avvocati e procuratori dello Stato, che in base ai rispettivi ordinamenti sono collocati a riposo al raggiungimento del limite dei 70 anni di età (salvo concessione ulteriore del trattenimento in servizio che può arrivare fino a 5 anni). Per questi soggetti è del tutto evidente che le tagliole del Dl 101/2013 e del Decreto sulla Pubblica Amministrazione Renzi-Madia non sortiscono grandi effetti dato che non mettono in discussione la possibilità di continuare a lavorare sino a 70 anni.

Con un beneficio notevole in termini economici. Per queste categorie di lavoratori lo stipendio aumenta infatti annualmente, salvo la vigenza degli attuali blocchi retributivi, in funzione degli adeguamenti inflattivi e sulla base di appositi decreti; e, cessando dal servizio con età particolarmente elevate, avranno coefficienti di trasformazione piu' elevati in grado di garantire una rendita previdenziale piu' succulenta.

Zedde

Sono una lavoratrice nata nel febbraio 1958 che per poco non riesce a centrare l'obiettivo di perfezionare la decorrenza entro il 31 Dicembre 2015 per fruire nell'opzione donna. Ho letto su diversi quotidiani tra cui il Corriere della Sera che il governo ha esteso con efficacia immediata l'opzione donna oltre il 2015 ed io quindi potrei essere interessata. Il programma "calcola quando si va in pensione" sul vostro portale però mi da' esito negativo come se non fosse cambiato nulla. Volevo sapere come stanno realmente le cose perchè non sene parla piu'. Grazie marilena Kamsin  A legislazione vigente non c'è alcuna proroga oltre il 31 Dicembre 2015 del regime sperimentale di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 243/04. L'ipotesi di una estensione a cui accenna la lettrice è contenuta in un disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione discusso nel corso del Consiglio dei Ministri lo scorso 13 Giugno 2014.  Il documento prevede la proroga del regime sino al 2018 in favore, e questa è la novità, anche dei lavoratori uomini.

L'ipotesi è stata però successivamente smentita dal Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia che ha indicato che nel corso del Cdm la misura è stata stralciata dal testo. Attualmente però, non essendo stato presentato alle Camere il testo ufficiale del disegno di legge adottato in tale sede, non risulta possibile verificare l'indicazione del ministro. Si ricorda tuttavia che il provvedimento è un disegno di legge e pertanto non avrebbe comunque avuto "efficacia immediata" come ha inteso la lettrice. Si precisa che la misura potrebbe essere inserita nel corso dell'esame parlamentare o in altri provvedimenti dell'esecutivo.


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Lo schema introdotto della legge Fornero, a due anni di distanza dal varo del decreto 201/2011 non è stato stravolto. Le ipotesi correttive che si sono susseguite in questi anni sono rimaste solo sulla carta perchè non hanno, sinora, trovato una sponda parlamentare in grado di tradurle in fatti. Kamsin E' questa, in sintesi, la fotografia del sistema previdenziale italiano all'indomani della Riforma Fornero, quel drammatico provvedimento che ha causato la perdita del sonno per moltissimi lavoratori.

In pratica non sono stati messi in discussione nè dal Governo Letta nè da Renzi i due capisaldi della Riforma. E cioè il metodo di calcolo contributivo pro rata per tutti (anche per coloro che erano stati esclusi dalla Dini del 1995) e l'aumento dell’età per il pensionamento, con un innalzamento anche dell’anzianità contributiva utile per l'accesso alla pensione anticipata.

In questo periodo l'unico fronte che ha registrato qualche sostanziale passo avanti è stato quello relativo ai cd. esodati: dai 65mila soggetti salvaguardati con la prima salvaguardia nel dicembre 2011 siamo arrivati a raddoppiare poco piu' il loro numero attraverso altri quattro provvedimenti ad hoc, l'ultimo varato nel dicembre 2013 con la legge 147/2013. Complessivamente sono poco piu' di 130 mila i lavoratori che potranno mantenere le vecchie regole di pensionamento, in via del tutto eccezionale. Un platea tutto sommato ristretta dato che gli interessati, secondo le stime della Cgil, sono oltre 250 mila, senza considerare il difficile iter che gli sventurati devono seguire per vedersi riconoscere la possibilità di accedere al beneficio.

All'appello, dispersi nel calderone delle politica romana, mancano soprattutto quei provvedimenti che dovebbero consentire un'uscita piu' flessibile, tanto sbandierati dalle forze politiche in questi mesi. Provvedimenti a carattere strutturale e non eccezionale che dovrebbero offrire una ciambella di salvataggio soprattutto a coloro che hanno perso il lavoro dopo il 2011.

Andremo invece incontro ad un inasprimento dei requisiti per l'ingresso alla pensione. A fine anno conosceremo molto probabilmente l'entità ufficiale del prossimo scatto sull'adeguamento alla stima di vita che prenderà effetto dal 1° gennaio 2016. Sulla carta sono previsti 4 mesi in piu' che si andranno ad aggiungere sia ai requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia sia ai requisiti contributivi previsti per la pensione anticipata. Non solo. Gli adeguamenti, in questa fase, sono triennali, poi diventeranno più frequenti, una volta ogni due anni con il rischio di una spirale senza fine. La riforma, peraltro, prevede solo ritocchi all’insù e non è prevista l’ipotesi di correzioni in diminuzione nel caso le tabelle sulla vita media mostrassero un andamento al ribasso. Nel 2015 aumentaranno i requisiti per la vecchiaia delle lavoratrici autonome e dipendenti in modo che, entro il 2018, i requisiti saranno allineati con quelli previsti per gli uomini. 

Per le donne si sta chiudendo inoltre la strada dell’opzione al contributivo, l'unica forma che attualmente consente di anticipare l'uscita (ma a caro prezzo) su cui si spera in una proroga. Il metodo è una sorta di "baratto": si anticipa un pò l'età per la pensione ma si accetta di avere un assegno calcolato con il sistema contributivo. In pratica, le donne possono optare per il contributivo avendo raggiunto i 57 anni e tre mesi , se dipendenti, e i 58 anni e tre mesi, se autonome. E 35 anni di contributi.

Zedde

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