Come noto secondo quanto dispone attualmente l'articolo 21 del Dlgs 148/2015 l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere chiesto solo nei casi di riorganizzazione o di crisi aziendale, con la precisazione che, per quest'ultima ipotesi, rimangono esclusi i casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa. L'intervento del Governo GialloVerde prova ad ampliare la platea dei destinatari andando in controtendenza rispetto alla Riforma dell'esecutivo Renzi. Obiettivo concedere l'ammortizzatore sociale per garantire un sussidio “ponte” a quei lavoratori coinvolti in crisi aziendali pesanti, in attesa di una loro ricollocazione, in caso di cessazione dell'attività.
Per far scattare il sussidio occorre un accordo in sede governativa al ministero del Lavoro, assieme a Mise e regione interessata. La richiesta, stabilisce la norma, è possibile nel caso in cui l'impresa abbia cessato oppure cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attivita' con conseguente riassorbimento occupazionale, secondo le disposizioni del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 25 marzo 2016, n. 95075, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 24 maggio 2016, oppure laddove sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, nonche' in alternativa attraverso specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla Regione interessata, nel limite delle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 21, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e non utilizzate, anche in via prospettica. La norma stabilisce che in sede di accordo governativo e' verificata la sostenibilita' finanziaria del trattamento straordinario di integrazione salariale e nell'accordo e' indicato il relativo onere finanziario con un monitoraggio da parte dell'Inps del limite di spesa.
I criteri autorizzatori in caso di cessione attività
Nel caso di cessione dell'attività i criteri di autorizzazione dell'intervento sono quelli già ripresi nel decreto ministeriale numero 95075/2016 con il quale erano state fornite le istruzioni per la proroga dell'intervento salariale straordinario qualora, all'esito di un programma di crisi aziendale, l'impresa cessi l'attivita' produttiva e proponga concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda stessa e il conseguente riassorbimento del personale. In tale sede era stata autorizzata la concessione dell'integrazione sino ad un limite massimo complessivo di dodici mesi per le cessazioni di attivita' intervenute nell'anno 2016, di nove mesi per le cessazioni di attivita' intervenute nell'anno 2017 e di sei mesi per quelle intervenute nell'anno 2018.
In particolare secondo quanto già previsto in passato dal citato Dm 95075 per l'autorizzazione è necessario che congiuntamente ricorrano le seguenti condizioni:
a) per l'aggravarsi delle iniziali difficoltà e l'impossibilità di portare a termine un eventuale piano di risanamento originariamente predisposto, l'impresa decida di cessare l'attività produttiva e, contestualmente, evidenzi concrete e rapide prospettive di cessione azienda;
b) sia stipulato uno specifico accordo presso il ministero del lavoro con la presenza di quello dello sviluppo economico e della regione interessata (la regione, cioè, nel cui territorio sia localizzata l'impresa che chiuda i battenti);
c) sia presentato un piano di sospensione dei lavoratori ricollegabili nell'entità e nei tempi alla cessione aziendale e ai nuovi interventi programmati;
d) sia presentato un piano per il riassorbimento occupazionale dal cessionario, garantito con l'espletamento tra le parti della procedura sindacale per il trasferimento di azienda (ex art. 47 della legge n. 428/1990).