In talune circostanze una lavoratrice dipendente incinta potrebbe non essere in grado di proseguire il lavoro fino al termine del settimo mese per poi assentarsi dal lavoro nei due mesi restanti. In questo caso è utile ricordare che è possibile ottenere dalle amministrazioni pubbliche l'ampliamento del periodo di lontananza dal lavoro senza, però, perdere il diritto all'indennità di maternità pagata dall'Inps. Kamsin Questa assenza anticipata può essere disposta in tre casi: a) dalla Asl, nel caso di gravi complicazioni della gravidanza o di preesistenti forme morbose che potrebbero essere aggravate dal particolare stato della donna; b) dalla Direzione territoriale del lavoro, quando le condizioni di lavoro sono di pregiudizio alla salute della donna e del bambino, oppure quando la donna, addetta a lavori pesanti, pericolosi o insalubri, non possa essere spostata ad altre mansioni.
Questo stato precario di salute della donne potrebbe poi incidere pesantemente sul parto, che comunque è sempre un rischio non legato alle precedenti vicende di salute. Perciò il testo unico sulla maternità e paternità prevede quattro casi in cui sia il padre ad avere diritto al congedo post-partum, indipendentemente dal fatto che la madre ne abbia diritto in quanto lavoratrice. Il padre ne ha diritto quando la madre abbia una grave infermità che le consente di assistere il neonato; in caso di premorienza della madre o di abbandono del figlio; in caso di affidamento del figlio in via esclusiva al padre. In queste ipotesi passa all'uomo il diritto di restare a casa fruendo della indennità Inps. Diritto che viene riconosciuto fino al terzo mese di vita del figlio o per la minore parte residua che sarebbe spettata alla madre.
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