L’assegno vitalizio (500 euro al mese) e lo speciale assegno vitalizio (1.033 al mese) spettano anche al coniuge e al figlio del portatore di una invalidità permanente non inferiore al 50% a causa di un atto terroristico deceduto prima del 1° gennaio 2014. Secondo la Cassazione, infatti, la novella introdotta dal legislatore del 2013 non esplicita in alcun punto che i beneficiari siano solo il coniuge ed i figli della vittima del terrorismo ancora in vita alla data di entrata in vigore della legge n. 147/2013. E’ la tesi della Cassazione espressa in due sentenze gemelle lo scorso mese (Cass. 11180/2022; Cass. 11014/2022).
Assegni Vitalizi
L’articolo 5, co. 3 della legge n. 206/2004 riconosce a chiunque subisca o abbia subito, ferite o lesioni causate da atti di terrorismo non inferiori ad un quarto della capacità lavorativa (25%), e ai superstiti delle vittime, compresi gli orfani maggiorenni, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033€ mensili soggetto a perequazione automatica nonché un assegno vitalizio pari a 500 euro mensili anch'esso non reversibile e soggetto a perequazione automatica (Art. 2, legge 407/1998).
Dal 1° gennaio 2014 la legge di bilancio 2014 (legge n. 147/2013) ha esteso le due prestazioni anche al coniuge e ai figli dell'invalido portatore di una invalidità permanente a causa dell'evento terroristico non inferiore al 50% (art. 5, co 3-bis della legge 206/2004) anche se il matrimonio sia stato contratto successivamente all'atto terroristico e i figli siano nati successivamente allo stesso. Tale beneficio non spetta qualora i benefici siano stati riconosciuti al coniuge poi deceduto o all'ex coniuge divorziato o ai figli nati da precedente matrimonio e viventi al momento dell'evento.
La Questione
Il coniuge e i figli di un invalido al 77% a causa di attentati terroristici risalenti agli anni ‘70 erano stati esclusi dai benefici in quanto la vittima non era deceduta a causa dell'evento terroristico ma a distanza di anni e, comunque, prima del 1° gennaio 2014. Secondo il Ministero i familiari non godono dell’estensione operata dalla legge n. 147/2013 atteso che questa presupporrebbe che il soggetto portatore dell’invalidità fosse vivo al 1° gennaio 2014, data di entrata in vigore della legge n. 147/2013. Per il Ministero, infatti, la norma «quando richiede l'accertamento di una invalidità permanente non inferiore al 50 per cento sottintende la vivenza dell’invalido atteso che tale accertamento non può predicarsi per chi è già deceduto».
La decisione
Di opposto avviso, invece, la Cassazione che nelle citate sentenze ne afferma il carattere autonomo, spettante iure proprio a tali soggetti, con l'esplicita esclusione del caso in cui il coniuge poi deceduto o l'ex coniuge divorziato o i figli nati da precedente matrimonio e viventi al momento dell'evento abbiano già percepito le prestazioni previste dalla legge n. 204 del 2006.
Rigettando la tesi ministeriale la Corte chiosa che «tale argomentare si fonda sul presupposto, erroneo, che l'accertamento di cui si parla debba essere formulato in epoca successiva al decesso della vittima. In verità, lo stato di invalido permanente di cui si discute è attribuito alla vittima del terrorismo che, evidentemente, non è deceduta in ragione dell'attentato e che proprio per essere stata già riconosciuta come vittima del terrorismo dalla legislazione vigente ha ottenuto anche la determinazione dei punti di invalidità necessari a quantificare i benefici medesimi».
Inoltre, proseguono i giudici, la legge n. 147/2013 non esplicita in alcuna parte la condizione che i beneficiari siano solo il coniuge ed i figli della vittima del terrorismo ancora in vita al 1° gennaio 2014, la cui data, piuttosto, serve solo ad indicare l’iniziale decorrenza delle prestazioni.
Di conseguenza, conclude la Corte, i benefici possono essere riconosciuti anche ai familiari (coniuge e figli) a prescindere dalla circostanza che l’invalido sia deceduto prima o dopo del 1° gennaio 2014.