La questione riguardava la posizione previdenziale di una lavoratrice socia accomandataria di una SAS la cui attività sociale era limitata alla locazione di alcuni uffici siti in un complesso immobiliare a Torino ed alla riscossione del relativo canone, senza assunzione dei rischi relativi alla gestione aziendale ed in mancanza, peraltro, di prevalente ed abituale partecipazione personale all’esercizio dell’attività aziendale. L'Inps aveva preteso il pagamento dei contributi previdenziali per l'attività svolta ravvisando gli estremi per l'iscrizione presso la gestione commercianti. La questione era sfociata in un giudizio nel quale l'Inps era risultata soccombente sia in primo che in secondo grado salvo poi ricorrere per Cassazione. I giudici di Piazza Cavour hanno però accolto le doglianze della lavoratrice respingendo in via definitiva la tesi dell'Inps.
La questione
L'Inps aveva motivato la pretesa contributiva sulla base del fatto che il socio di una società di persone (SNC o SAS) sia per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti, perché l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente è "in re ipsa", ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere socio con poteri di gestione della società. Dunque non necessita ulteriori approfondimenti o dimostrazioni. Secondo l'Inps, inoltre, l’attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, ha natura commerciale ed è dimostrata anche dalla natura giuridica della società che, per l'appunto, aveva assunto la forma dell'accomandita semplice e non della società semplice evidenziando, pertanto, la natura commerciale dell'attività. Da qui scaturiva l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti dell'Inps.
La motivazione
Secondo la Corte di Cassazione la tesi proposta dall'Istituto di Previdenza non regge. L'articolo 1, co. 203 della legge 662/1996 ha, infatti, indicato che il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato prima di tutto lo svolgimento di un’attività commerciale circostanza che, nel caso di specie, è stata esclusa dal giudice di primo grado. Il tribunale del lavoro aveva infatti osservato che l'attività della socia accomandataria non era diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diversa da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’immobile nella disponibilità della stessa e che, pertanto, tale attività non potesse essere inquadrata nell'ambito di un'attività commerciale.
Tale decisione, ricordano i giudici, è in linea con il principio già espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’11 febbraio 2013). Secondo i giudici non può neppure invocarsi la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice.
La corte di Cassazione ha inoltre ricordato che, oltre alla natura commerciale dell'attività svolta in concreto dalla società, per far sorgere il presupposto contributivo è altresì necessario che l'attività del socio sia svolta in maniera abituale e prevalente giusto quanto indicato dall'articolo 1, co. 203 della legge 662/1996. Proprio con riferimento alle SAS, pertanto, ricordano i giudici "la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall'istituto". Tale prova, non è stata fornita in occasione del giudizio di merito. In tale sede fu invece accertato che la socia accomandataria si limitasse a riscuotere il canone della locazione degli immobili e che tale attività non si qualificasse per la partecipazione al lavoro aziendale con i caratteri dell’abitualità e prevalenza, come richiesto dalla predetta disposizione normativa.