Nessuna riforma strutturale come preannunciato, ma Legge di Bilancio 2022, pubblicata in Gazzetta il 31 dicembre, porta con sé una serie di aggiustamenti e correttivi al reddito di cittadinanza , dalla stretta sui controlli per scongiurare irregolarità agli interventi volti, almeno sulla carta, a spronare i beneficiari a trovare un’occupazione.
Inclusa nel pacchetto, tra gli altri, c’è la riduzione progressiva dell’assegno a partire dal rifiuto alla prima offerta di lavoro congrua (art. 1 comma 76 e ss. legge n. 234/2021). Sulla stessa linea le ulteriori novità contenute nel testo definito della Manovra, dalla revoca del beneficio al secondo diniego, e non più al terzo, e del restyling in un’ottica più restrittiva del concetto di congruità riferito alla seconda offerta di lavoro.
Preso in prestito dalla disciplina dell’indennità di disoccupazione, il meccanismo di decalage si innesca solo in presenza di determinate condizioni e consiste in una decurtazione di 5 euro sull’importo riconosciuto a titolo di reddito di cittadinanza. Al secondo rifiuto, e non più al terzo come prima della modifica, scatta direttamente la revoca.
Come funziona il decalage
Dal 1° gennaio 2022, il taglio dei 5 euro si applica all’assegno accreditato il mese successivo al diniego. Una decurtazione che si sospende solo quando almeno un componente del nucleo familiare abbia avviato attività da lavoro dipendente o autonomo con effetto, anche qui, a partire dal mese successivo in cui sia iniziata tale attività. Il che significa che l’importo, per tutta la durata residua della prestazione, resta quello ridotto dal decalage.
Ma attenzione, la riduzione mensile ha luogo nei confronti di tutti i nuclei familiari percettori del reddito di cittadinanza che presentano le seguenti caratteristiche:
- sono composti esclusivamente da individui occupabili e quindi tenuti alla sottoscrizione del Patto per il Lavoro (sono esclusi, ad esempio, i beneficiari della PdC ovvero i beneficiari del Rdc titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità);
- non vi fanno parte minori di 3 anni, disabili gravi o non autosufficienti a fini ISEE (così come inquadrati dall’allegato 3 del DPCM n. 159/2013);
- hanno diritto al sussidio per un importo non inferiore a 300 euro che, per i nuclei con più componenti, deve essere moltiplicato per la scala di equivalenza corrispondente. Un minimo al di sotto del quale l’assegno non potrà scendere neanche a seguito dell’applicazione dello stesso decalage.
Con la medesima funzione di deterrente l’ulteriore modifica introdotta dalla Manovra che, difatti, ha ristretto anche le maglie della decadenza del beneficio anticipandola al rifiuto della seconda offerta di lavoro e non più alla terza, come previsto in precedenza. Il tutto affiancato da una revisione significativa della definizione di congruità i cui limiti si fanno più stringenti.
Come cambia l’offerta di lavoro congrua
In particolare, viene soppresso il riferimento al periodo in cui deve intervenire l’offerta – durante o dopo i primi 12 mesi della prestazione – a seconda del quale in precedenza si modificavano i criteri di congruità.
Ora, a prescindere dal momento in cui interviene, la prima offerta viene considerata congrua quando la sede di lavoro si trova a 80 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario – e non più a 100 chilometri – o comunque sia raggiungibile con i mezzi pubblici in massimo 100 minuti. La seconda offerta, invece, non è soggetta a limiti geografici e si ritiene sempre congrua quando proviene da tutto il territorio nazionale.
In ogni caso, che sia prima o seconda, l’offerta di lavoro che riguardi un rapporto di lavoro a tempo determinato o part-time, nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 25 del D. lgs. n. 150/2015, si considera congrua quando il luogo di lavoro non sia lontano più di 80 chilometri dalla residenza o sia comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici.