La questione verteva, in particolare, circa la possibilità per le mamme straniere extracomunitarie legalmente soggiornanti in Italia ma non titolari del permesso di soggiorno per lungo periodo di conseguire il bonus una tantum di 800 euro in occasione della nascita del bimbo. Per la Corte d’Appello di Milano valgono gli stessi argomenti contenuti nell’ordinanza del tribunale, secondo i quali, la limitazione al sostegno economico solo a coloro che siano titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo corrisponde ad un “atto discriminatorio” e non consentito dall'ordinamento nazionale e comunitario.
Per i giudici d'Appello è, peraltro, del tutto arbitrario che la Circolare Inps 39 del 27 Febbraio 2017 in accordo con il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri abbia fatto riferimento ai requisiti richiesti dall'articolo 1, co. 125 della legge 190/2014 in materia di bonus bebe', dato che l'articolo 1, co. 353 della legge 232/2016, nel disciplinare la misura, nulla dispone al riguardo. "Così facendo - si legge nelle motivazioni della sentenza - l'Inps si è arrogata il potere di imporre in sede amministrativa condizioni o requisiti che la legge non ha né previsto né disciplinato, di introdurre modifiche a una norma di fonte primaria e di restringere, di conseguenza, la platea delle destinatarie del beneficio". "Del tutto condivisibile è pertanto l’affermazione del tribunale della illegittimità della condotta dell’Istituto ravvisabile proprio nell’aver voluto emettere circolari, aventi natura regolamentare, che attribuiscono alla legge un contenuto diverso da quello espresso dal legislatore" spiegano i giudici.
Oltre alla violazione della legge la Corte d'Appello denuncia pure il carattere discriminatorio dell'Istituto di Previdenza nei confronti delle madri straniere. "Il criterio indicato dall'Inps si scontra con il fatto che alle donne straniere verrebbe richiesto di risiedere in Italia da almeno 5 anni mentre alle donne italiane e a quelle comunitarie basterebbe risiedere in Italia da un giorno per poter ottenere il premio. "Ne consegue - precisa la Corte d'Appello - che la individuazione dei requisiti fatta da Inps, oltre che illegittima per le ragioni sopra esposte, va qualificata come discriminatoria escludendo dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione, una parte delle donne residenti in Italia per le quali ricorrono le condizioni previste dall’art. 1, comma 353, L. 232/2016".
Va segnalato che la tesi è stata smontata recentemente anche con riferimento al bonus bebè: il Tribunale di Bergamo ha, infatti, riconosciuto il diritto ai genitori stranieri titolari del permesso unico di lavoro di ottenere anche l'assegno di natalità, cioè gli 80 euro al mese per i primi tre anni di vita del bambino in quanto l'articolo 1, co. 125 della legge 190/2014 non è conforme al diritto comunitario. Confermando così le ragioni delle madri straniere.