La questione
La questione riguarda la misura introdotta dall'articolo 1, co. 125 della legge 190/2014 per incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno. La disposizione da ultimo richiamata ha previsto la corresponsione per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 un assegno di importo pari a 960 euro annui erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o di adozione; tale assegno è corrisposto fino al compimento del terzo anno d’età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione, per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’UE o di cittadini di Stati extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, residenti in Italia e a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L'importo viene raddoppiato se l'Isee risulta inferiore a 7mila euro. La misura, come noto, è stata recentemente prorogata anche per il 2018 dopo alcuni alterchi politici.
A seguito della predetta disposizione legislativa una famiglia straniera titolare del permesso unico di lavoro si è vista, pertanto, respingere dall'Inps la richiesta di conseguimento del bonus nonostante risultasse in possesso di tutte le altre caratteristiche chieste della legge. Contro il rigetto dell'Istanza la famiglia ha, dunque, proposto ricorso al Tribunale di Bergamo assistita della associazioni di categoria lamentando la violazione del diritto comunitario. E i giudici gli hanno dato ragione.
La decisione
Secondo il Tribunale di Bergamo, infatti, l’art. 12 dir. 2011/98/UE, anche se non recepito nel nostro ordinamento nonostante l’emanazione del d.lgs. 40/2014 e la scadenza dei termini, stabilisce che i soggetti di cui all’art. 3 § 1 lett. b) e c) (cioè "i cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento CE 1030/2002" e "i cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale") "beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne ... e) i settori della sicurezza sociale come definiti dal regolamento CE 883/2004", tra i quali certamente rientra la prestazione ex art. 1 c. 125 l. 190/2014, riconducibile alle "prestazioni familiari" di cui all’art. 3 c. 1 lett. j) e 1 lett. z) reg. 883/04/CE. Il Tribunale di Bergamo osserva come la disposizione comunitaria ha efficacia diretta nell’ordinamento interno, in quanto chiara e incondizionata (di immediata applicabilità); ne consegue che tutti gli organi dello Stato, comprese le PP.AA., hanno l’obbligo di applicarla direttamente e la disposizione nazionale contrastante, gerarchicamente subordinata, deve essere disapplicata.
Pertanto la disposizione di legge 190/2014 nella parte in cui riconosce il c.d. bonus bebé ai figli di cittadini di stati extracomunitari titolari di permesso di soggiorno UE per i soggiornanti di lungo periodo ex art. 9 d.lgs. 286/1998 contrasta con quanto disposto dalla dir. 2011/98/UE, che riconosce la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro di soggiorno in materia di sicurezza sociale ai cittadini di paesi terzi "lavoratori" (secondo la definizione di cui art. 3 § 1 lett. b) e c).
La decisione non sorprende dato che, recentemente, il Tribunale di Milano aveva statuito in maniera del tutto analoga con riferimento alla concessione del premio alla nascita (gli 800 euro una tantum) alle mamme straniere legalmente soggiornanti nel nostro paese. Come accaduto in tale occasione l'Inps si dovrà adeguare riconoscendo prima di tutto il bonus nei confronti della famiglia ricorrente, dando adeguata pubblicità sulla corretta individuazione dei soggetti legittimati, aggiornare i moduli on line di richiesta della prestazione e consentendo il riesame delle istanze in precedenza respinte previa richiesta dei diretti interessati.