Possono accedere all’incentivo i soggetti che nei cinque anni precedenti non siano stati residenti in Italia, che svolgano una attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano e che rivestano una qualifica per la quale sia richiesta una alta specializzazione e il titolo di laurea. Invertire la tendenza, però, non sarà semplice: secondo l’ultimo rapporto AlmaLaurea il 41% dei laureati emigrati all’estero vede molto improbabile il rientro in Italia, cui si aggiunge un ulteriore 39% che lo ritiene poco probabile. Eppure si tratta di una operazione necessaria: secondo l’Ocse, sommando la spesa sostenuta dallo Stato per consentire a un giovane di raggiungere il diploma e successivamente di laurearsi in Italia si spendono 164mila dollari, pari a circa 124mila euro, che anziché essere utilizzati qui vengono sfruttati altrove. Dal 2002 al 2011, infatti, i laureati over 25 che hanno scelto di emigrare sono stati più di 68mila. Gamsin Il decreto legislativo, nel suo complesso, intende rafforzare il ruolo che il fisco deve svolgere a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese: ridurre i vincoli alle operazioni transfrontaliere e creare un quadro normativo quanto più certo e trasparente per gli investitori. Il provvedimento che risulta dal secondo esame preliminare conferma le norme sul rafforzamento dei ruling internazionali, ossia accordi preventivi con il fisco per le imprese che detengono attività internazionali. I principali ambiti di operatività degli accordi preventivi riguardano la disciplina dei prezzi di trasferimento infragruppo, l’attribuzione di utili e perdite alle stabili organizzazioni, la valutazione preventiva dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio italiano, l’individuazione, nel caso concreto specifico, delle norme sull’erogazione o la percezione di dividendi, royalties, interessi e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti.
Il decreto introduce anche l’istituto dell’interpello per le società che effettuano nuovi investimenti, per dare certezza in merito ai profili fiscali del piano di sviluppo che si intende attuare. Fondamentale a tal fine è la presentazione da parte dell’investitore di un business plan con la descrizione dell’ammontare dell’intervento, i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso, l’incremento occupazionale e i riflessi che esso ha sul sistema fiscale italiano. Per l’accesso all’istituto è prevista una soglia minima di 30 milioni di euro per l’investimento, che può consistere anche nella ristrutturazione di imprese in crisi qualora ci siano effetti positivi sull’occupazione. La risposta scritta e motivata dell’Agenzia delle entrate è resa entro centoventi giorni , prorogabili di ulteriori novanta, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni.