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Dal 1° gennaio 2015 tornano gli automatismi stipendiali per il personale del comparto difesa e sicurezza. Ma non per la dirigenza.

Kamsin Forti criticità esprime Gianni Tonelli, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia sulla legge di stabilità. Solo una notizia positiva denuncia l'Ufficio Studi del Sap nella legge finanziaria. Dal primo gennaio 2015 verranno pagati l' assegno di funzione, gli avanzamenti di qualifica, l'indennità di omogeneizzazione e altri vari automatismi, che saranno percepiti da chi ha maturato tali voci del trattamento economico fisso nel corso degli ultimi 4 anni. Va detto, però, che da questi benefici rimane escluso chi ha un'anzianità di servizio da 0 a 4 anni, da 21 a 27 anni, da 31 a 32 anni e superiore a 36 anni.

Ancora per tutto il 2015, inoltre, rimane il blocco dell'incremento annuale Istat del trattamento economico a favore del personale dirigente e di quello direttivo con trattamento economico dirigenziale. E per lo stesso personale è prevista la proroga, per l'anno prossimo, anche del blocco della progressione automatica degli stipendi. Ma non è tutto.

Il Sap, infatti, sottolinea che la Legge di Stabilità prevede la proroga del blocco dei rinnovi contrattuali e negoziali fino al 31 dicembre del 2015. Un danno non da poco proviene, poi, da un'altra voce. Fino al 31 dicembre 2018, l'ammontare dell'indennità di «vacanza contrattuale» sarà ferma a quella in godimento al 31 dicembre 2013. Il punto è che, sempre secondo il sindacato di polizia, essendo presumibile ipotizzare per i prossimi anni una crescita dell'economia e dunque una conseguente ripresa del tasso inflattivo anche fino al 2 per cento, e siccome, come previsto nelle more del rinnovo contrattuale, deve essere corrisposto lo 0,50 per cento dell'inflazione programmata, il blocco del governo agli attuali parametri deflattivi comporta un danno di un punto
percentuale. Ciò significa che su 3mila euro lordi di stipendio medio, la perdita è di 400 euro l'anno.

Critico il Sap anche sulla norma che introduce un tetto alle pensioni. Anche se la misura necessita di un chiarimento da parte dell'Inps e del ministero del lavoro il provvedimento riguarda tutti coloro che sino al 2011 si sarebbero visti determinare la pensione con il sistema retributivo. Tra questi, dununcia il Sap, molti sono appartenenti alle forze dell'ordine che si sono arruolati prima del dicembre 1980. "Tale personale, che dal 2012 aveva continuato a maturare la pensione con il sistema contributivo, si vedrà decurtata tutta la parte eccedente il superamento la misura della pensione determinata sul massimo della base pensionabile, ovvero dell'80 per cento delle ultime retribuzioni" denuncia il sindacato.

"In soldoni, vi sarà una perdita sulla pensione per ciascun anno lavorato dal 2012 in poi di circa 2540 euro netti medi al mese. Se a ciò si aggiunge che tale personale, accedendo alla pensione con il requisito della vecchiaia, non potrà più ricorrere al cosiddetto moltiplicatore che comporta un incremento del montante contributivo di cinque volte, possiamo stimare che per molti il danno sarà tra i 500 e gli 800 euro mensili per le qualifiche di base" conclude la nota del Sap.

La Legge di Stabilità stabilisce, inoltre, anche presupposti più stringenti per il pagamento delle indennità accessorie (cambio turno, reperibilità, ecc), la diminuzione del trattamento per reparti mobili, ecc. In questo il danno stimato, secondo il Sindacato, è di circa 400 euro procapite l'anno.
Il Sap denuncia anche quello che chiama «furto legalizzato». Il riferimento è ai «50 milioni di euro sottratti dal fondo Inps, ex Inpdap, che viene incrementato dagli interessi attivi della mutualità dei pubblici dipendenti» (forme di assistenza come prestiti, mutui, borse di studio peri quali i poliziotti versano lo 0,35 per cento dello stipendio). Il risultato è di altri 400 euro procapite in meno annuali sul trattamento economico delle donne e degli uomini in divisa.

Seguifb

Zedde

La nomina di Boeri all'Inps potrebbe accelerare il processo di revisione della Riforma Fornero del 2011. L'economista era critico sul brusco innalzamento dell'età pensionabile, esodati e ricongiunzioni onerose.

Kamsin Nel Consiglio dei Ministri di ieri il governo ha nominato Tito Boeri nuovo presidente dell'Inps. L'economista prende il posto di Tiziano Treu, che a ottobre era stato messo al posto di Vittorio Conti con la qualifica di commissario straordinario e il compito di riformare la governance dell'Inps e portare a compimento la fusione dell'istituto di previdenza con quelli dei lavoratori pubblici (Inpdap) e dello spettacolo (Enpals).

Il curriculum - Milanese, classe 1958, Boeri è professore ordinario all'Università Bocconi (dove si è anche laureato), direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, responsabile scientifico del festival dell'economia di Trento ed editorialista della Repubblica. Nel suo curriculum vanta un dottorato in Economia alla New York University e un'esperienza di dieci anni, da senior economist, all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). È stato anche consulente del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro.

Gli interventi sulle Pensioni promossi da Boeri
Come si ricorderà, Boeri, è stato uno dei principali critici alla Riforma delle Pensioni Fornero, accusata dall'economista, di non essere all'altezza degli obiettivi, soprattutto perché poco attenta alla domanda di lavoro. Il nodo principale, scriveva Boeri nel 2013 dalle pagine dell'Espresso, era l'aver innalzato troppo bruscamente l'età pensionabile senza affrontare in modo compiuto il problema dei lavoratori esodati ed esodandi: "La riforma non ha neanche posto rimedio alla barbarie dei ricongiungimenti onerosi e ha affrontato in modo brutale il problema dell'indicizzazione delle pensioni. Così, invece di trovare coerenza, di inseririsi in un disegno unitario con la riforma del mercato del lavoro, la rende ancora più pesante per i lavoratori e per le imprese" sosteneva Boeri.

Ma la critica era rivolta soprattutto alla mancanza di gradualità: "nel caso della riforma delle pensioni non c'era bisogno di attuare un innalzamento così brusco dell'età minima di pensionamento. Sarebbe bastato rideterminare gli importi pensionistici applicando riduzioni attuariali, pari a circa il 2-3 per cento in meno per ogni anno di pensionamento precedente al raggiungimento della nuova età richiesta. Al tempo stesso, si poteva chiedere ai datori di lavoro di versare i contributi sociali per questi lavoratori fino a quando avessero maturato il diritto a una pensione piena. Al di là del caso degli esodati, la riforma non tiene conto delle grandi differenze nei livelli di produttività e nei programmi di vita dei lavoratori anziani. Alcuni svolgono mansioni in cui sono altamente produttivi e motivati, altri magari, anche per ragioni famigliari, preferiscono ritirarsi dalla vita attiva pur sapendo che così facendo percepiranno una pensione più bassa.

Un sistema pensionistico sostenibile può permettere scelte diverse sull'età di pensionamento, posto che chi va in pensione prima (ricevendo un assegno per un periodo più lungo) deve incassare somme più basse. La riforma Fornero invece ha costretto anche quei lavoratori che avrebbero accettato una decurtazione della propria pensione pur di uscire prima a posticipare il pensionamento. Specie in un momento così difficile per il nostro mercato del lavoro sarebbe stato meglio garantire maggiore flessibilità nei piani di pensionamento. Bisognava anche abolire i ricongiungimenti onerosi, permettendo ai lavoratori di totalizzare i contributi versati una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia" concludeva Boeri.

La nomina al vertice dell'Inps di Boeri potrebbe ora agevolare un processo di revisione della Riforma Fornero. Diversi esponenti politici, anche della maggioranza, hanno piu' volte annunciato la volontà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps calendarizzata per l'anno prossimo di rimettere mano a quei punti critici che il neo-presidente dell'Inps già indicava un anno fa. 

Seguifb

Zedde

In vista della pronuncia da parte della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum sui trattamenti pensionistici (Comitato promotore – Sen. Roberto Calderoli), il Consiglio dei Ministri ha dato il proprio assenso a presentare alla Corte le memorie che la legge n. 352 del 1970 dà al Governo la facoltà di presentare. Kamsin E' quanto si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Presidenza del Consiglio oggi al termine del Cdm.

Le memorie dovrebbero chiarire la posizione del Governo circa l'abrogazione della Riforma Pensionistica Fornero varata nel dicembre 2011 promossa dalla Lega Nord. Il partito, guidato ora da Matteo Salvini, vuole indire un referendum abrogativo, nella prossima primavera, volto a cancellare l'articolo 24 del decreto legge 201/2011 e a ripristinare, pertanto, la pensione di anzianità. Il quesito chiede di abrogare la Legge Fornero del Governo Monti che colpisce i giovani, le lavoratrici ed i lavoratori.

La Consulta è infatti chiamata a stabilire, nelle prossime settimane, se il referendum è ammissibile o meno.

Seguifb

Zedde

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del jobs act relativo al contratto a tutele crescenti. Il decreto attuativo del jobs act sul contratto a tutele crescenti non prevede piu' il cosiddetto 'opting out', cioe' la possibilita' di un indennizzo piu' elevato per il lavoratore licenziato ingiustificatamente al posto del reintegro. Kamsin L'indennizzo che spetterà al lavoratori sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Secondo la bozza diffusa dal Governo, inoltre, per le piccole imprese rimane invariata la situazione attuale, cioe' un indennizzo pari a 2-6 mensilita', con un sistema graduale legato all'anzianita' di servizio.

Ecco il testo del decreto legislativo diffuso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attu azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Art. 1 – Campo di applicazione.

Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.

Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.

Art. 2 – Licenziamento discriminatori o, nullo e intimato in forma orale.

Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nul lità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non impre nditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende riso lto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di la voro, salvo il caso in cui abbia rich iesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al pr esente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il da tore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u ltima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr e attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me nsilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co me previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della re integrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entr o trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.

Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar ticolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per gius tificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rappor to di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non supe riore a ventiquattro mensilità.

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe r giustificato motivo sogget tivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla qual e resta estranea ogni valutazi one circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a ltre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire ac cettando una congrua offerta di la voro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di rein tegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assi stenziali dal giorno del li cenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.

La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion e anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente ne ll’inidoneità fisica o ps ichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’ articolo 7 della legge n. 604 del 1966.

Art. 4 – Vizi formali e procedurali.

Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della le gge n. 604 del 1966 o della procedur a di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichia ra estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superior e a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavo ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

Art. 5 – Revoca del licenziamento.

Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di c ontinuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano app licazione i regimi sanz ionatori previsti dal presente decreto.

Art. 6 – Offerta di conciliazione.

In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’ articolo 1, al fine di ev itare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc iliazione prev ista dalla legge, il datore di lavoro può offrir e al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’ articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è asso ggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de ll’ultima retribuzione gl obale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferior e a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circ olare. L’accettazione dell ’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’es tinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

L’onere derivante dalla disposizi one di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l’anno 2015, settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto a carico del fondo di cui all’ar ticolo 1, comma 107, della legg e di stabilità per il 2015.

Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su ll’attuazione della pr esente disposizione.

Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.

Ai fini del calcolo delle indenni tà e dell’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, l’anzianità di serv izio del lavoratore che passa a lle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.

Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.

Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’im porto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazi oni di mese uguali o superiori a quindici giorni si comput ano come mese intero.

Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.

Ove il datore di lavoro non raggi unga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’artico lo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.

Ai datori di lavoro non imprenditori , che svolgono senza fine di lucr o attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ov vero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al presente decreto.

Art. 10 – Licenziamento collettivo.

In caso di licenziamento colletti vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate al l’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’ art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.

Art. 11 – Contratto di ricollocazione.

È istituito presso l’Istituto Nazi onale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup azione involontaria, al qual e affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno 2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett ito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal Centro per l’impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condiz ione che effettui la procedura di de finizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.

Presentando il voucher a una agenzia per il lavo ro pubblica o privata accreditata secondo quanto previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:

1) il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ri cerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per il lavoro;

2) il diritto del lavoratore al la realizzazione da parte dell’agenz ia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione pr ofessionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;

3) il dovere del lavoratore di porsi a di sposizione e di cooperare con l’ agenzia nelle iniziative da essa predisposte. L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo persona le di occupabilità di cui al comma 2 e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal D.lgs. di cui al comma 2.

Art. 12 – Rito applicabile.

Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le di sposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.

Qui il testo della bozza di decreto legislativo diffusa da Palazzo Chigi

Seguifb

Zedde

 
 
 
 
 
Schema di decreto legislativo recante disposizioni
in materia di contratto di lavoro a tempo
indeterminato a tutele crescenti, in attu
azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Art. 1 – Campo di applicazione.
Per i lavoratori che rivestono la qua
lifica di operai, impiegati o qua
dri, assunti con contratto di
lavoro subordinato a tempo indeterm
inato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, il regime di tutela nel ca
so di licenziamento illegittimo è
disciplinato dalle disposizioni di
cui al presente decreto.
Nel caso in cui il datore di la
voro, in conseguenza di assunzio
ni a tempo indeterminato avvenute
successivamente all’entrata in vigore del presente
decreto, integri il requisito occupazionale di cui
all’articolo 18, ottavo e nono comma, della le
gge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei
lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale
data, è disciplinato dalle disposizioni del
presente decreto.
Art. 2 – Licenziamento discriminatori
o, nullo e intimato in forma orale.
Il giudice, con la pronuncia con la
quale dichiara la nul
lità del licenziamento perché discriminatorio
ovvero riconducibile agli altri casi
di nullità espressamente previsti
dalla legge, ordina al datore di
lavoro, imprenditore o non impre
nditore, la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro,
indipendentemente dal motivo formalmente addott
o. A seguito dell'ordine
di reintegrazione, il
rapporto di lavoro si intende riso
lto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro trenta
giorni dall'invito del datore di la
voro, salvo il caso in cui abbia rich
iesto l'indennità di cui al terzo
comma del presente articolo. Il regime di cui al pr
esente articolo si applica anche al licenziamento
dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la pronuncia di cui al comma
1, il giudice condanna altresì il da
tore di lavoro
al risarcimento
del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di
cui sia stata accertata la
nullità e l’inefficacia,
stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u
ltima retribuzione globale di fatto maturata dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva
reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel
periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr
e attività lavorative. In
ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me
nsilità della retribuzione
globale di fatto. Il
datore di lavoro è condannato, altresì, per il
medesimo periodo, al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co
me previsto al comma 2, al lavoratore è data la
facoltà di chiedere al datore di
lavoro, in sostituzione della re
integrazione nel posto di lavoro,
un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima
retribuzione globale di fatto, la cui richiesta
determina la risoluzione del
rapporto di lavoro, e che non è
assoggettata a contribuzione
previdenziale. La richiesta dell'indennità deve
essere effettuata entr
o trenta giorni dalla
comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito
del datore di lavoro a riprendere servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione.
Art. 3 – Licenziamento per giusti
ficato motivo e giusta causa.
Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar
ticolo, nei casi in cui
risulta accertato che non
ricorrono gli estremi del licenziamento per gius
tificato motivo oggettivo o
per giustificato motivo
soggettivo o giusta causa, il giudice
dichiara estinto il rappor
to di lavoro alla data del licenziamento
e condanna il datore di lavoro
al pagamento di un'indennità no
n assoggettata a contribuzione
previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul
tima retribuzione globale di fatto per ogni anno
di servizio, in misura comunque
non inferiore a quattro e non supe
riore a ventiquattro mensilità.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe
r giustificato motivo sogget
tivo o per giusta causa
in cui sia direttamente dimostrata
in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al
lavoratore, rispetto alla qual
e resta estranea ogni valutazi
one circa la sproporzione del
licenziamento, il giudice annulla il
licenziamento e condanna il datore
di lavoro alla reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento
di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima
retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a
ltre attività lavorative, nonché
quanto avrebbe potuto percepire ac
cettando una congrua offerta di la
voro ai sensi dell’articolo 4,
comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri
le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità
risarcitoria relativa al periodo
antecedente alla pronuncia di rein
tegrazione non può essere superiore
a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di
fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì,
al versamento dei contributi previdenziali e assi
stenziali dal giorno del li
cenziamento fino a quello
dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.
La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion
e anche nelle ipotesi in
cui il giudice accerta il
difetto di giustificazione per motivo consistente ne
ll’inidoneità fisica o ps
ichica del lavoratore,
anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e
10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo
1 non trova applicazione l’
articolo 7 della legge n.
604 del 1966.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato c
on violazione del requisito
di motivazione di cui
all’articolo 2, comma 2, della le
gge n. 604 del 1966 o della procedur
a di cui all’articolo 7 della
legge n. 300 del 1970, il giudice dichia
ra estinto il rapporto di lavoro
alla data del licenziamento e
condanna il datore di lavoro
al pagamento di un’indennità no
n assoggettata a contribuzione
previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul
tima retribuzione globale di fatto per ogni anno
di servizio, in misura comunque
non inferiore a due e non superior
e a dodici mensilità, a meno che
il giudice, sulla base della domanda del lavo
ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per
l’applicazione delle tutele di cui agli
articoli 2 e 3 del presente decreto.
Art. 5 – Revoca del licenziamento.
Nell'ipotesi di revoca del
licenziamento, purché effettuata entro il
termine di quindici giorni dalla
comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione
del medesimo, il rapporto di lavoro si intende
ripristinato senza soluzione di c
ontinuità, con diritto del lavoratore
alla retribuzione maturata nel
periodo precedente alla revoca, e non trovano app
licazione i regimi sanz
ionatori previsti dal
presente decreto.
Art. 6 – Offerta di conciliazione.
In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’
articolo 1, al fine di ev
itare il giudizio e ferma
restando la possibilità per
le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc
iliazione prev
ista dalla
legge, il datore di lavoro può offrir
e al lavoratore, entro
i termini di impugnazione
stragiudiziale del
licenziamento, in una delle sedi di cui all’
articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82,
comma 1, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito
imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche e non è asso
ggettata a contribuzione
previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de
ll’ultima retribuzione gl
obale di fatto per ogni
anno di servizio, in misura comunque non inferior
e a due e non superiore a diciotto mensilità,
mediante consegna al lavoratore di un assegno circ
olare. L’accettazione dell
’assegno in tale sede da
parte del lavoratore comporta l’es
tinzione del rapporto alla
data del licenziamento e la rinuncia alla
impugnazione del licenziamento anche qualora
il lavoratore l’abbia già proposta.
L’onere derivante dalla disposizi
one di cui al comma 1 pari a due
milioni di euro per l’anno 2015,
settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic
imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto
a carico del fondo di cui all’ar
ticolo 1, comma 107, della legg
e di stabilità per il 2015.
Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion
e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della
legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su
ll’attuazione della pr
esente disposizione.
Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.
Ai fini del calcolo delle indenni
tà e dell’impoto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e
all’articolo 6, l’anzianità di serv
izio del lavoratore che passa a
lle dipendenze dell’impresa che
subentra nell’appalto si computa
tenendo conto di tutto il periodo
durante il quale il lavoratore è
stato impiegato nell’attività appaltata.
Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.
Per le frazioni di anno d’anzianità
di servizio, le indennità e l’im
porto di cui all’articolo 3, comma
1, all’articolo 4, e all’articolo
6, sono riproporzionati e le frazi
oni di mese uguali o superiori a
quindici giorni si comput
ano come mese intero.
Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.
Ove il datore di lavoro non raggi
unga i requisiti dimensionali di
cui all’articolo
18, ottavo e nono
comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica
l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle
indennità e dell’importo previsti
dall'articolo 3, comma 1, dall’artico
lo 4, comma 1 e dall’articolo 6,
comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori
, che svolgono senza fine di lucr
o attività di natura politica,
sindacale, culturale, di istruzione ov
vero di religione o di culto, si
applica la disciplina di cui al
presente decreto.
Art. 10 – Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento colletti
vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo
2 del presente decreto. In caso di violazione delle
procedure richiamate al
l’articolo 4, comma 12, o
dei criteri di scelta di cui all’
art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui
all'articolo 3, comma 1.
Art. 11 – Contratto di ricollocazione.
È istituito presso l’Istituto Nazi
onale della Previdenza Sociale il Fondo
per le politiche
attive per la
ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup
azione involontaria, al qual
e affluisce la dotazione
finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in
ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di
20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno
2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett
ito relativo al contributo di cui all’articolo 2,
comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il lavoratore licenziato illegittimamente o per
giustificato motivo oggettivo o per licenziamento
collettivo di cui agli articoli 4
e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223,
ha il diritto di ricevere dal
Centro per l’impiego territorialmente competente
un voucher rappresentativo della dote individuale
di ricollocazione, a condiz
ione che effettui la procedura di de
finizione del profilo personale di
occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell
a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di
politiche attive per l’impiego.
Presentando il voucher a una agenzia per il lavo
ro pubblica o privata accreditata secondo quanto
previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha
diritto a sottoscrivere con essa il contratto di
ricollocazione che prevede:
il diritto del lavoratore a una
assistenza appropriata nella ri
cerca della nuova occupazione,
programmata, strutturata e
gestita secondo le migliori tecniche
del settore, da parte dell’agenzia per
il lavoro;
il diritto del lavoratore al
la realizzazione da parte dell’agenz
ia stessa di iniziative di ricerca,
addestramento, formazione o riqualificazione pr
ofessionale mirate a sbocchi occupazionali
effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del
mercato del lavoro nella zona ove il
lavoratore è stato preso in carico;
il dovere del lavoratore di porsi a di
sposizione e di cooperare con l’
agenzia nelle iniziative da essa
predisposte.
L’ammontare del voucher è proporzionato
in relazione al profilo persona
le di occupabilità di cui al
comma 2 e l’agenzia ha diritto a
incassarlo soltanto a risultato o
ttenuto secondo quanto stabilito dal
D.lgs. di cui al comma 2.
Art. 12 – Rito applicabile.
Ai licenziamenti di cui al presen
te decreto non si applicano le di
sposizioni dei commi da 48 a 68
dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Stop alle nuove prestazioni di disoccupazione per coloro che possono accedere alla pensione senza alcuna decurtazione dell'assegno di pensionamento.

Kamsin Il perfezionamento di un diritto a pensione, di vecchiaia o anticipata, fa decadere le prestazioni di disoccupazione, anche se sono in corso di erogazione a condizione che il lavoratore non risulti soggetto alla penalizzazione. E' quanto, in sintesi, ha precisato l'Inps con la Circolare Inps 180/2014 diffusa ieri sul sito dell'Istituto.

Le prestazioni di Aspi e Mini-Aspi possono essere fruite, ribadisce l'Inps, sino al perfezionamento dell'età pensionabile (cioè 66 anni e 3 mesi e 20 anni di contributi, oppure 42 anni e mezzo di contributi - 41 anni e mezzo le donne), in quanto il diritto ad Aspi e mini Aspi decade al «raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato». Ma se, nel caso della pensione anticipata, il lavoratore risulta soggetto alla penalizzazione il diritto all'Aspi e/o alla Mini-Aspi non si interrompe.

La Vicenda - Com'è noto, i soggetti che maturano il diritto alla pensione anticipata prima dei 62 anni d'età sono soggetti a una riduzione dell'assegno pensionistico, di misura variabile (1 o 2%) in base agli anni di effettivo anticipo della pensione rispetto all'età di 62 anni. In tal caso, spiega l'Inps, è possibile fruire di Aspi e mini Aspi fino al compimento di 62 anni di età, sempreché non sia presentata domanda di pensione anticipata. In altre parole, la decadenza dalla fruizione di Aspi e mini Aspi scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento del 62esimo anno di età; ovvero, qualora il soggetto faccia domanda di pensionamento, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata domanda di pensione prima dei 62 anni d'età.

La deroga - Fino al 31 dicembre 2014 è stato previsto che, in alcune specifiche ipotesi, non trovi applicazione la penalizzazione, anche se il pensionamento anticipato avvenga prima di 62 anni d'età (quando l'anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria, per donazione sangue, per i congedi parentali, per ì congedi e i permessi di assistenza a disabili). In tali casi, la decadenza da Aspi e mini Aspi scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di perfezionamento dei requisiti per la pensione anche se prima dei 62 anni di età (poiché non c'è penalizzazione).

L'Inps non lo precisa nella Circolare di ieri, tuttavia seguendo questo criterio dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2017 la decadenza opererà in ogni caso di pensionamento prima dei 62 anni d'età, poiché la legge di Stabilità 2015 introduce una sospensione della penalizzazione, una sorta di moratoria, appunto fino al 31 dicembre 2017.

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