A frenare il trasferimento del Tfr nel 60% dei casi è stata la tassazione ordinaria ritenuta troppo penalizzante al posto di quella separata a cui queste somme sarebbero tassate se il lavoratore decide di lasciare il Tfr al suo posto. L'anticipo del Tfr in busta paga, del resto, ricordano dalla Fondazione Studi risulta conveniente solo per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro mentre subiscono un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriva a 569 euro l'anno (1.895 euro in meno per il periodo marzo 2015-giugno 2018).
L’identikit dei lavoratori richiedenti registra il 75% delle adesioni al Centro nord ed il 25% al Sud. Quasi la maggioranza, pari al 43%, è impegnato nel commercio, nel terziario e nel turismo, il 18% appartiene all'industria, il 9% alla piccola industria, il 12% all'artigianato, mentre il 18% rientra in altre categorie. Analizzando le fasce di reddito dei lavoratori richiedenti, l'Osservatorio rileva che il 50% ha un reddito pari a 30mila euro.
"E' evidente che in alternativa alla liquidazione del Tfr di un periodo futuro fino a giugno 2018 con forti penalizzazioni, il lavoratore preferisca richiedere una parte del Tfr accantonato in azienda o presso i fondi pensione" spiegano dalla Fondazione.
Le motivazioni previste dalla legge per chiedere l'anticipo sono l'acquisto della casa per sé o per i figli, la ristrutturazione o le spese mediche ma il datore di lavoro può decidere di anticipare la liquidazione anche per altre ragioni. "L'aumento delle richieste - afferma il presidente della Fondazione Studi, Rosario De Luca - deriva anche dal fatto che è comunque consentito, aldilà delle condizioni di legge, - al lavoratore e al datore di lavoro trovare un accordo tramite il quale superare i vincoli indicati e erogare quindi il Tfr in anticipo".