Secondo i giudici i lavoratori dipendenti iscritti alla previdenza pubblica obbligatoria (Ago) e alla gestione separata non hanno alcun diritto potestativo a posticipare il collocamento a riposo a 70 anni: il richiamo del legislatore ai «limiti ordinamentali» vuol dire che «l'incentivazione» al prolungamento del rapporto non deve entrare in contrasto con le disposizioni che regolano gli specifici comparti e/o le esigenze organizzative del datore di lavoro. Pertanto per il lavoratore non c'è alcun automatismo in quanto la norma del Salva Italia prefigura solo la formulazione di condizioni previdenziali che costituiscano un incentivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro per un lasso di tempo che può estendersi fino a settant'anni. E in ogni caso soltanto se le parti stabiliscono in modo consensuale la prosecuzione del rapporto sulla base di una reciproca convenienza.
La norma, precisano i giudici, offre solo la “possibilità che, grazie all’operare di coefficienti di trasformazione calcolati fino a 70 anni, si creino le condizioni per consentire ai lavoratori interessati la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti previsti dalla disciplina del settore”, ma sempreché vi sia una concorde valutazione delle parti (datore di lavoro e dipendente) “sulla base di una reciproca valutazione di interessi”. GamsinLa sentenza - scaturita dal licenziamento di un giornalista - si pronuncia anche sull’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, che ha natura privata, essendo ricompreso nell’elenco degli enti privatizzati con il Dlgs 509/1994, anche se l’istituto «ha sempre gestito e continua a gestire una forma sostitutiva dell’Ago», l'assicurazione generale obbligatoria coperta dall’Inps. Per le Sezioni unite, i giornalisti, obbligatoriamente iscritti all’Inpgi, non sono dunque ricompresi tra i lavoratori destinatari della possibilità (rimessa, come visto, a un accordo tra le parti) di continuare a lavorare fino a 70 anni. Questa chance è prevista solo per gli iscritti alla previdenza pubblica, gestita dall’Inps.
Dal perimetro della sentenza restano fuori anche i dipendenti pubblici per i quali l'incentivazione offerta dal Salva Italia già era inattiva dal Decreto D'Alia del 2013. Nel decreto in parola si era precisato che i limiti di permanenza in servizio nelle pubbliche amministrazioni - cioè 65 anni almeno nelle generalità delle pubbliche amministrazioni - possono essere superati solo per far acquisire il diritto a pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi) e mai per raggiungere l'età dei 70 anni. Con queste ultime precisazioni, pertanto, la possibilità di rimanere in servizio sino ai 70 anni viene, sostanzialmente, fortemente compressa.