Pensioni

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La Riforma Fornero ha previsto il lento e graduale innalzamento dei requisiti per l'uscita con la pensione di vecchiaia e con quella anticipata. Il prossimo adeguamento è previsto dal 2016 e sarà pari a 3 mesi.

Kamsin Il lento incremento dei requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso alla pensione è una delle regole di base della riforma Monti-Fornero del 2011. Da quest'anno la pensione anticipata, cioè il trattamento pensionistico indipendente dall'età anagrafica può essere conseguito con 41 anni 6 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini.  Al fine di scoraggiare l'uscita dal mondo del lavoro con età inferiori a 62 anni è rimasto, anche dopo il recente intervento del Dl 90/2014, il taglio pari all'1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni, che salgono al 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60 anni.

In via transitoria e fino al 31 dicembre 2017, il DI 216/2011 ha previsto che le decurtazioni non si applicano qualora l'anzianità contributiva considerata derivi da prestazione effettiva di lavoro includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria, per la donazione di sangue e di emocomponenti, come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, e per i congedi parentali di maternita' e paternita' previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nonche' per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Tale normativa costringe pertanto, i lavoratori che non hanno la piena anzianità contributiva richiesta a ritardare il pensionamento anticipato.

In alternativa alla pensione anticipata è possibile accedere alla pensione di vecchiaia con il requisito anagrafico di 66 anni 3 mesi e almeno venti anni di contributi (15 anni per i lavoratori beneficiari della Deroga Amato del 1992).

I requisiti appena indicati sono tuttavia "mobili", in quanto destinati ad essere incrementati sulla base dei futuri adeguamenti alla stima di vita Istat.

Regole specifiche si applicano ai dipendenti del pubblico impiego, che cessano obbligatoriamente al compimento dei 65 anni (limite ordinamentale) se a tale data hanno già maturato un qualsiasi diritto a pensione. Infatti l'eventuale perfezionamento del solo requisito contributivo per la pensione anticipata successivamente ai 65 anni comporta comunque la risoluzione del rapporto di lavoro prima del compimento dell'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.

Inoltre coloro che hanno perfezionato un diritto a pensione entro il 2011 (si pensi ad esempio con la quota "96" oppure con i vecchi 40 anni di contributi) dovranno analogamente lasciare il lavoro al compimento del 65esimo anno di età. Tali lavoratori non possono rimanere in servizio fino ai nuovi limiti neppure su opzione.

Zedde

Una norma della Legge Fornero continua a bloccare il pensionamento dei lavoratori autorizzati ai volontari prima del 20 Luglio 2007 nonostante le coperture fossero già state individuate dalla legge 247/07. Il Comitato Contributori Volontari: "siamo una delle categorie maggiormente penalizzate dalla controriforma previdenziale Fornero".

Kamsin Il comitato Contributori Volontari torna a chiedere al Governo Renzi e alle Commissioni Parlamentari la soluzione della vicenda dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 20 luglio 2007.

In base all'articolo 1, comma 8 della legge 247/07 tali soggetti possono infatti cristallizzare le regole previdenziali della legge Dini che consentivano il pensionamento già con 57 anni di età (58 gli autonomi) e 35 anni di contributi, al netto della stima di vita e dell'anno di finestra mobile. Un diritto tuttavia che è stato compresso fortemente con l'approvazione della Riforma Fornero del 2011 che ha subordinato il mantenimento di tali requisiti agevolati, al rispetto di un preciso termine di decorrenza della prestazione pensionistica, alla mancanza di rioccupazione dopo il conseguimento dell'autorizzazione e, soprattutto, alla circostanza che i lavoratori in questione debbano aver almeno un contributo accreditato al 4 dicembre 2011. Paletti che in realtà non erano previsti nella legge originaria istitutiva della deroga.

“Nell'attuazione delle pregresse riforme previdenziali - si legge nel comunicato del Comitato dei Contributori Volontari - , in virtù del loro patto con lo Stato, costoro sono sempre stati ritenuti legittimati a deroga (vedasi deroghe L. 503/1992, L. 243/2004 e L.247/2007) e, in teoria, anche la manovra del dicembre 2011, alla lettera d) del comma 4 dell’articolo 24, ha confermato tale prassi consolidata, ponendo, come unico vincolo, la data dell’autorizzazione entro il  4.12.2011. Ma c’è un però: “Fu lo stesso Ministro Fornero con i suoi DM attuativi, a cancellare di fatto tale deroga (ponendo un numero tale di condizioni aggiuntive, non previste dalla legge di riferimento, da renderla attuabile solo per pochi “fortunati”), con il risultato di far gravare l’obiettivo del risanamento del Bilancio dello Stato, quasi esclusivamente,  sulle spalle dei cittadini nati tra il 1952 e il 1962”.

Negli ultimi anni, anche con riferimento all'approvazione della sesta salvaguardia, diversi paletti imposti per la fruizione della deroga sono stati, almeno in parte, allentati. Ma restano almeno due criticità di cui il Comitato chiede la pronta rimozione. La prima è relativa al rispetto di una precisa data entro cui la decorrenza della prestazione pensionistica debba essere verificata (attualmente, con l'ultima salvaguardia, il termine è stato spostato al 6 gennaio 2016). 

L'altra questione è quella della necessità che al 4 Dicembre 2011 sussista almeno un contributo accreditato. "Questo vincolo illegittimo fu attenuato con l'introduzione della lettera f) nella legge 147/2013, con la quale in alternativa al contributo volontario accreditato o accreditabile si accetta almeno  un contributo accreditato, derivante da  effettiva attività lavorativa svolta nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre  2013, a condizione che alla data del 30 novembre 2013 non si svolga attività  lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Di fatto però l'introduzione della lettera f) non risulta sufficiente a stralciare del tutto il paletto, perché non è applicabile a tutti quei casi di autorizzati che non hanno svolto più alcuna attività lavorativa dopo l'autorizzazione, ma che in aggiunta si trovano, inoltre, a non aver effettuato versamenti perché al momento della loro espulsione dal mondo del lavoro erano già in possesso della soglia contributiva necessaria" .

La denuncia dei contributori volontari arriva all'indomani dell'approvazione dell'Ordine del Giorno con il quale il Parlamento dichiara sostanzialmente preclusa la possibilità di nuovi interventi in materia di deroghe alla Riforma Fornero: "Prendiamo atto con vivo sgomento, forte disappunto e costernazione" di tale documento. "In questi 32 mesi abbiamo subissato ogni ordine e grado degli organi parlamentari, di nostri argomentati documenti  volti a motivare, in termini di normativa, la legittimità della rivendicazione del ripristino del nostro diritto alla pensione, ma, evidentemente, tali documenti non sono stati presi in alcuna considerazione".

Il comitato ricorda peraltro come il pieno riconoscimento della deroga di cui all'articolo 1, comma 8 della legge 247/04 non comporti ulteriori oneri per lo stato in quanto tale legge “stabiliva le risorse necessarie a garantire la copertura  per cui tutti i lavoratori autorizzati alla contribuzione volontaria prima del 20 luglio 2007".

L’appello è dunque uno e uno solo: quello di "vedersi riconosciuta la pensione con le norme in vigore alla data della autorizzazione ricevuta dall’INPS o dall’INPDAP, senza alcuna limitazione e senza alcuna delle condizioni capestro inserite illegittimamente nei decreti attuativi delle salvaguardie finora previste”.

Zedde

Il termine di liquidazione della buonuscita per il personale in esubero dalle Pa  decorre dalla data teorica di pensionamento in base ai nuovi requisiti fissati dalla Riforma Fornero.

Kamsin Si dilata la data di percezione dell'indennità di buonuscita per i lavoratori del pubblico impiego in esubero ed in prepensionamento all'esito dei piani di riduzione avviati con la spending review del Governo Monti. Per i "soprannumerari", infatti, il termine di liquidazione decorre dalla data di uscita dal lavoro se i requisiti sono stati maturati entro il 31 dicembre 2011; in caso contrario decorre dalla data teorica di pensionamento in base ai nuovi requisiti fissati dalla Riforma Fornero. Che tradotto significa un'attesa di diversi anni prima di vedere la prima tranche della buonuscita.

E' quanto ha precisato l'istituto di previdenza con la Circolare Inps 79/2014 con cui ha specificato le regole per la liquidazione della buonuscita per il personale in esubero che accede al prepensionamento secondo quanto stabilito dal Dl 95/2012 come modificato, di recente dal dl 101/2013. Per tali lavoratori, spiega l'Inps, il giorno a partire dal quale decorre il termine di pagamento della buonuscita dipende dal fatto che il lavoratore sia o meno in possesso dei requisiti per la pensione al 31 dicembre 2011.

Dopo il 2011 - Per chi matura un diritto a pensione dopo il 2011 il termine per il pagamento del Tfs o del Tfr decorre non dalla cessazione dal servizio ma dal momento in cui l'interessato avrebbe maturato il diritto alla pensione in base alle regole previste dalla riforma Fornero.

Inoltre sulla data di liquidazione del Tfs-Tfr incide anche: a) il tipo di prestazione pensionistica a cui si avrebbe diritto con le regole della Riforma Fornero e; b) se la pensione con le vecchie regole viene maturata entro o dopo il 31 dicembre 2013 (il termine di pagamento in caso di pensionamento per limite di età è di sei mesi se il predetto requisito pensionistico in deroga è stato conseguito entro il 31 dicembre 2013 e di 12 mesi se è conseguito dopo la stessa data).

Nello specifico il termine di pagamento sarà di 24 mesi qualora il soggetto maturi il diritto (teorico, cioè calcolato in base ai requisiti previsti dal Dl 201/2011) alla pensione anticipata prima del limite ordinamentale o della ipotetica pensione di vecchiaia. Se, invece, l’interessato raggiungerà, secondo i requisiti previsti dal decreto legge 201/2011, il diritto teorico alla pensione di vecchiaia prima del requisito contributivo relativo alla pensione anticipata allora il trattamento di fine servizio o di fine rapporto sarà pagato una volta decorsi sei/dodici mesi dalla data di conseguimento del diritto (teorico) alla pensione di vecchiaia (rispettivamente a seconda se il diritto è raggiunto entro o dopo il 31.12.2013).

Un Esempio - La circolare riporta il caso di una dipendente che ha maturato in deroga il diritto alla pensione di anzianità il 6 febbraio 2013 con 40 anni di contributi e 58 anni e 8 mesi di età (vecchi requisiti). In base alle regole della riforma, il diritto alla pensione anticipata scatterebbe il 6 agosto 2014 (41 anni e 6 mesi). Di conseguenza il Tfs-Tfr potrà essere liquidato dal 7 agosto 2016, dopo 24 mesi.

Il periodo di 24 mesi si può ridurre a 6 o 12 mesi se il lavoratore raggiunge il limite ordinamentale (che in via generale è di 65 anni) prima o in coincidenza con il diritto alla pensione anticipata o se lo raggiunge durante l'attesa dei 24 mesi. Il limite sarà di 6 mesi qualora il lavoratore raggiunga il diritto a pensione entro il 31.12.2013 o di 12 mesi se lo matura successivamente.

Entro il 2011 - Nessuna novità, invece, per il Tfs-Tfr di chi ha maturato i requisiti pensionistici entro il 2011. Per chi ha maturato i requisiti entro il 2011 il termine di pagamento della buonuscita decorre dalla data di collocamento a riposo e sarà di: 105 giorni per chi entro il 12 agosto 2011 ha maturato la pensione di vecchiaia connessa al limite di età ordinamentale dell'amministrazione di appartenenza o la massima anzianità contributiva (cioè in genere i 40 anni di contributi); 6 mesi per chi, al 12 agosto 2011, ha maturato il diritto alla pensione anticipata con la quota; 24 mesi per chi ha maturato il diritto alla pensione anticipata con la «quota» tra il 13 agosto e il 31 dicembre 2011 se la cessazione avviene per dimissioni (sei mesi se la cessazione avviene per raggiungimento del limite d'età ordinamentale); sei mesi se l'anzianità contributiva massima (40 anni) è stata maturata tra il 13 agosto e il 31 dicembre 2011.

Zedde

Una norma del decreto legge "Sblocca Italia", rifinanzia il Fondo Sociale per la Formazione e l'Occupazione con 728 milioni di euro. I fondi saranno utilizzati per erogare la Cassa Integrazione in Deroga e le altre prestazioni.

Kamsin In attesa che si delinei un piu' ampio intervento sugli ammortizzatori sociali con il Jobs Act  il governo ha provveduto, con il decreto legge Sblocca Italia (Dl 132/2014), al rifinanziamento del Fondo Sociale per l'Occupazione.

L'articolo 40 del provvedimento dispone infatti l'integrazione del Fondo Sociale per la formazione e l'occupazione con ben 728 milioni di euro per garantire, nel 2014, l'erogazione dei finanziamenti connessi alla cassa integrazione in deroga. Del rifinanziamento dovrebbero beneficiare anche le ulteriori prestazioni a carico del Fondo Sociale, in primis, quelle dedicate alla proroga del sostegno al reddito per i lavoratori esodati "ante 2010" finanziate ex articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010 (per i quali si attende la firma del decreto relativo all'annualità del 2014).

Per reperire tali fondi il governo è stato costretto a tagliare altri stanziamenti. È stato, per esempio, rivisto il «bonus Letta» per finanziare le assunzioni a tempo Indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni in regioni svantaggiate.  Quasi 300 milioni di euro, poi, saranno presi dal contributo integrativo dello 0,30 per cento che viene versato all'Inps e il cui scopo, almeno fino ad oggi, era quello di finanziare un fondo rotativo per facilitare l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo.

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Con il sesto provvedimento salgono a 170.230 i lavoratori che complessivamente potranno mantenere le previgenti regole pensionistiche. Cinque i profili di tutela ammessi al beneficio. Domande entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge in GU. Il testo del provvedimento in anteprima.

Kamsin Il disegno di legge numero 1558, già approvato dalla Camera il 3 luglio scorso, ha ricevuto il via libera all'unanimità della commissione Lavoro e previdenza sociale del Senato in sede deliberante. Il ddl assorbe e sostituisce i disegni di legge 217 e 1169 presentati nei mesi scorsi dalle forze politiche e non ha subito modifiche rispetto al testo approvato in prima lettura.

Il provvedimento prevede cinque profili di tutela: lavoratori in mobilità, autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, cessati dal servizio (con accordi con il datore o licenziati in via unilaterlae); lavoratori in congedo per assistere soggetti con disabilità; lavoratori cessati dal servizio per la scadenza naturale di un contratto a tempo determinato.

Con questo intervento salgono complessivamente a 170.230 i lavoratori che potranno, in via eccezionale, mantenere in vigore le regole pensionistiche previgenti come si evince dalla tabella elaborata da pensionioggi.it.

Sulla carta il provvedimento tutela 32.100 nuovi lavoratori ma, nella sostanza, le posizioni realmente finanziate ex novo sono solo 8.100:  sono stati infatti cancellati 20mila posti dalla seconda salvaguardia e 4mila dalla quarta in quanto si trattava di posizioni eccedenti rispetto alle domande pervenute e dunque non utilizzate. E 4mila posti sono a vantaggio di una nuova categoria di salvaguardati, cioè chi dopo un contratto a termine finito tra il 2007 e il 2011 non ha più trovato un impiego a tempo indeterminato e maturerà la decorrenza della pensione con le vecchie regole entro gennaio 2016. Qui il testo della sesta salvaguardia approvata in via definitiva dal Senato.

I prossimi passi - Per accedere ai benefici, che consentiranno di andare in pensione con alcuni anni di anticipo rispetto alle regole attualmente vigenti, i lavoratori dovranno presentare le domande di accesso alla salvaguardia entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge approvata ieri. I dettagli sulle modalità di presentazione delle istanze di accesso ricalcheranno quelle previste dal Dm 14 Febbraio 2014 e saranno individuate da un'apposita Circolare del Ministero del Lavoro nei prossimi giorni.

Pensioni Oggi ha messo a disposizione dei lettori un programma gratuito, qui disponibile, per verificare in anteprima la propria posizione previdenziale alla luce della sesta salvaguardia con la corretta data di decorrenza della prestazione pensionistica e l'eventuale inclusione nella tutela.

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Lo Stato ha risparmiato circa 580 milioni di euro sulle pensioni dei lavori usuranti rispetto alle previsioni iniziali del Dlgs 67/2011. Sullo sfondo una procedura troppo rigida, come l'impossibilità di utilizzare una dichiarazione "retroattiva" dell'attività svolta ai fini dell'accesso al beneficio.

Kamsin Solo un quinto dei fondi stanziati per il pensionamento anticipato dei lavoratori addetti a mansioni particolarmente faticose e pesanti è stato utilizzato sino ad oggi. E' quanto ha indicato nei giorni scorsi il sottosegretario Massimo Cassano alla commissione Lavoro della Camera in risposta a un'interrogazione presentata dall'onorevole Davide Tripiedi (M5S). Nel 2012 le domande di pensione per attività usuranti accolte dall'Inps sono state circa 3.500, per un onere di 72 milioni di euro, mentre l'anno scorso gli assegni sono stati 1.600 con oneri pari a 79 milioni di euro.

Il decreto legislativo 67/2011 per far fronte al pensionamento anticipato rispetto ai requisiti standard aveva stanziato una copertura finanziaria pari a 350 milioni di euro per il 2012 e 383 milioni a decorrere dal 2013. Di conseguenza, finora si sono risparmiati complessivamente 582 milioni.

La normativa attuale prevede che gli addetti a lavorazioni usuranti possono accedere alla pensione dal 2013 con il perfezionamento della quorum 97,3 con una anzianità contributiva minima di 35 anni ed una età minima di 61 anni e 3 mesi. Una ulteriore modifica è stata prevista per i lavoratori notturni. Per loro si è previsto che, ove il lavoro notturno viene prestato per meno di 78 giorni, i valori di età e di quota pensionistica sono aumentati di due anni se il lavoro notturno annuo è stato svolto per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 e di un anno se le giornate annue in cui si è svolto il lavoro notturno sono state da 72 a 77. Per questi soggetti resta però in vigore il differimento di 12 mesi dovuto all'applicazione della finestra mobile. 

La scarso appeal della pensione dei benefici sta nei rigidi requisiti d'ingresso (non è possibile utilizzare una dichiarazione "retroattiva" dell'attività svolta, ma serve la documentazione originale del periodo interessato e non è valida nemmeno l'eventuale dichiarazione del datore di lavoro) nonchè nel fatto che l'anticipo - rispetto ai requisiti standard - è spesso irrisorio stante l'ulteriore differimento dovuto all'applicazione delle finestre mobili. 

Secondo il sottosegretario Cassano, nell'ambito della legge di stabilità, il governo "ha intenzione di verificare se e come sia possibile pervenire ad una soluzione organica di tutte le specifiche situazioni meritevoli di tutela previdenziale e pensionistica emerse nel tempo, tra le quali sicuramente quella dei lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti". La tutela potrebbe peraltro essere estesa al settore edile.

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