Pertanto l'eventuale rivalutazione contributiva per l'esposizione ultradecennale all'amianto non può determinare la riliquidazione di un trattamento pensionistico complessivamente superiore - tenuto conto dell'anzianità nelle diverse gestioni previdenziali - a 2.080 settimane. E' quanto in sintesi ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 5419 del 27 febbraio 2020.
La questione
I giudici erano stati chiamati a pronunciarsi sulla riliquidazione di una pensione di anzianita' di un soggetto con più di 18 anni di contributi al 31.12.1995 per il quale era stabilito il limite legale di 40 anni di contributi, in ossequio alle precedenti regole di calcolo della pensione con il sistema interamente retributivo, ai fini della determinazione della misura della pensione. L'individuo vantava una posizione assicurativa mista frutto di contribuzione versata sia nel FPLD che nella gestione autonoma dei coloni, mezzadri e coltivatori diretti ed aveva ottenuto l'accertamento giudiziale del diritto al riconoscimento della rivalutazione contributiva per l'esposizione ultradecennale all'amianto dei contributi versati nel FPLD tra il 1976 ed il 1992 ai sensi dell'articolo 13 della legge 257/1992. In virtu' di tale sentenza l'interessato avrebbe ragguagliato complessivamente un'anzianità contributiva di ben 2340 settimane tra le due gestioni assicurative. L'Inps, tuttavia, ha liquidato la pensione tenendo conto del limite massimo di 40 anni di contribuzione (ossia 2080 settimane), benché la sommatoria accreditata nelle due gestioni, tenuto conto anche dell'aumento derivante dall'applicazione dei benefici previdenziali, risultasse superiore.
La decisione
La Cassazione ha ribadito il criterio secondo il quale per la liquidazione della (ex) pensione di anzianita' ove il lavoratore sia titolare di una posizione assicurativa presso varie gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Artigiani, Commercianti e Coltivatori diretti) ovvero presso una di queste e la gestione per i lavoratori dipendenti, il limite massimo di quaranta anni di contribuzione utilmente valutabile opera non solo nell'ambito di ciascuna delle gestioni presso cui sono versati i contributi ma anche rispetto al cumulo delle quote calcolate per ogni gestione ai sensi dell'articolo 16 della legge 233/1990. Questa posizione è giustificata dal fatto che l'assicurazione generale obbligatoria va intesa in senso unitario, caratterizzata da regole uniformi che si traducono in un cumulo contributivo effettivo e non meramente virtuale con liquidazione di una pensione unica e non di pensioni diverse collegate funzionalmente (Cass. n. 18569 del 2008; Cass. n. 27677 del 2011; Cass. n. 7556 del 2014).
La Cassazione stressa che tale limite massimo, imposto dalla legge, non può ritenersi superabile sulla base di una precedente pronuncia giudiziale che si è limitata a riconoscere ad una serie di lavoratori, tra cui il B., il diritto al beneficio della rivalutazione dell'anzianità contributiva ai sensi dell'art. 13 L. n. 257/92 per i periodi di esposizione all'amianto, con l'applicazione del coefficiente 1,5. In altri termini. conclude la Corte, la maturazione del diritto alla rivalutazione non comporta che la pensione possa essere riliquidata sulla base di una contribuzione che andasse oltre il limite esterno legale rappresentato dai 40 anni di contribuzione e derivante dal cumulo dei versamenti in diverse gestioni.
Il chiarimento riguarda le pensioni calcolate interamente con il sistema retributivo per le quali, come noto, nell'assicurazione generale obbligatoria opera il limite legale delle 2080 settimane di contribuzione (oltre questo limite la misura della pensione non può ulteriormente crescere). Quindi interessa gli individui con almeno 18 anni di contribuzione al 31.12.1995, per gli altri assicurati il passaggio al sistema contributivo rende sostanzialmente irraggiungibile il limite legale.