Pubblico Impiego

Pubblico Impiego

I Dipendenti Pubblici per evitare il licenziamento, potranno essere trasferiti da una sede ad un'altra e da un comparto ad un altro anche senza il loro consenso, ma ci sarà comunque un limite di chilometri dalla residenza oltre il quale non si potrà andare.

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Anche gli Stipendi potranno essere tagliati per tutti coloro che saranno trasferiti «d'ufficio». Sono queste le due novità che interesseranno la Mobilità obbligatoria degli Statali, un programma che  fino ad oggi non ha mai funzionato.

Per quanto riguarda invece gli altri capitoli, nell'incontro di oggi previsto con i Sindacati proprio in vista dell'approvazione della Riforma della PA, la Madia vorrebbe aprire un ragionamento sullo sblocco del Contratto del Pubblico Impiego le cui risorse andrebbero trovate con la prossima legge di stabilità. Il costo per il rinnovo del Contratto degli Statali (fermo ormai da quattro anni), sarebbe di circa 4,5 miliardi di euro. E poi c'è il problema dei prepensionamenti, tema sul quale il Governo pare fare marcia indietro rispetto alle intenzioni iniziali. La reintroduzione dell'Esonero del Servizio (ossia la possibilità di lasciare a casa i dipendenti pagando il 65 per cento della retribuzione, tema centrale per rilanciare i prepensionamenti e la staffetta generazionale) sarebbe infatti stata messa da parte. Secondo la Madia si percorreranno altre strade, a cominciare dall'abrogazione del Trattenimento in Servizio, la norma che consente ai dipendenti dello Stato di rimanere al lavoro per altri due anni  anche se  sono stati raggiunti i requisiti della pensione. Questo secondo i calcoli più aggiornati, dovrebbe liberare tra i 10 e i 13 mila posti  di lavoro, in un triennio da destinare all'assunzione di giovani.

Gli altri ingressi saranno legati invece, ad una sorta di «patto generazionale», un sistema simile a quello che qualche tempo fa aveva ipotizzato (anche per il Settore Privato), il Governo Letta. Per chi è vicino alla pensione sarebbe incentivata la trasformazione del Contratto di Lavoro in part-time. Per evitare di essere messi in esubero, per i Dipendenti Pubblici ci sarà anche un altro strumento in campo, quello del demansionamento.  Nuove norme potrebbero arrivare per i Magistrati che hanno incarichi di diretta collaborazione; saranno messi fuori ruolo e non potranno più chiedere l'aspettativa, un escamotage quest'ultima, utilizzata spesso per eludere le norme della Legge Severino, la quale prevede che dopo 10 anni di fuori ruolo un Magistrato non possa più rientrare nei ranghi. Sempre per i Magistrati poi, resta sul tappeto l'ipotesi di abbassare l'età di pensionamento dai 75 anni ai 70 anni.

In attesa del via libera dell'esecutivo il prossimo 13 Giugno alla Riforma della Pubblica Amministrazione ieri sono circolate le prime bozze dei provvedimenti che saranno sottoposti Giovedì all'attenzione dei sindacati.

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Spicca la marcia indietro del governo sulla reintroduzione dell'«esonero dal servizio», cioè il pensionamento anticipato di chi è vicino alla fine della carriera per aprire nuovi spazi ai giovani. Doveva essere la chiave per la famosa «staffetta generazionale» ma il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, secondo quanto anticipato da Pensioni Oggi, si è dimostrato scettico su tale possibilità in quanto ciò avrebbe determinato una disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati. La norma dunque rischia di essere stralciata dal provvedimento per poi essere ripresentata dopo il via libera - si spera - della Camera al progetto di legge Damiano sugli esodati.  Il "ritorno economico", secondo la Madia, sarebbe stato peraltro marginale ed avrebbe comportato nuove distorsioni.

Dovrebbe restare in piedi la cosiddetta proroga dell'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione con i requisiti antecedenti alla legge 247/07 per le lavoratrici che scelgono il regime contributivo. Un'idea che potrebbe portare il regime, in scadenza nel 2015, sino al Dicembre 2016 o al 2017. 

Probabile poi la cancellazione del trattenimento in servizio, cioè la possibilità di continuare a lavorare per due anni dopo l'età della pensione. Il governo potrebbe liberare così circa 10 mila posti, ma coinvolgendo anche altri settori — come giustizia, sanità e università — si potrebbe arrivare anche a 15 mila. Sul piatto c'è anche l'ipotesi di un ammorbidimento del blocco del turnover, oggi limitato al 20% con un nuovo ingresso ogni cinque uscite. Non ci sono dubbi, invece, sul dimezzamento dei permessi sindacali. La spiegazione del ministero, nel documento inviato agli stessi sindacati, è l'unica che non arriva nemmeno ad una riga: «Il governo ritiene la misura necessaria».

Piu' chiare anche le regole anche della nuova mobilità. Viene eliminata, per gli spostamenti volontari, la necessità del nullaosta da parte dell'amministrazione di provenienza e del consenso del lavoratore interessato (a condizione tuttavia che sia conservato lo stesso stipendio e il trasferimento avvenga entro certi limiti geografici).

Resta invece da sciogliere il nodo del numero delle Prefetture da ridurre: l'ipotesi iniziale era di portale a 40, una per regione con qualche deroga al Sud nelle zone a più alto rischio criminalità.

Il Governo si muove sulla Riforma della Pubblica Amministrazione. «Ci siamo» ha detto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo aver ricevuto dal Ministro Marianna Madia, il rapporto sulle 34.674 e-mail inviate dai cittadini che hanno partecipato alla consultazione pubblica. I provvedimenti ufficiali si conosceranno nel Consiglio dei Ministri del 13 Giugno.

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Il Premier Matteo Renzi sta pensando di anticipare un piccolo pezzo della Riforma con un emendamento al Decreto Legge sul bonus da 80 euro, già all’esame del Senato.

Qui potrebbe vedere la luce l’accorpamento di Aci e Motorizzazione, assegnando proprio alla Motorizzazione la gestione del Pra (Pubblico Registro Automobilistico), oggi diviso a metà con l’Automobil Club.  Un'altra misura che potrebbe essere approvata d'urgenza, riguarda la creazione di una Scuola unica della Pubblica Amministrazione che unirebbe le cinque esistenti oggi, con l’istituzione di una banca data unica per le Società partecipate degli Enti locali e il controllo affidato al Ministero dell’Economia. I tre emendamenti dovrebbero essere presentati nei prossimi giorni nelle Commissioni Tesoro e Finanze del Senato che stanno lavorando al Decreto Irpef, provvedimento che tuttavia ha subito uno slittamento per via dei contrasti emersi tra Governo e maggioranza sulle modifiche da apportare.

In particolare, pare in bilico l'estensione del bonus da 80 euro ai nuclei mono-reddito con più figli (almeno 3), che rischia di non entrare nel provvedimento.

I dirigenti delle società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni o enti pubblici, titolari di pensione cessano il proprio rapporto di lavoro improrogabilmente al 31 dicembre 2013, qualora tali società abbiano chiuso l'ultimo esercizio in perdita. I dirigenti di società con esercizio in avanzo, non possono cumulare la propria pensione con lo stipendio.

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E' quanto ha ribadito l'Inps con la circolare n. 65/2014, che ha impartito le modalità applicative dell'art. 3, comma 7-ter della legge 125/2013. La norma, com'è noto, prevede la sospensione della pensione per chi ricopre un ruolo da dirigente in società in attivo controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni o enti pubblici; mentre se la società è in perdita il dirigente perde il proprio incarico.

Per quanto riguarda il campo applicativo della norma,l'Inps ricorda nel documento che la regola è riferita anche a società con esercizio in avanzo, controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni o enti pubblici, a esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari. Si tratta pertanto: 1) delle società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) delle società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) delle società che sono sotto influenza dominante di un'altra società a seguito di particolari vincoli contrattuali.

I destinatari della disposizione sono coloro che ricoprono, nell'ambito dell'amministrazione societaria, una posizione dirigenziale, come individuata dai contratti collettivi di lavoro e titolari di pensione di vecchiaia o di anzianità alla data del 31/10/13.

Per la corretta applicazione della norma l'Inps chiede alle società interessate la trasmissione di apposite dichiarazioni di responsabilità alle sedi Inps, nelle quali devono attestare: a) le generalità complete dei propri dirigenti, titolari di pensione; b) la data e la durata dell'incarico dirigenziale conferito; c) lo status di società controllata da amministrazioni o enti pubblici; d) la sussistenza di esercizio in avanzo riferito all'anno 2012 ovvero all'anno precedente il conferimento al primo incarico dirigenziale.

L'Inps chiarisce che il pagamento del trattamento pensionistico sospeso sarà ripristinato dalla data di prima decorrenza utile successiva alla scadenza dell'incarico, come comunicata dalla società o dal dirigente interessato, salvo che intervenga la risoluzione dei rapporto di lavoro in data anteriore. In pratica solo una volta adempiuta tale formalità l'Inps procederà alla sospensione del trattamento pensionistico di cui è titolare il dirigente e procederà al recupero delle mensilità corrisposta dal 1° Novembre 2013.

Muove su più fronti la Riforma del pubblico impiego che il governo punta a realizzare dal prossimo 13 giugno. Le parole chiave sono maggiore mobilità intercompartimentale; staffetta generazionale; abrogazione del trattenimento in servizio, revisione dell'istituto dell'esonero; risoluzione anticipata del rapporto di lavoro per i dirigenti.

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L'idea dell'esecutivo sul fronte della dirigenza è di realizzare il cd. ruolo unico, un mercato organico dei manager pubblici che avrà effetti anche sulle retribuzioni che dovrebbero ispirarsi al merito e alla omogeneità (a parità di prestazioni o incarichi svolti). Si potenzierà la valutazione delle performance che dovrebbe avvenire sulla base di obiettivi misurabili fissati dal ministro competente. I premi dei dirigenti saranno ancorati anche a criteri di carattere generale come l'andamento dell'economia o il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

E ci sarà maggiore mobilità: "non si entrerà più in una amministrazione per restarvi tutta la vita con carriere automatiche" ha detto la Madia. Non solo. Ci sarà anche la possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine.

Il ministro Madia ha spiegato inoltre che si vuole abrogare l'istituto del trattenimento in servizio, per recuperare almeno 10mila-13mila posti di lavoro da assegnare alla staffetta generazionale. Tra le altre proposte c'è la tanto discussa riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali e l'introduzione dell'esonero dal servizio, un istituto abrogato nel 2011 che ora potrebbe assumere rilevanza per i prepensionamenti e per dare maggior spazio ai giovani.

Ci sarà molto probabilmente anche un intervento corposo sul fronte delle municipalizzate, dei comuni, delle Regioni, sulle forze dell'ordine e delle Prefetture a cui il governo potrebbe chiedere un contributo aggiuntivo di risparmi a ottobre in una nuova operazione di spending review del commissario Carlo Cottarelli.  Alcune semplificazioni potrebbero riguardare anche il settore dell'edilizia sul fronte delle autorizzazioni sismiche, quelle paesaggistiche e in particolare per i piccoli interventi o sui tempi di rilascio del permesso di costruire.

Dopo la tornata elettorale il governo riprende il lavoro sulle riforme, la prima in agenda è quella relativa alla pubblica amministrazione che dovrebbe essere approvata in Consiglio dei Ministri il prossimo 13 giugno.

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Mancano del resto pochi giorni al 31 Maggio, termine per la consultazione online che il ministro della funzione pubblica Marianna Madia ha avviato nei giorni scorsi per conoscere le idee dei lavoratori interessati alla riforma.

In ogni caso i punti all'ordine del giorno sono già abbastanza chiari. Soprattutto per quanto riguarda la dirigenza statale che vede diverse ipotesi sul tavolo del governo. A cominciare dalle modalità di ingresso a questa posizione. I nuovi dirigenti saranno infatti reclutati, oltre che attraverso le tradizionali forme concorsuali, mediante contratti a tempo determinato che potranno essere trasformati in rapporti a tempo indeterminato sulla base del rendimento del primo triennio del dirigente. Una sorta di messa in prova per tre anni per i neoassunti prima di poter ottenere la conferma a tempo indeterminato.

Un altro punto chiave della riforma sarà il tema della licenziabilità che sarà collegata al ruolo unico: in pratica chi rimarrà senza incarico per un certo periodo di tempo potrà essere licenziato liberamente dalla pubblica amministrazione. Senza contare che secondo la Madia i dirigenti potranno anche essere revocati sulla base di presupposti oggettivi sulla base di di specifiche ipotesi di responsabilità dirigenziali.

Novità che interesseranno anche le retribuzioni. Per la Madia queste dovranno essere legate non solo al merito, attraverso una valutazione che terrà conto di indicatori relativi sia all'andamento dell'economia in generale che della pubblica amministrazione, ma dovranno anche essere livellate per evitare i paradossi attualmente esistenti tra le varie Pa.  L'obiettivo dichiarato è quello di uniformare gli stipendi dei dirigenti in modo da evitare che, ad esempio, chi lavora al Tar o alla presidenza del Consiglio possa guadagnare cifre molto più elevate rispetto ai dirigenti delle Entrate o di altri ministeri con lo stesso grado.

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