L'importo dell'assegno sarà strettamente connesso all'età di pensionamento e ad altri due parametri importanti: l'andamento delle retribuzioni e quello del Pil. Il tasso di sostituzione nella migliore delle ipotesi resterà su livelli pari a quelli del sistema retributivo.
Kamsin L'importo dell'assegno previdenziale per chi è soggetto interamente al sistema contributivo potrà variare anche in modo consistente rispetto all'ultima retribuzione percepita. E' quanto emerge dal rapporto diffuso dalla Ragioneria dello Stato alcune settimane fa dal quale si evidenzia come i lavoratori che oggi hanno tra i 20 e i 40 anni vedranno ridursi fortemente il tasso di sostituzione netto (cioè il rapporto tra la pensione e l'ultima retribuzione netta) rispetto al passato, un livello che si assesterà - secondo le proiezioni della Ragioneria dello Stato - tra il 50 e l'80 per cento.
Nella migliore delle ipotesi, quindi, le pensioni saranno allineate alle prestazioni erogate in base al sistema retributivo, ma nella peggiore delle ipotesi ci sarà una forte contrazione. Sono tanti i fattori che incideranno sulla prestazione determinata con il sistema contributivo. In primo luogo entra in gioco la data del primo versamento: quindi diventa importante iniziare a versare presto e con continuità. La decurtazione a cui il lavoratore andrà in contro può essere in parte compensata qualora si decida di rimanere piu' a lungo sul posto di lavoro (attivando in tal caso coefficienti di trasformazione piu' elevati). In effetti secondo le elaborazioni effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato evidenziano che l'importo delle pensioni future sarà influenzato più dall'età del pensionamento - per effetto del coefficiente di trasformazione - che dagli anni di contribuzione.
Ad influenzare il tasso di sostituzione è inoltre l'andamento del Pil (piu' crescerà il paese piu' l'assegno previdenziale sarà succulento per il pensionato); l'andamento delle retribuzioni e, naturalmente, gli anni di contribuzione versata. Come evidenziato da uno studio presentato al congresso nazionale degli attuari già l'anno scorso, se il Pil crescesse dell'1% invece dell'1,5%, per esempio, il tasso di sostituzione nel 2050 si ridurrebbe di sei punti percentuali. Tenuto conto di queste considerazioni, le stime effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato vanno prese come elemento di riferimento, consapevoli che la situazione reale nel lungo periodo potrebbe essere sensibilmente diversa. Infatti, le proiezioni effettuate quest'anno ipotizzano una crescita media del Pil da qui al 2060 dell'1,5%, ma non è detto che questa crescita sarà raggiunta (è cronaca di questi giorni che il Pil nel 2014 continuerà a contrarsi).
Ad esempio il tasso di sostituzione netto del 69,1 % previsto per un dipendente che andrà in pensione nel 2050 con 36 anni di contributi potrebbe essere inferiore. A conferma dell'importanza del numero di anni di contribuzione, si tenga presente che lo stesso individuo, andando in pensione con 42 anni di contributi, incasserebbe il 79% dello stipendio. Meno incerta è la situazione per chi è più vicino al pensionamento. Sempre in base alle elaborazioni della Ragioneria generale dello Stato, i dipendenti che si ritireranno nel 2020 con 36 anni di contributi e il minimo di anni di età potranno contare su un tasso di sostituzione del 73,6%, mentre un autonomo avrà il 69,7 per cento.
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