Lavoro
Riforma Pensioni, Damiano: considerare anche le partite Iva
"Le misure per il lavoro autonomo sono insufficienti e contraddicono quello che il governo afferma a parole, cioè che il lavoro non è soltanto dipendente. Se è così bisogna aiutare anche quella parte del lavoro autonomo costituita dalle libere professioni, anche non regolamentate, per lo più svolte da giovani". Kamsin Così Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, difende le partite Iva dalla legge di Stabilità del governo Renzi in una intervista raccolta da Il Giornale.
"Avere fissato il tetto per accedere al regime dei minimi a 15mila euro, rispetto ai precedenti 30mila. Poi, per i lavoratori con partita Iva della gestione separata Inps, non avere fermato l'aumento della contribuzione previdenziale della legge Fornero; un'altra mazzata".
Al giornalista che gli fa notare che quando era ministro anche lui avesse aumentato i contributi per gli autonomi Damiano risponde di aver sbagliato: "ho ammesso questo mio errore alla presenza dei giovani delle partite Iva e lo ribadisco. Nel 2007 ho sbagliato pensando che quel tipo di attività fosse tutta riconducibile al lavoro dipendente e, di conseguenza, che si potesse arrivare ad un tetto di contribuzione del 33%. Lo studio dell'argomento mi ha convinto che nell'ambito del lavoro autonomo ci sono differenze. Alcune partite Iva sono false ed è giusto cancellarle. Ma i giovani che scelgono volontariamente quella strada, devono essere equiparati ai lavoratori autonomi. Serve una riforma strutturale per portare la contribuzione al 24 per cento".
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Bonus Bebè 2015, ecco come si presentano le domande per il beneficio
Sale a 600 euro al mese il beneficio alternativo al congedo per consentire alle mamme di fruire della baby sitter o degli asili nido. Il bonus è stato esteso anche al settore pubblico.
Kamsin Via libera al bonus bebè per contribuire alle spese che le neo mamme devono sostenere per iscrivere i figli all'asilo nido o per mettere a disposizione la baby sitter. Il governo, infatti, in questi ultimi giorni ha confermato il bonus per le neo-mamme raddoppiandolo fino a 3600 euro ed estendendolo anche in favore delle lavoratrici dello stato e della pubblica amministrazione, fino ad oggi esclusi dal beneficio.
A stabilirlo è il decreto 28 ottobre 2014 pubblicato sulla G.U. n. 287/2014 che disciplina la misura alternativa al congedo parentale per gli anni 2014 e 2015.
Vediamo quindi come è strutturata la novità.
Chi ne può beneficiare - Possono presentare richiesta le madri lavoratrici dipendenti di pubbliche amministrazioni e di datori di lavoro privati, nonché le madri lavoratrici iscritte alla gestione separata. La richiesta si può presentare al termine del periodo di congedo di maternità e negli 11 mesi successivi, anche se intanto sia stato già in parte usufruito del congedo parentale. Niente bonus alle lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre, colone, imprenditrici agricole professionali, artigiane, commercianti eccetera).
Le spese agevolabili. Il bonus può essere alternativamente utilizzato per il servizio di baby sitting oppure per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati.
L'entità del bonus - Il bonus vale 600 euro mensili per un periodo massimo di sei mesi (quindi 3.600 euro totali), in base alla richiesta della lavoratrice. Per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, invece, la durata massima si ferma a tre mesi (quindi 1.800 euro in tutto). In caso di lavoratrici a part time, il bonus è ridotto in misura proporzionale alla riduzione dell'orario di lavoro. Ma c'è una postilla. Se le risorse non dovessero bastare è previsto che, a domande già presentate, possa essere fissato un Isee per il riconoscimento del diritto o rideterminato l'importo del bonus.
Come si ottiene il bonus - Per accedere al bonus occorre presentare una domanda in via telematica sul sito inps entro il 31 dicembre di ogni anno, in cui specificare tra l'altro l'opzione scelta (servizi baby sitting o rete pubblica) e il numero di mensilità. Mensilità che poi non potranno più essere fruite sotto forma di congedo parentale e che per questo sono comunicate dall'Inps al datore di lavoro.
L'INPS pagheranno gli incentivi attraverso due modalità a seconda del servizio che viene richiesto. Nel caso in cui la mamma si voglia avvalere della baby sitter gli uffici daranno i voucher che la mamma consegnerà alla baby sitter, con i quali prendere i soldi presso qualsiasi ufficio postale. Nel caso in cui la madre voglia fruire degli asili nido l'Inps intratterrà il rapporto direttamente con le strutture in parola e pagherà le somme dietro presentazione della relativa documentazione.
In tale ipotesi si ricorda che l'Inps ha invitato proprio in questi giorni gli asili nido a convenzionarsi per gli anni 2014 e 2015. Agli asili che si iscriveranno l'Inps riconoscerà il bonus che permetterà alle mamme di evitare del tutto la retta o di pagarla in misura inferiore.
La successione degli atti è la seguente: 1) l'asilo presenta la domanda in via telematica; 2) l'Inps controlla che la struttura sia in regola con le norme previdenziali e del lavoro e abbia i requisiti chiesti dal bando; 3) in caso positivo la struttura viene inserita nell'elenco pubblicato sul sito dell'Inps. A questo punto la parola passa alle mamme: a) presentano la domanda per avere il bonus mensile; b) indicano l'asilo scelto tra quelli elencati dall'Inps; c) presentano l'attestato Isee che documenta le possibilità economiche della famiglia; d) l'Inps accetta o no la domanda.
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Partite Iva e Pensioni, Renzi promette un intervento a breve
La legge di Stabilità, nella versione approvata in via definitiva, non ha bloccato l'aumento dei contributi alla gestione separata dell'Inps e ha dato via agli aumenti decisi dal governo Monti.
Kamsin Per le "giovani partite Iva" è "sacrosanto un intervento correttivo e mi assumo la responsabilità di fare un provvedimento ad hoc nei prossimi mesi". E' quanto ha indicato il Premier Matteo Renzi, ieri, prima della pausa natalizia lasciando intravedere la possibilità di nuovo intervento entro i primi mesi del 2015 sui giovani professionisti con redditi sino a 30mila annui.
«I giovani - ha ammesso il capo del governo - hanno avuto meno vantaggi di tutti dall'intervento che ha ridotto di un miliardo le tasse alle partite Iva». «La suddivisione interna - ha riconosciuto Renzi- ha premiato un pò troppo i commercianti e gli artigiani mentre non ha valorizzato la nicchia dei giovani professionisti».
L'esecutivo rilancia, quindi, su un nuovo intervento ridurre su un versante le tasse ai giovani con partita Iva facendo marcia indietro rispetto alla stangata inflitta dalla legge di Stabilità e dall'altro lato accelerare i tempi dell'aumento della contribuzione a carico loro (e dei datori di lavoro) costruendo i presupposti per garantire in futuro pensioni migliori. Un intervento che dovrebbe rivedere da un lato il regime dei minimi, modificato nella legge di stabilità, e la diminuzione delle aliquote previdenziali che dal prossimo anno saliranno dal 27,72 al 29,72 per cento. Un costo insostenibile per molti giovani professionisti.
Il regime fiscale dei minimi, fino ad oggi, prevede che le partite Iva under 35 siano sottoposte ad un prelievo del 5% sull'Irpef. Dal prossimo anno, per effetto della manovra, salirà al 15%. Ma non solo. Il nuovo regime prevede una forfettizzazione del reddito imponibile, mentre il vecchio regime dava la possibilità di portare in deduzione, senza alcun limite, i costi relativi all'attività. Inoltre le regole che stanno per andare in soffitta prevedono un tetto massimo di 30 mila euro mentre il nuovo sistema sì ferma a 15 mila.
In pratica, se prima i freelance potevano garantirsi l'accesso al regime agevolato con un fatturato fino a 30mila euro, da gennaio dovranno restare sotto i 15mila euro. Per i commercianti, invece, il tetto è salito da 30 a 40mila euro. In Via XX Settembre sono convinti che la soluzione migliore sia una armonizzazione dell'aliquota intorno al 15% per tutti con un tetto fissato a 20-30 mila euro.
Con la Stabilità, inoltre, non si è posto alcun correttivo a una norma risalente al periodo Monti-Fornero, che prevede l'aumento dei contributi Inps per coloro che sono iscritti alla gesitone separata. Da qui al 2018, la soglia dell'aliquota passerà dal 27 al 33%, con un gradino al 29% già dal prossimo anno. Una situazione che ha portato l'associazione Acta dei freelance a lanciare l'allarme della "fuga dalla Gestione separata Inps". Insieme ad altre associazioni, ha fatto notare che tra commercianti e gestione separata significa tendere verso "un divario di oltre 9 punti" percentuali. "Oggi la differenza di 4 punti tiene legati alla Gestione separata Inps molti freelance, ma domani, con 9 punti di divario, la fuga sarà questione di sopravvivenza.
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Pensioni, un aiuto nel Jobs Act per raggiungere la pensione
Il Governo approva la bozza sulla Riforma degli ammortizzatori sociali. Dopo l'Aspi i lavoratori potranno fruire di un ammortizzatore sociale sperimentale di ultima istanza.
Kamsin I lavoratori disoccupati vicini all'età del pensionamento, ma che non abbiano maturato i requisiti per i trattamenti di quiescenza, potranno fruire del nuovo ammortizzatore universale in via prioritaria , nel primo anno di sperimentazione della misura, rispetto agli altri lavoratori. E' quanto prevede un passaggio della bozza di decreto attuativo sulla Riforma degli Ammortizzatori sociali approvato ieri dal Consiglio dei ministri in attuazione della legge delega sul mercato del Lavoro, il cd. jobs act.
Nel progetto governativo il nuovo ammortizzatore universale, denominato assegno di disoccupazione (Asdi), entrerà in funzione dal 1° maggio 2015 in via sperimentale, avrà una durata massima di 6 mesi e sarà riservato ai lavoratori che hanno già fruito della nuova Aspi a condizione di avere un Isee basso. Per la fruizione del sostegno sarà necessario, inoltre, che il beneficiario partecipi a programmi di reinserimento lavorativo. Circa l'entità del nuovo assegno la bozza prevede che sia pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della nuova Aspi, se non superiore alla misura dell’assegno sociale. L’ammontare potrà essere incrementato per gli eventuali carichi familiari del lavoratore.
Nel primo anno di applicazione, dispone l'articolo 15 della bozza di decreto legislativo, gli interventi saranno prioritariamente riservati ai lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e quindi ai lavoratori in età vicina al pensionamento, ma che non abbiano maturato i requisiti per i trattamenti di quiescenza.
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Jobs Act, ecco il testo del decreto che cancella l'articolo 18
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del jobs act relativo al contratto a tutele crescenti. Il decreto attuativo del jobs act sul contratto a tutele crescenti non prevede piu' il cosiddetto 'opting out', cioe' la possibilita' di un indennizzo piu' elevato per il lavoratore licenziato ingiustificatamente al posto del reintegro. Kamsin L'indennizzo che spetterà al lavoratori sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Secondo la bozza diffusa dal Governo, inoltre, per le piccole imprese rimane invariata la situazione attuale, cioe' un indennizzo pari a 2-6 mensilita', con un sistema graduale legato all'anzianita' di servizio.
Ecco il testo del decreto legislativo diffuso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attu azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Art. 1 – Campo di applicazione.
Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.
Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.
Art. 2 – Licenziamento discriminatori o, nullo e intimato in forma orale.
Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nul lità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non impre nditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende riso lto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di la voro, salvo il caso in cui abbia rich iesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al pr esente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il da tore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u ltima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr e attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me nsilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co me previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della re integrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entr o trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.
Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar ticolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per gius tificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rappor to di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non supe riore a ventiquattro mensilità.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe r giustificato motivo sogget tivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla qual e resta estranea ogni valutazi one circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a ltre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire ac cettando una congrua offerta di la voro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di rein tegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assi stenziali dal giorno del li cenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.
La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion e anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente ne ll’inidoneità fisica o ps ichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’ articolo 7 della legge n. 604 del 1966.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della le gge n. 604 del 1966 o della procedur a di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichia ra estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superior e a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavo ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.
Art. 5 – Revoca del licenziamento.
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di c ontinuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano app licazione i regimi sanz ionatori previsti dal presente decreto.
Art. 6 – Offerta di conciliazione.
In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’ articolo 1, al fine di ev itare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc iliazione prev ista dalla legge, il datore di lavoro può offrir e al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’ articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è asso ggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de ll’ultima retribuzione gl obale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferior e a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circ olare. L’accettazione dell ’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’es tinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
L’onere derivante dalla disposizi one di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l’anno 2015, settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto a carico del fondo di cui all’ar ticolo 1, comma 107, della legg e di stabilità per il 2015.
Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su ll’attuazione della pr esente disposizione.
Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.
Ai fini del calcolo delle indenni tà e dell’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, l’anzianità di serv izio del lavoratore che passa a lle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.
Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’im porto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazi oni di mese uguali o superiori a quindici giorni si comput ano come mese intero.
Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.
Ove il datore di lavoro non raggi unga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’artico lo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori , che svolgono senza fine di lucr o attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ov vero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al presente decreto.
Art. 10 – Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento colletti vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate al l’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’ art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.
Art. 11 – Contratto di ricollocazione.
È istituito presso l’Istituto Nazi onale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup azione involontaria, al qual e affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno 2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett ito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal Centro per l’impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condiz ione che effettui la procedura di de finizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.
Presentando il voucher a una agenzia per il lavo ro pubblica o privata accreditata secondo quanto previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:
1) il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ri cerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per il lavoro;
2) il diritto del lavoratore al la realizzazione da parte dell’agenz ia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione pr ofessionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;
3) il dovere del lavoratore di porsi a di sposizione e di cooperare con l’ agenzia nelle iniziative da essa predisposte. L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo persona le di occupabilità di cui al comma 2 e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal D.lgs. di cui al comma 2.
Art. 12 – Rito applicabile.
Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le di sposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Qui il testo della bozza di decreto legislativo diffusa da Palazzo Chigi
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Cigs, le quote di TFR sono rimborsabili
Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.
Kamsin Via libera al rimborso delle quote di tfr durante i periodi di cigs di aziende in fallimento. E' quanto ha precisato il ministero del lavoro in un interpello a risposta di quesiti dei consulenti del lavoro. Secondo il Dicastero di Via Veneto in particolare, per i periodi di cig nei confronti di aziende sottoposte a procedure concorsuali, il diritto al rimborso delle quote di tfr matura in considerazione del fatto che la concessione stessa presuppone la continuità dei rapporti di lavoro.
Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.
Inoltre, relativamente ai periodi di un'eventuale interruzione del flusso di cassa integrazione salariale, il ministero ricorda che anche con riferimento alle imprese sottoposte a procedure concorsuali la ripresa dell'attività lavorativa può considerarsi quale evento interruttivo della sospensione, derivandone dunque l'impossibilità di ascrivere le quote di tfr a carico della cigs.
Inoltre, il ministero spiega che alla dichiarazione di fallimento non necessariamente consegue la cessazione del rapporto di lavoro, ma questa ha luogo solo laddove il curatore ritenga che non sia possibile, nemmeno in parte, la continuazione dell'attività dell'impresa. In tale ultima ipotesi, pertanto non sembra che possano maturare ulteriori quote di tfr. Diversamente, nel caso di richiesta del trattamento straordinario di integrazione salariale (ex art. 3 della legge n. 223/1991), secondo il ministero sussiste la continuazione reale e non' fittizia del rapporto di lavoro con l'impresa fallita fino al termine di concessione del trattamento stesso. Nel corso del periodo di fruizione della cigs, pertanto, continuano a maturare le quote di tfr in applicazione degli stessi principi validi con riferimento alle società sottoposte a procedure concorsuali.
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