Le sedi chiedevano lumi in particolare per quelle lavoratrici in possesso dei 57 anni (e 3 mesi) di età e 35 di contributi che avevano esercitato l'opzione per il calcolo contributivo entro il 2013 ma che si erano dimesse dal servizio solo successivamente a tale data producendo quindi l'effettiva domanda di pensionamento. "Per poter costituire motivo di deroga ai termini di pagamento, introdotti dall’art. 1, comma 22, del decreto legge 138/2011 e dall’art. 1, comma 484, della legge 147/2013, nonché alle modalità di rateizzazione modificate da quest’ultima norma - ricorda l'Inps - non è sufficiente che le lavoratrici abbiano raggiunto i 57 anni di età ed i 35 anni di contribuzione entro il 12 agosto (o il 31 dicembre per le dipendenti della scuola) 2011 ovvero entro il 31 dicembre 2013, ma occorre che siano cessate dal servizio entro le stesse date, in quanto solo con la cessazione la facoltà dell’opzione può ritenersi esercitata allo scopo di ottenere il diritto alla pensione calcolata secondo il sistema contributivo. La non configurabilità di un autonomo diritto a pensione al raggiungimento dei 57 anni di età connessi ai 35 anni di contributi (in mancanza delle altre condizioni dianzi citate) è confermata dalla natura sperimentale e temporanea dell’opzione sino al 31 dicembre 2015 e delle successive modifiche legislative".
In sostanza le lavoratrici del pubblico impiego che hanno presentato le dimissioni successivamente al 31 dicembre 2013 per pensionarsi con il regime sperimentale donna dovranno sempre attendere 24 mesi dalla cessazione dal servizio per ricevere la prima rata della liquidazione e saranno soggette pure al nuovo meccanismo della rateazione che eroga la buonuscita in tre tappe: sino a 50mila euro con la prima rata, la parte eccedente e sino a 100 mila euro dopo altri 12 mesi dalla prima rata; e l'eventuale eccedenza, sopra i 100mila, dopo ulteriori 12 mesi dal pagamento della seconda rata.