Incentivo all'esodo, attenzione alla riliquidazione dell'imposta

Bernardo Diaz Giovedì, 13 Agosto 2015
Dopo circa 4 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro l'Agenzia delle entrate ricalcola l'aliquota di riferimento da applicare utilizzando l'aliquota media dell'ultimo quinquennio antecedente all'erogazione.
Com'è noto l’incentivo all’esodo è una somma  aggiuntiva, rispetto alle normali competenze spettanti, offerta al dipendente che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, a titolo di corrispettivo per esodo volontario. E' un caso molto frequente nelle relazioni lavorative attuali con la quali le parti, datore e prestatore, raggiungono un accordo per risolvere consensualmente il rapporto di lavoro.

Le somme vengono trattate, sotto il profilo fiscale, come il trattamento di fine rapporto (articolo 19, comma 2 del Tuir) e, pertanto, le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo sono soggette al meccanismo della tassazione separata. 

Questa circostanza comporta che l'aliquota che sarà applicata al momento della cessazione dal rapporto di lavoro risulterà determinata infatti provvisoriamente con riferimento "all'anno in cui e' maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici" (articolo 19, comma 1 del Tuir). In sostanza il prelievo fiscale varia a seconda del numero di anni e frazioni di anni di anzianità di servizio con il risultato di portare ad una tassazione che - nella maggior parte dei casi – è sensibilmente più bassa dell'aliquota Irpef ordinaria.

L'aliquota applicata è però provvisoria. L'amministrazione fiscale provvederà - in genere dopo quattro anni dalla cessazione del rapporto di lavoro - a riliquidare l'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui e' maturato il diritto alla percezione, "iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti" (articolo 19, comma 1 del Tuir).

Sostanzialmente l'Agenzia delle Entrate ricalcola l'aliquota di riferimento da applicare prendendo a riferimento l'aliquota media dell'ultimo quinquennio antecedente all'erogazione. E quindi, se ad esempio negli ultimi cinque anni si è pagata una aliquota Irpef media pari al 25,83% ma l'aliquota provvisoria applicata è stata del 23% il contribuente sarà chiamato a compensare il debito fiscale maturato tra l'applicazione dell'aliquota provvisoria e quella definitiva ricalcolata dall'entrate.

Un meccanismo che può determinare il pagamento di alcune migliaia di euro soprattutto qualora i redditi percepiti nell'ultimo quinquennio siano particolarmente elevati e lo spread tra aliquota provvisoria ed effettiva sia ampio. Ovviamente si può verificare anche il caso inverso con il contribuente che matura un credito dovuto all'applicazione di un'aliquota provvisoria superiore a quella definitiva.

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