La questione verteva sulla necessità di computare o meno i redditi del coniuge al fine di conseguire il diritto alla pensione di invalidità civile a seguito dell'intervento disposto dal legislatore con il decreto legge 76/2013. Tale provvedimento ha infatti reso irrilevante il reddito del coniuge per conseguire la provvidenza economica. Ma secondo i giudici il reddito del coniuge deve essere considerato per la concessione delle prestazioni sino al 28 giugno 2013, data di entrata in vigore del predetto disposto normativo.
La vicenda. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Messina rigettava l'appello dell'Inps avverso la sentenza del Tribunale di Patti che aveva accolto la domanda proposta e riconosciuto il diritto dell'invalida a percepire la pensione di invalidita' civile ritenendo, che, oltre ad essere in possesso delle condizioni sanitarie prescritte sussistesse anche il requisito reddituale non dovendovi computare nell'accertamento i redditi percepiti dal coniuge. Avverso detta sentenza l'Istituto soccombente aveva fatto ricorso lamentando che in violazione della legge si è ritenuto che il limite reddituale non fosse comprensivo dei redditi del coniuge, ritenendosi rilevante solo il reddito individuale.
I giudici precisano che con l'intervento del 2013 il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice. Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purché il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso.
Secondo la Corte, in esito all'entrata in vigore delle citate disposizioni, dal 28 giugno 2013, si deve ritenere che: 1) il riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità sia condizionato oltre che dalla totale invalidità anche dal possesso di un reddito personale dell'invalido non superiore, per l'anno in corso ad € 16.127,30; 2) la disposizione si applica anche alle domande amministrative presentate prima del 28 giugno 2013 ed a tutte le domande giudiziarie non ancora definite; 3) ove l'Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili a condizione che il reddito personale dell'invalido fosse inferiore al limite annualmente previsto.
In conclusione, sulla base delle esposte argomentazioni, i giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso rinviando ai giudici merito la questione indicando che questi si debbano uniformare al seguente principio di diritto: "Ai fini dell'accertamento del requisito reddituale previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità a norma della L n. 118 del 1971, art. 12 deve farsi riferimento all'anno da cui decorre la prestazione e deve tenersi conto non solo del reddito personale dell'invalido, ma anche di quello eventuale del coniuge fino alla data di entrata in vigore dello ius superveniens (DL. n. 76 del 2013, art. 10), che ha dato rilievo, ai fini del riconoscimento del diritto a pensione a decorrere da quella medesima data, al solo reddito del soggetto interessato, con esclusione di quello percepito da altri componenti del suo nucleo familiare".