La modifica ha interessato tutti i ragionieri, anche coloro già iscritti alla Cassa che sarebbero andati in pensione successivamente all'adozione della delibera e riconosceva però per la prima volta la possibilità di proseguire l'attività lavorativa dopo il pensionamento. Tali coefficienti, senza incidere sulla quota contributiva della pensione di anzianità, riducono progressivamente la misura della quota retributiva di essa, in ragione dell'età dell'interessato, andandosi da un massimo di riduzione del 45,9% per l'età di 57 anni, ad un minimo di riduzione del 7,3% per chi andasse in pensione con 64 anni di età. La Cassazione ribalta così la sentenza della Corte d'Appello che aveva dato ragione al pensionato sul presupposto, ora smentito dal Supremo Collegio, che l'introduzione dei coefficienti di neutralizzazione della pensione, avesse determinato un mutamento in senso peggiorativo e retroattivo del trattamento previdenziale, come tale rientrante nel divieto di cui all'articolo 3, co. 12 della legge 335/1995 (principio del pro rata).
La decisione
Secondo la Cassazione il tema dei coefficienti di neutralizzazione è diverso, in quanto esso viene in evidenza nell'ambito di delibere che non si limitano a modificare una prestazione attesa, ma, più in profondità e in esercizio dell'autonomia riconosciuta dal d.Igs. 509/1994 e richiamata dall'art. 44 cit., il sistema pensionistico di anzianità pregresso, con introduzione di nuovi benefici (la facoltà di proseguire altre attività, nonostante il pensionamento) e di corrispondenti riequilibri (i coefficienti di neutralizzazione), destinati ad operare contestualmente ed indissolubilmente. In altre parole, tale complessa regolamentazione non può essere ritenuta alla stregua di un semplice «criterio di determinazione del trattamento pensionistico», da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell'art. 3, comma 12, L. 335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto agli orizzonti di stabilità imposti dalla legge. Essa costituisce invece una disciplina ex novo dell'accesso a tale tipologia di pensione, fondata sui menzionati poteri attribuiti specificamente in proposito alla Cassa dalla legge. Con queste motivazioni la Corte ha salvato la delibera della Cassa Ragionieri.
I giudici spiegano che la regola del pro rata è una delle forme di più forte salvaguardia di quell'aspettativa, che può essere ove possibile auspicabile ma non costituisce principio destinato ad incidere sempre e comunque su qualsiasi evoluzione dei sistemi pensionistici, a prescindere dalla loro natura (retributiva o contributiva) e dalla conformazione degli interventi di riforma, dovendosi ritenere che tale regola sia destinata ad operare allorquando e nei limiti in cui la legge lo preveda e ne moduli l'incidenza. Sicché le Casse nell'intervenire sull'assetto previgente con l'introduzione del regime di compatibilità tra prosecuzione del lavoro e pensione di anzianità, legittimamente possono regolare ex novo l'accesso alla predetta pensione, attraverso l'introduzione del meccanismo disincentivante dei coefficiente di neutralizzazione.
La Corte ha, quindi, fissato il seguente principio «la previsione, di cui alle delibere della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali del 7 giugno 2003 e 20 dicembre 2003 e del Regolamento in vigore dal 1 gennaio 2004, di un coefficiente di abbattimento (c.d. coefficiente di neutralizzazione), progressivamente calante in ragione del crescere dell'età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla medesima Cassa di Previdenza, non è soggetta al principio del prò rata quale sancito dall'art. 3, co. 12, L. 335/1995 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dall'art. 1, comma 763, della L. n. 296 del 2006) ed è legittima, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell'ambito della modifica del sistema di accesso alla predetta pensione, reso contestualmente compatibile con la prosecuzione, nonostante il pensionamento, della medesima professione».