Dal prossimo 1° gennaio 2022 i pensionati vedranno ripartire in misura piena la rivalutazione dei trattamenti pensionistici. Scade infatti il 31 dicembre 2021 la disciplina transitoria introdotta dalla legge n. 147/2013 a partire dal 1° gennaio 2014 e più volte rinnovata che ha compresso la rivalutazione dei trattamenti pensionistici. Si tratta di una notizia positiva dato che da quest'anno l'inflazione ha iniziato a risalire la china.
Attualmente secondo quanto recita l'articolo 1, comma 477 della legge n. 160/2019 nel biennio 2020-2021 i trattamenti pensionistici erogati dall'Inps sono stati rivalutati del 100% se di importo fino a 4 volte il trattamento minimo INPS, del 77% i trattamenti pensionistici superiori a 4 volte (2.062 euro), del 52% i trattamenti superiori a 5 volte (2.577 euro), del 47% quelli superiori a 6 volte il trattamento minimo (3.093 euro), nella misura del 45% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS (4.124 euro) e nella misura del 40% per i trattamenti complessivamente superiori a nove volte il minimo INPS (4.640 euro). In realtà l'ultimo adeguamento si è registrato nel 2020 (+0,4%) in quanto lo scorso anno l'inflazione è stata negativa e, pertanto, quest'anno gli importi sono rimasti al palo.
La fine del periodo transitorio
Dal prossimo anno, con la scadenza del periodo transitorio, le pensioni torneranno ad essere indicizzate all'inflazione secondo la disciplina antecedente alla Riforma Fornero contenuta nella legge 388/2000 come modificata dall'articolo 1, co. 478 della legge n. 160/2019. La disposizione da ultimo richiamata suddivide la perequazione in tre fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo e l'adeguamento verrà concesso in misura piena, cioè al 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo; scende al 90% per le fasce di importo comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo per scendere al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo. Dal prossimo anno, quindi, saranno i trattamenti superiori a quattro volte il minimo Inps a trarne il maggior beneficio. Anche in vista della ripresa dell'inflazione che quest'anno dovrebbe sfiorare complessivamente il 2%.
Il ritorno agli scaglioni d'importo
Con ritorno al passato verrà ripristinato anche il sistema che vede l'applicazione della rivalutazione su fasce d'importo e non più a scaglioni singoli di importo uno stratagemma tecnico, introdotto sempre con la legge 147/2013, che determina una ulteriore perdita lieve di valore dell'assegno nel tempo. Attualmente, infatti, un assegno di 2.500 euro lordi al mese viene rivalutato in misura unica pari al 77% dell'importo dell'inflazione. Ad esempio se l'inflazione è pari all'1% l'assegno, con le regole attuali, subisce un incremento di 19,25 € al mese (2.500 x 1% x 0,77). Con il sistema a fasce di importo l'assegno verrà rivalutato in misura piena sino a quattro volte il trattamento minimo inps e misura pari al 90% dell'inflazione per la parte eccedente il precedente scaglione d'importo, portando così in dote al pensionato una rivalutazione mensile di ben 24,5€.