Lavoro

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Una circolare del Ministero del Lavoro precisa gli effetti della Riforma dei trattamenti in deroga. Gli studi professionali e i sindacati restano fuori dai benefici.

Kamsin Sindacati e studi professionali restano fuori dagli ammortizzatori in deroga. E' quanto ha ribadito il ministero del lavoro nella nota prot. n. 5425/2014 con cui ha risposto a diversi quesiti posti delle regioni in merito agli aspetti operativi del Dm 83473/2014, il provvedimento ce ha riformato i criteri per la concessione di cig e mobilità in deroga. I professionisti e i sindacati, pertanto, non vi possorio far ricorso, dato che i trattamenti sono riservati esclusivamente alle imprese. Tra queste sono inclusi anche i c.d. piccoli imprenditori, che sono i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani e i piccoli commercianti perché anche loro sottoposti allo statuto generale dell'imprenditore.

Inoltre, precisa la circolare, possono farvi ricorso anche le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, con riferimento ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, in quanto anch'esse rientranti nella nozione d'impresa di cui al codice civile. Il ministero precisa, infine, che invece sono esclusi dal campo di applicazione gli studi professionali e le associazioni dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.

In base ai nuovi criteri, la fruizione della cig in deroga è possibile a condizione che l'impresa abbia previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità (ferie residue e maturate, permessi, banca ore, ecc.). Il ministero precisa che tra gli strumenti ordinari di flessibilità si inseriscono anche gli istituti di fonte contrattuale. Inoltre, che per ferie residue e maturate si devono intendere quelle residue dell'anno precedente e quelle maturate fino alla data d'inizio delle sospensioni, mentre sono da escludersi le ferie programmate che coincidono ad esempio con le chiusure aziendali.

Il ministero precisa, ancora, che cig e mobilità in deroga non possono essere concessi in favore dei lavoratori per i quali ricorrono le condizioni di accesso alle analoghe prestazioni previste dalla normativa vigente. Pertanto è da escludersi la concessione della mobilità in deroga ai lavoratori in possesso dei requisiti per accedere prioritariamente alla mobilità ordinaria (ex legge n. 223/1991), alle indennità Aspi e MiniAspi, alle indennità di disoccupazione agricola con requisiti ordinari e ridotti.  Parimenti, secondo la circolare, non è possibile concedere la mobilità in deroga a seguito della conclusione della fruizione di quella ordinaria, dell'indennità Aspi o MiniAspi, delle indennità di disoccupazione agricola.

Per quanto riguarda, infine, la durata, secondo il ministero in riferimento ai lavoratori che, alla data di decorrenza della mobilità, abbiano già fruito di tali prestazioni (mobilità in deroga) per un periodo inferiore a tre anni, può essere concesso, nel corso dell'anno 2014 (gennaio/dicembre senza possibilità di proroga nel 2015), per un ulteriore periodo di sette mesi non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi per i lavoratori residenti nel Mezzogiorno (ex dpr n. 218/1978). La durata massima consentita è calcolata considerando anche tutti i periodi di mobilità già concessi nell'annualità di riferimento per effetto di accordi stipulati in data anteriore all'entrata in vigore del decreto.

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Da sciogliere ancora il nodo sulle piccole imprese, quelle sotto i 16 dipendenti per le quali oggi non trova applicazione l'articolo 18. Possibile un dimezzamento degli indennizzi ed un tetto a 6 mensilità.

Kamsin La vigilia di Natale arriverà il primo decreto attuativo del Jobs act, quello sul contratto a tutele crescenti, uno dei più delicati. E' quanto si apprende oggi da fonti vicino all'esecutivo che confermano come il governo voglia accelerare sulla riforma del mercato del lavoro.

Obiettivo: fare in modo che da gennaio le nuove norme siano pienamente operative così da produrre il più presto possibile i primi effetti sull’occupazione. Ieri mentre il ministro del Lavoro Giuliano Poletti annunciava la convocazione delle parti sociali a le parti sociali per i decreti Palazzo Chigi per venerdì mattina, c'è stato un vertice Renzi-Poletti-Delrio proprio sui decreti attuativi. Renzi ha usato il plurale, ma in realtà la settimana prossima dovrebbe essere pronto un solo decreto: quello sul contratto a tutele crescenti.

Con la Riforma le tutele dell’art.18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio».

L'indennizzo che si ipotizza sarà pari ad una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese. A differenza di quanto avviene ora, il reintegro non sarà più possibile nemmeno se la motivazione è «manifestamente insussistente».

Stessa sorte anche per i licenziamenti disciplinare anche se la legge 183/2014 salva la reintegra per «specifiche fattispecie. In queste circostanze, che dovranno essere individuate nel decreto legislativo, il giudice potrà disporre ancora il reintegro al posto di lavoro. Gli altri decreti, a cominciare dalla riforma Aspi, dovrebbero arrivare invece nei primi mesi del 2015.

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A novembre sono state autorizzate complessivamente 85,0 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, con una diminuzione del -26,9% rispetto allo stesso mese del 2013, quando ne erano state autorizzate 116,3 milioni. Kamsin E' quanto ha comunicato l'Istat sottolineando che rispetto al mese di ottobre 2014, i dati destagionalizzati evidenziano una variazione congiunturale pari al -28,4%, per il totale degli interventi di cassa integrazione.

Le ore di cassa integrazione ordinaria (Cigo) autorizzate a novembre sono state 19,7 milioni, mentre un anno prima - nel mese di novembre 2013 - erano state 26,6 milioni: di conseguenza, si e' avuta una diminuzione tendenziale del -26,0%. In particolare - spiega l'Inps - la variazione tendenziale e' stata pari al -24,8% nel settore industria e al -30,2% nel settore edilizia. Le variazioni congiunturali calcolate sui dati destagionalizzati registrano, rispetto al precedente mese di ottobre 2014, un lieve decremento, pari al -0,2%.

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Arriva in Gazzetta Ufficiale il Jobs Act, la legge contenente le deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attivita’ ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.

Kamsin E' stata pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale la legge 183/2014, la Delega in materia di Riforma del Mercato del Lavoro e degli ammortizzatori sociali (il cd. Jobs Act). La legge è entrata in vigore oggi, 16 Dicembre 2014. Il Jobs Act, lo si ricorda, contiene la piu' importante riforma del mercato del lavoro da diverso tempo a questa parte.

C'è il contratto a tutele crescenti, il superamento (quasi definitivo) dell’articolo 18 e quindi del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato, le nuove regole sul demansionamento e sui controlli a distanza. La riscrittura delle norme sugli ammortizzatori sociali, il riordino dell'Aspi, i servizi per il lavoro e le politiche attive, il codice semplificato delle discipline e delle tipologie contrattuali.

Per i neoassunti con contratto a tutele crescenti - ed è questo il passaggio sul quale si sono registrate le maggiori tensioni politiche - cambierà la disciplina sulla tutela reale in caso di illegittimo licenziamento (cioè l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori).

Per produrre i primi effetti concreti, però, bisognerà attendere almeno un mese. Si tratta di un disegno di legge delega, che si limita a indicare i principi generali della riforma. Saranno poi almeno sei decreti delegati a definire i dettagli. La palla, stavolta, è direttamente nelle mani del governo. E alle Camere resta solo un parere non vincolante.

Il primo decreto delegato è atteso dal Cdm che si riunirà a metà dicembre e riguarderà il contratto a tutele crescenti; l'obiettivo è far entrare in vigore lo strumento che rivede l'articolo 18 già dal prossimo anno. Ma in ogni caso, come ha affermato il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, entro tre mesi tutti i decreti attuativi della riforma saranno pronti.

Qui il testo ufficiale della legge 183/2014

In attesa dei provvedimenti attuativi ecco l'ABC di pensionioggi.it delle novità contenute nella legge delega di riforma del lavoro. guidariformalavoro

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La Delega sulla Riforma del Lavoro prevede l'armonizzazione della disciplina Aspi relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi.

Kamsin Entro la prossima primavera l'esecutivo metterà mano all'Aspi, esercitando la Delega prevista nella legge sulla Riforma del Mercato del Lavoro, il cd. Jobs Act, approvata agli inizi di Dicembre dal Parlamento. La bozza di decreto legislativo potrebbe essere già licenziata durante il prossimo Cdm previsto per il 22 Dicembre e, quindi, passare all'esame delle Commissioni Parlamentari per il definitivo via libera entro Gennaio.

L'obiettivo del Governo è di avviare entro giugno la riforma delle tutele che possono essere concesse ai disoccupati e a coloro hanno perso il posto di lavoro "involontariamente". In attesa del decreto attuativo che fisserà puntualmente le condizioni e i requisiti per la nuova Aspi vediamo quali sono i punti cardine della Riforma.

In primo luogo la Delega prevede il superamento dell'attuale Aspi e mini-Aspi e l'introduzione di un unico ammortizzare sociale la cui durata sarà variabile, personalizzata, in quanto agganciata "alla pregressa storia contributiva del lavoratore". Ci sarà quindi un incremento della durata massima della nuova Aspi per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti. In sostanza non ci sarà piu' la differenza tra Aspi e l'attuale MiniAspi destinata ai precari poichè la durata dei trattamenti sarà rapportata ai contributi versati. Resteranno, comunque, esclusi dalla nuova tutela gli amministratori e sindaci.

In secondo luogo l'Aspi sarà concessa anche ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, almeno fino al loro superamento (come recita la Delega), contratti attualmente rimasti scoperti da ogni forma di garanzia con la riforma Fornero del 2012.

La Legge, inoltre, prevede genericamente una modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l'automaticità delle prestazioni - principio in base al quale le prestazioni di disoccupazione vengono erogate a prescindere dall'effettivo versamento della contribuzione da parte del committente -, prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo "almeno biennale di sperimentazione a risorse definite".

Chi fruirà della nuova Aspi dovrà, inoltre, seguire particolari percorsi per trovare una nuova occupazione, con il coinvolgimento anche in attività a beneficio delle comunità locali. Nel decreto attuativo saranno adeguate le sanzioni e le modalità di applicazione, per aumentare l'effettività, secondo criteri oggettivi ed uniformi, nei confronti del lavoratore beneficiario del sostegno al reddito che rifiuta una nuova occupazione, o programmi di formazione o che non intenda svolgere attività a beneficio delle comunità locali.

Dopo l'Aspi un ulteriore ammortizzatore sociale - La delega conferisce mandato al Governo anche di introdurre massimali in relazione alla contribuzione figurativa e la possibilità di concedere, dopo la fruizione dell'ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell'indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti. Si tratta in pratica di un'indennità di ultima istanza, a carattere universale, che potrà essere concessa a chi ha un Isee basso, da stabilire nel provvedimento attuativo.

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introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;

4) identico;

5) eventuale introduzione, dopo la fruizione dell'ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell'indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti

Se il lavoratore è assente per parte del mese, ad esempio, per congedo facoltativo per maternità, malattia, infortunio, congedo straordinario invalidi, permessi sindacali, il Ministero del Lavoro ha stabilito che i giorni di permesso non si riducono.

Kamsin Per assistere un familiare disabile grave il lavoratore ha diritto, tra le altre prestazioni, a tre giorni di permesso al mese. Ma restano sempre tre i giorni nel caso in cui il lavoratore sia assente e quindi non lavori per parte del mese? Sul punto il Ministero del lavoro ha preso, di recente, posizione favorevole agli interessati. Ma per capire bene il problema è utile ricordare come e strutturato il sistema dei permessi.

Premettendo che i tre giorni al mese possono essere presi anche in modo frazionato. In altri termini non è detto che debbano essere consumati tutti insieme. È possibile ai contrario prendere i permessi nei giorni in cui se ne ha bisogno, avendo cura ovviamente di presentare in azienda la preventiva programmazione delle assenze per evitare disguidi organizzativi nelle metodologie di lavoro applicate sul posto. Vediamo dunque di ricapitolare il tutto.

Familiari di primo e secondo grado
Possono avere i permessi per assistere il coniuge e i parenti e affini di primo e secondo grado i seguenti lavoratori: a) coniuge; b) parenti e affini di primo grado: figli, genitori, suoceri, generi, nuore; c) parenti e affini di secondo grado: nonni, nipoti, fratelli, sorelle, cognati.

Familiari di Terzo grado
Ad alcune condizioni il permesso è riconosciuto anche per l'assistenza a familiari di terzo grado. Gli assistibili sono: zii, nipoti (figli di fratelli e sorelle), bisnonni, pronipoti, zii e nipoti acquisiti, ma solo quando i genitori e il coniuge dell'assistito: 1) hanno più di 65 anni; 2) sono a loro volta inabili;  3) sono deceduti; 4) mancano (nel senso di celibi, figlio naturale non riconosciuto, divorziati, separati legalmente, ecc.).

L'assenza: l'apertura del Ministero 
Nel caso in cui i lavoratori siano assenti per qualche giorno del mese, il Ministero ha preso una decisione che va incontro agli interessati delle persone nel senso che, se durante il mese si sono assentati dal lavoro per determinate cause, questo fatto non comporta una parallela riduzione dei tre giorni di permesso.

La situazione è la seguente: Se il lavoratore è assente per parte del mese, ad esempio, per congedo facoltativo per maternità, malattia, infortunio, congedo straordinario invalidi, permessi sindacali, i giorni di permesso restano sempre tre. E questo vale anche per le assenze dovute per ferie. Se invece il diritto ai permessi nasce per la prima volta nel corso del mese (assunzione del lavoratore, riconoscimento lnps del diritto, ecc.), si riducono i tre giorni in proporzione ai periodo mancante. Su questo punto l'Inps precisa che è riconosciuto un giorno di permesso ogni dieci giorni di lavoro.

Il diritto alla fruizione dei permessi in parola non può, però, essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza allo stesso familiare disabile in condizione di gravità. L'unica possibilità di fruizione alternativa sorge tra i genitori di un figlio disabile, i quali, nell'arco dello stesso mese, possono fruire alternativamente e non cumulativamente dei permessi mensili, delle due ore di permesso giornaliero o del prolungamento del congedo parentale. 

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