Se il de cuius ha dolosamente sottaciuto all'INPS fatti e circostanze incidenti sul diritto e sulla misura della pensione anche l'erede è tenuto alla restituzione dell'indebito formatosi sulla pensione (di reversibilità) per la propria quota. E' il principio espresso nella sentenza della Corte di Cassazione n. 17997/2021 con la quale i giudici hanno ribadito l'orientamento già espresso in passato dalla stessa corte.
Dolo omissivo
Come noto gli enti previdenziali possono chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite (nei limiti della prescrizione decennale) in presenza di un comportamento doloso del titolare della prestazione pensionistica. Tale comportamento può circostanziarsi sia un'azione positiva (ad esempio la dichiarazione di non trovarsi in una situazione di incompatibilità) sia in una omissione cioè nell'inosservanza di obblighi di comunicazione prescritti da specifiche norme di legge di fatti e circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano conosciuti dall'ente competente.
In tal senso la giurisprudenza di legittimità ha avuto di precisare (cfr: Cass. n. 11498/1996) che «non rilevano le omissioni e reticenze nei casi in cui le situazioni ostative all'erogazione siano note all'ente previdenziale ovvero siano da esso conoscibili facendo uso della diligenza richiestagli dalla sua qualità di soggetto erogatore della prestazione, dal momento che, in questi casi invero, il comportamento omissivo del percipiente, ancorché in malafede, non è determinante della indebita erogazione e non può dunque costituire ragione di addebito della stessa».
La posizione dell'erede
Il caso sottoposto alla Corte riguardava la possibilità per l'INPS di ripetere le somme non già nei confronti del titolare della prestazione pensionistica (il quale aveva omesso la comunicazione di alcuni redditi incidenti sulla misura della pensione) bensì nei confronti del coniuge del pensionato defunto. Nel caso di specie, infatti, il coniuge superstite non aveva rinunciato all'eredità e non risultava applicabile né la sanatoria di cui all'art. 1, commi 260-261 legge n. 662 del 1996 (concernente indebiti formantisi prima del 1996), né quella ex art. 38 legge n.448 del 2001 (per gli indebiti fino al 31.12.2000) in quanto i fatti risalivano al biennio 2006-2007. Pertanto l'INPS aveva avviato l'azione di ripetizione sulla pensione di reversibilità del coniuge del defunto.
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell'operato dell'INPS ribadendo, secondo l'orientamento già espresso in passato (cfr: Cass. n. 1919/2018), che la ripetibilità dell'indebito nei confronti degli eredi del pensionato non è altra cosa dal dolo che tale ripetibilità consente anche nei confronti del pensionato medesimo, «dovendo anche in tali casi trovare applicazione il principio generale di settore secondo cui è equiparata al dolo l'inosservanza di obblighi di comunicazione prescritti da specifiche norme di legge di fatti e circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano conosciuti dall'ente competente». In sostanza, secondo la Corte, il dolo omissivo del dante causa non esclude la ripetibilità dell'indebito nei confronti dell'erede e che, quindi, questi è tenuto a risponderne nei confronti dell'ente previdenziale.