Si tratta di un beneficio non molto conosciuto che è stato studiato dal legislatore per favorire l'accesso alla pensione delle madri che vantano contribuzione a partire dal 1° gennaio 1996 e che cioè sono nel cosiddetto sistema contributivo puro (non per chi è nel sistema misto nè tanto meno per coloro che escono tramite la cd. opzione donna). L'anticipo in presenza di tre maternità può dunque comportare nei fatti l'abbassamento dell'età pensionabile di vecchiaia di un anno rispetto ai requisiti standard fissati dalla recente riforma Fornero. Secondo l'Inps, infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’anticipo dell’età pensionabile in questione deve essere rapportato alle nuove età pensionabili introdotte dall’articolo 24 del Dl 201/2011, come adeguate agli incrementi della speranza di vita.
Cosa significa in pratica? Basti un esempio. Una lavoratrice madre con tre figli entrata nel mondo del lavoro nel 1996 all'età di 35 anni con le regole attuali andrebbe in pensione di vecchiaia a 67 anni, nel 2028 (al netto però degli adeguamenti alla stima di vita). Ebbene con tale norma potrà accedere alla pensione di vecchiaia a 66 anni, nel 2027. Con un anno di anticipo.
Non solo. In alternativa allo sconto sull'età pensionabile la lavoratrice può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con applicazione di un coefficiente di trasformazione, relativo all'età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di un anno in caso di uno o due figli, e maggiorato di due anni in caso di tre o più figli. Il che significa che la lavoratrice potrà vantare di un assegno piu' succulento - seppur di poco - rispetto ai livelli standard.
Da segnalare inoltre che alle lavoratrici madri la legge 335/1995 riconnette anche il riconoscimento dei seguenti periodi di accredito figurativo: per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età' in ragione di centosettanta giorni per ciascun figlio; per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3 della legge 104/1992, per la durata di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi.