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Riforma Pensioni, piu' facile la pensione per il coniuge di una vittima di terrorismo
L'aumento figurativo ai fini previdenziali interesserà anche il coniuge o i figli non presenti al momento dell'evento.
Kamsin Alle vittime di terrorismo che abbiano presentato domanda entro il 30 novembre 2007, si dovrà applicare un incremento della retribuzione pensionabile corrispondente a quella della qualifica superiore, senza alcun sbarramento.
Inoltre, l'aumento figurativo di 10 anni ai fini previdenziali spetterà anche al coniuge e ai figli dell’invalido non presenti al momento dell'evento, nel nel caso in cui lo stesso beneficio non sia stato attribuito ai genitori della vittima. Infine i benefici previdenziali dovranno essere applicati anche nel caso in cui le posizioni assicurative siano state aperte successivamente all'evento terroristico.
Sono queste le novità in favore delle vittime di terrorismo contenute nei commi 163-165 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014).
Con la manovra il Governo introduce, quindi, quasi a sorpresa, quei benefici previdenziali per le vittime del terrorismo che sfumarono nell'intervento del Dl 90/2014, della scorsa estate.
Per capire la portata dell'intervento bisogna fare, però, un passo indietro e risalire alla normativa attuale. L’articolo 2, comma 1, della L. 206/2004 (Norme in favore delle vittime del terrorismo) ha disposto che, ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di fine rapporto o altro trattamento equipollente a chiunque subisca o abbia subito un'invalidità permanente di qualsiasi entità e grado in conseguenza di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, nonché alle vedove e agli orfani, la retribuzione pensionabile vada rideterminata incrementando la medesima di una quota del 7,5 per cento.
Il successivo articolo 3, comma 1, ha altresì disposto che a tutti coloro che hanno subito un'invalidità permanente della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, e ai loro familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi, anche sui loro trattamenti diretti sia riconosciuto un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l'anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente.
L’articolo 4, comma 2,ha infine disposto che a tutti coloro che hanno subito un'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, sia riconosciuto il diritto immediato alla pensione diretta, in misura pari all'ultima retribuzione percepita integralmente dall'avente diritto e rideterminata secondo le previsioni della medesima L. 206/2004.
Ora con l'intervento della legge di stabilità viene riconosciuto l’aumento figurativo di 10 anni (utile ad aumentare, per una pari durata, l'anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il T.F.R. o altro trattamento equipollente) al coniuge e ai figli dell’invalido anche nel caso in cui il matrimonio sia stato contratto o i figli siano nati successivamente all’evento terroristico. Il beneficio, specifica la norma, non è usufruibile dal coniuge e dai figli dell’invalido nel caso in cui quest’ultimo contragga matrimonio dopo che lo stesso beneficio sia stato attribuito ai genitori.
Con l'intervento, inoltre, si commisura, per i soli dipendenti privati invalidi (nonché per i loro eredi aventi diritto alla pensione di reversibilità) che, ai sensi della normativa previgente al 1° gennaio 2015, abbiano presentato domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali entro il 30 novembre 2007, l’incremento della retribuzione pensionabile riconosciuto (ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di fine rapporto o altro trattamento equipollente) non nella misura del 7,5%, bensì in riferimento alla percentuale di incremento tra la retribuzione contrattuale immediatamente superiore e quella contrattuale posseduta dall’invalido all’atto del pensionamento, ove più favorevole. In ogni caso, si prescinde da qualsiasi sbarramento al conseguimento della qualifica superiore, se prevista dai contatti di categoria.
Infine si precisa che è indifferente che la posizione assicurativa obbligatoria inerente al rapporto di lavoro dell’invalido (la cui individuazione è necessaria ai fini della quantificazione della misura della pensione diretta spettante alle vittime che abbiano subito una invalidità permanente pari o superiore all'80% della capacità lavorativa) sia aperta al momento dell’evento terroristico o successivamente. In nessun caso sono opponibili termini o altre limitazioni temporali alla titolarità della posizione e del conseguente diritto al beneficio.
Seguifb
Zedde
Pensioni, Gutgeld: possibile una misura per anticipare l'uscita
In un'intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera il consigliere economico di Palazzo Chigi, Yoram Gutgeld, annuncia l'intenzione di voler rendere possibile anticipare la pensione, sia pure con un trattamento inferiore. A molti questo oggi potrebbe andar bene. E con il nostro sistema, ormai contributivo, si può».
Kamsin Yoram Gutgeld, da consigliere economico del premier, cosa la colpisce della vicenda dei vigili di Roma?
«Prima di tutto non vorrei che si facesse di tutta l'erba un fascio: abbiamo una Pubblica amministrazione che numericamente non è superiore alla media europea e che è fatta soprattutto da gente che lavora bene».
Ma...
«Ma la vicenda romana di fatto ci ricorda che qualche problema nella gestione delle malattie nel pubblico impiego c'è se i certificati dal 2011 al 2013 sono aumentati del 27%. Tutto questo richiede una gestione più attenta anche nel rispetto dei cittadini».
Pensa che trasferire le competenze sui certificati dalle Asl all'Inps sia la cura? «È un'idea che va valutata tenendo conto degli aspetti organizzativi ed economici. I soldi sarebbero sempre pubblici ma l'Inps ha dimostrato di saperli adoperare meglio. Potremmo risparmiarci qualcosa».
La vicenda dei vigili sarà usata come grimaldello per inasprire le regole sul rendimento nel pubblico impiego? «È materia oggi oggetto di una legge delega che ha l'obiettivo di rendere la Pubblica amministrazione più efficiente».
Pensa che si possa estendere il semplice indennizzo anche ai licenziamenti disciplinari nella Pa? E con quale strumento?
«Non voglio scendere nello specifico. Auspico che la riforma porti a usare i soldi pubblici con un criterio diverso: quello del merito, cioè dare di più a chi fa meglio e viceversa». I sindacati chiedono di intervenire sulla materia con contratto e non per decreto. «L'esecutivo è aperto ai contributi di tutti ma le norme che fa il governo poi passano per il Parlamento».
È giusto intervenire sulla struttura della retribuzione variabile quando quella fissa, oggetto anch'essa di contrattazione, è bloccata da anni? «Il momento economico è difficile, mi rendo conto. Ma è anche vero che chi lavora nella Pa ha mantenuto posti di lavoro che altri hanno perso». Intanto l'Istat prefigura per la prima volta una ripresa. «Gli elementi positivi ci sono. Alcuni sono esogeni: da un lato la riduzione del costo del petrolio che noi importiamo, dall'altro la debolezza dell'euro e il piano della Bce».
Quelli interni quali sono? «Abbiamo ridotto il costo del lavoro del 70% per i neoassunti a tempo indeterminato, e con il Jobs Act daremo una spinta interna forte per assumere di più».
Non ci sono altre misure per sbloccare la crescita? «Tutti sanno che c'è il tema europeo dello scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit, soprattutto quando questi comportano interventi dei privati. E poi c'è il nostro tentativo di correggere il dato del Prodotto interno potenziale che, secondo dati Ocse, è maggiore di quanto stimato dalla Commissione europea, con il risultato che in realtà noi già oggi non saremmo in deficit». Finora si è ottenuto poco. «Che il piano juncker, per quanto limitato, contempli che i contributi dei singoli Stati non vengano calcolati nel deficit è un primo passo. Ma c'è un altro tema che vorremmo porre all'attenzione dell'Ue».
Quale? «Quello delle pensioni: la riforma ha messo sotto controllo il sistema, allo stesso modo in cui sono sotto controllo i costi della sanità. Tutto questo crea una dinamica di lungo termine della spesa pubblica migliore di quella di altri Paesi che però non ci viene riconosciuta. Questo perché il sistema di valutazione Ue guarda la contabilità anno per anno e non tiene conto dei risparmi di lungo termine».
Quindi? «Quindi con il nostro sistema, che ormai è contributivo, se io pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate, non sto aumentando la spesa. .Ma l'Ue guarda solo la spesa attuale».
State già discutendo di questo in sede europea? «Lo faremo: anticipare la pensione sia pure con un trattamento inferiore a molti oggi potrebbe andar bene. Vogliamo renderlo possibile».
Farete un prelievo sulle pensioni più alte? «Non è in agenda». Finora la nostra dialettica con Merkel non è parsa diversa dalla solita contrapposizione flessibilità/austerità. «Riconosciamo che Merkel ha un fronte interno che preme. Ma la discussione sulla flessibilità ormai è in corso e con tutte le riforme che porteremo a casa saremo sempre più credibili: sono ottimista». Intanto a marzo ci attende un nuovo esame Ue sui conti pubblici.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, ecco le ipotesi di modifica per il 2015
Tra le altre scelte che il Governo si accinge a compiere nelle prossime settimane c'è quella sull'attuale sistema di uscite verso la pensione che secondo molti all'interno dell'esecutivo dovrebbe essere reso più flessibile. La stessa recente nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Inps potrebbe favorire un restyling pensionistico.
Kamsin Il premier durante le feste natalizie ha subito fatto capire che la nomina di Boeri non rappresenta il primo passo verso nuovi interventi in materia previdenziale. Ma, come afferma il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, «una manutenzione della legge Fornero» potrebbe essere «utile» ed il governo esaminerà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps, quelle proposte volte ad introdurre maggiore flessibilità delle uscite verso il pensionamento.
Fonti vicine a Palazzo Chigi fanno osservare come già in questa direzione si colloca un emendamento alla legge di stabilità approvato in Parlamento con cui sono state eliminate le penalizzazioni per chi va in pensione con il requisito dei 42 anni di anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni di età. Vediamo dunque quali sono le ipotesi attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi e cosa significano per i lavoratori.
La prima, nota a molti, è quella relativa ai pensionamenti flessibili. L'ipotesi vuole far agguantare la pensione a chi ha raggiunto almeno 62 anni e 35 di contributi, seppur con una penalità dell'8%. La penalità decresce del 2% l'anno per ogni anno di permanenza sul lavoro e, pertanto, si azzera al compimento di 66 anni.
C'è poi l'ipotesi di consentire il pensionamento con il perfezionamento della quota 100 (somma di anzianità contributiva e anagrafica) cara al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Qui si vuole introdurre un meccanismo simile alla vecchia pensione di anzianità partendo da un minimo anagrafico e contributivo con il contestuale perfezionamento di una quota data dalla somma dell'età anagrafica e contributiva. Nei fatti si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni e 38 anni di contributi, con 61 anni e 39 di contributi oppure con 60 anni e 40 di contributi.
Da menzionare anche il cd. prestito pensionistico, un'idea elaborata dall'Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l'età pensionabile sino ad un massimo un paio d'anni rispetto ai requisiti vigenti. L'anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l'assegno previdenziale. Infine, un'altra ipotesi rilanciata in questi giorni dopo la nomina di Boeri all'Inps è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di un anticipo sull'età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu' consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole standard.
Il confronto a Palazzo Chigi è già partito. Del resto sul versante previdenziale c'è già un intervento obbligato nell'agenda del Governo: la riforma della governance dell'Inps che dovrà diventare più snella e funzionale. Riforma che potrebbe vedere la luce entro febbraio. Entro tale mese, pertanto, si dovrebbero conoscere le intenzioni del Governo. Sullo sfondo c'è poi la decisione della Consulta sul referendum abrogativo della Riforma Fornero. Se dovesse essere giudicato ammissibile, ipotesi per ora remota, il Governo dovrebbe proporre una Riforma molto piu' profonda.
Seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, alleggerita la stretta sui Patronati
Nella prima versione della Stabilità la sforbiciata era di 300 milioni. Poi si è via via ridotta. Prima a 150 milioni, poi a 75. E, infine a 35. Ora dimagrirà solo dell'8% il Fondo totale di 440 milioni a disposizione dei patronati.
Kamsin La tagliola sui fondi dei patronati è stata notevolmente allentata dal governo Renzi. Nella legge di stabilità la riduzione prevista scende a 35 milioni, al posto dei 150 inizialmente messi in cantiere. Di conseguenza il prelievo sui lavoratori dipendenti diventerà più leggero. Scende da 0,226 a 0,207 la percentuale di contributi previdenziali obbligatori destinati al finanziamento di queste strutture.
E altre novità si fanno strada. Vengono infatti esclusi dal finanziamento gli enti che non riescono ad effettuare un numero consistente di pratiche. Per ciascuno la soglia limite è infatti di una quota dell'1,5% (in precedenza era del 2,5%), sul totale nazionale. Ma il pericolo di escludere definitivamente i più piccoli da questo grande business sembrerebbe sventato. I patronati minori, che non riescono a detenere questa percentuale, in quanto svolgono un'attività ridotta, potrebbero rimanere in piedi prendendo la strada del consorzio, già prevista dalla normativa attuale (la legge 152 del 2001). Le restrizioni, certo, non finiscono qui. C'è un'altra sorpresa, introdotta dalla manovra appena varata.
Saranno ammessi alla ripartizione dei contributi solo quei patronati che operano «in un numero di province riconosciute la cui somma della popolazione sia pari ad almeno il 60% della popolazione italiana accertata nell'ultimo censimento e che abbiano sedi in almeno otto Paesi stranieri», anche se sono esclusi dal rispetto di quest'ultima condizione i patronati delle organizzazioni agricole.
La legge apre poi a nuove competenze. I patronati avranno la possibilità di svolgere, senza scopo di lucro, attività di sostegno, informative, di consulenza, di supporto, di servizio e di assistenza tecnica in favore di soggetti privati e pubblici e, quindi, non solo piu' nei confronti dei lavoratori in materie come diritto del lavoro, sanità, diritto di famiglia e delle successioni, diritto civile e legislazione fiscale, risparmio, tutela e sicurezza sul lavoro.
La novità piu' evidente rispetto al passato, riguarda quelle attività di supporto di consulenza che dal prossimo anno potranno essere svolte anche a favore delle pubbliche amministrazioni sulla base di apposite convenzioni. Non solo. I patronati potranno essere di aiuto anche per i servizi anagrafici o certificativi e nella gestione di servizi di welfare territoriale. Avranno poi un ruolo anche nella riorganizzazione della pubblica amministrazione facilitando il dialogo telematico tra uffici periferici e i cittadini. Le nuove competenze dovranno essere regolate tramite un apposito decreto del Ministero del Lavoro da emanarsi entro il 30 giugno 2015.
seguifb
Zedde
Amianto, stop alla revoca delle certificazioni rilasciate dall'Inail
La legge di stabilità riconosce a circa 700 lavoratori genovesi i benefici pensionistici legati all'esposizione ultradecennale all'amianto.
Kamsin Per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori esposti all’amianto attualmente in servizio, con effetto dal 1° gennaio 2015 e senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto (salvo il caso di dolo da parte del soggetto interessato, accertato giudizialmente con sentenza definitiva) dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL per il conseguimento dei benefici pensionistici previsti dalla normativa vigente per gli stessi lavoratori.
E' quanto prevede l'articolo 1, comma 112 della legge di stabilità (legge 190/2014), provvedimento che è entrato in vigore lo scorso 1° gennaio 2015.
Con la norma si dispone che non dovranno essere considerati i provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL (salvo dolo provato dell’interessato) per il conseguimento dei benefici previsti dall’art. 13, c. 8, della L. n. 257/1992 secondo cui, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per i lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a 10 anni l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali è moltiplicato per il coefficiente di 1,25.
La novella dovrebbe risolvere la vicenda di oltre 700 lavoratori genovesi ai quali erano stati annullati dall'Inail i benefici pensionistici legati all’esposizione all’amianto per l'avvio di dell'indagine giudiziaria sulle cd. false pensioni.
Seguifb
Zedde
Altro...
Pensioni e Partite Iva, il Governo promette un provvedimento ad hoc
La legge di Stabilità non ha bloccato l'aumento dei contributi alla gestione separata dell'Inps, dando via agli aumenti. Dall'1° gennaio 2015 si passerà dal 27,72 al 29,72% e poi un punto l'anno fino al 33,72%.
Kamsin Sul tavolo del consiglio dei ministri dopo il termine delle vacanze di natale ci sarà un intervento in favore dei professionisti e della loro previdenza. Matteo Renzi ha infatti annunciato un provvedimento ad hoc al fine di colmare il gap normativo verificatosi nei confronti dei professionisti nell'approvazione della citata legge e relativo al blocco dell'aliquota contributiva Inps al 27% e all'innalzamento del volume d'affari per coloro che vorranno accedere al regime forfettario.
Nell'occhio delle polemiche ci sono proprio questi due nodi, minimi ed aliquote previdenziali. In relazione al regime dei minimi, che adottato sotto la gestione Tremonti, aveva scelto un forfettone semplificato a 30 mila euro con prelievo del 5%, ora, con la legge di stabilità, si vede cambiare l'asticella che è stata abbassata per «le attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi» a 15 mila euro con una tassazione del 15% (ma applicato al 78% del fatturato, perché si presume un'incidenza dei costi del 22%). Vengono esclusi dal forfait al 15% coloro il cui reddito supera i 20 mila euro. Nella sostanza un duro colpo per i professionisti che contrasta con gli slogan governativi dell'abbassamento della pressione fiscale e di semplificazione.
La manovra sui minimi, tra l'altro, s'accompagna all'aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, previsto dalle disposizioni del governo Monti, che balza di due punti percentuali (al 29,72%) e, nel 2018, finirà per sfiorare quota 33%. Un'aliquota superiore sia a quella che versano i lavoratori dipendenti che gli autonomi come i commercianti ed artigiani (22-23%), che non concede prestazioni previdenziali piu' robuste. Anzi. La liquidità della gestione separata dell'Inps viene utilizzata per sostenere il fondo lavoratori dipendenti dell'Inps ora in forte deficit dopo l'accorpamento con l'Inpdap e la cassa dirigenti.
Dal provvedimento governativo si attende dunque una revisione del regime dei minimi per i professionisti, in primis l'innalzamento del volume d'affari almeno a 30 mila euro, e una contestuale riduzione del prelievo fiscale al 5%. Inoltre occorrerà considerare che a parità di reddito, mentre per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps, l'importo dei contributi è calcolato sulla base di un'aliquota del 28%, per le imprese e per gli autonomi l'aliquota applicata è del 22% circa, ben 6 punti percentuali in meno. L'unificazione delle aliquote rappresenta, in questo caso, la soluzione ideale per trattare alla pari tutti i lavoratori.
seguifb
Zedde
Pensioni, spirano i termini per la sesta salvaguardia
Scadono il 5 Gennaio i termini per la presentazione delle istanze di accesso ai benefici previdenziali connessi alla sesta salvaguardia.
Kamsin Domande al rush finale per la sesta salvaguardia. I lavoratori che intendano fruire delle regole pensionsionistiche ante-Fornero hanno tempo sino a Lunedì 5 Gennaio 2015 per la presentazione delle istanze di accesso alla DTL o all'Inps. Sono 32.100 i soggetti che potenzialmente potranno accedere alla tutela introdotta con la legge 147/2014. Il beneficio, per i fortunati che vi rientreranno, si tradurrà in un anticipo della pensione di circa 2-4 anni rispetto alle regole attuali.
Vediamo, dunque, di riassumere quali sono le caratteristiche e chi potrà, potenzialmente, presentare domanda per fruire del beneficio.
La legge 147/2014 prevede che possano presentare domanda i lavoratori appartenenti ad uno dei seguenti profili.
a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
e) i lavoratori che, nel corso dell'anno 2011, risultano essere in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e successive modificazioni, o aver fruito di permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, e successive modificazioni;
f) i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato;
g) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
h) i lavoratori collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti previdenziali vigenti al 31.12.2011.
La legge prevede che i soggetti di cui alle lettere a-g possono accedere al beneficio a condizione che la data di decorrenza del trattamento pensionistico (cioè comprensiva della finestra mobile) si apra entro e non oltre il 6.1.2016.
Per i lavoratori di cui alla lettera h) (cioè i lavoratori nel profilo "mobilità") si richiede invece il perfezionamento di un diritto a pensione con le vecchie regole di pensionamento entro la data di scadenza dell'indennità di mobilità. Sul punto, abbiamo appreso da una nota diffusa dalla Direzione Generale Pensioni in risposta ad un quesito dell'Inca Nazionale, potranno fare domanda anche coloro che maturano un diritto previdenziale, con la vecchia normativa, entro i 12 mesi successivi alla scadenza dell'indennità di mobilità (ordinaria) indipendentemente dalla prosecuzione volontaria dei contributi.
Le domande
I lavoratori di cui alle lettere a), g) ed h) (prosecutori volontari e mobilità) devono presentare istanza di accesso all'Inps mediante procedura online sul sito inps.it; gli altri lavoratori devono invece presentare istanza di accesso tramite dtl (si veda in tal senso la Circolare del Ministero del Lavoro numero 27 del 7 Novembre 2014).
Si ricorda che l'Istituto ha indicato, con il messaggio inps 8881/2014 che i lavoratori che hanno già presentato istanza di accesso al beneficio previsto per 2.500 lavoratori di cui all’art. 11 bis della legge n. 124 del 2013 (c.d. quarta salvaguardia), in possesso di un provvedimento di accoglimento della competente DTL e rimasti esclusi dal contingente numerico, non devono presentare una nuova istanza per accedere ai benefici della salvaguardia in parola. L’Istituto, infatti, provvederà ad individuare d’ufficio i soggetti aventi diritto a rientrare nel nuovo contingente di n. 1800 unità previsto dalla salvaguardia di cui alla legge n. 147 del 2014.
L'Inps provvederà al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, e provvederà a pubblicare nel proprio sito internet, in forma aggregata al fine di rispettare le vigenti disposizioni in materia di tutela dei dati personali, i dati raccolti a seguito dell'attivita' di monitoraggio, avendo cura di evidenziare le domande accolte, quelle respinte e le relative motivazioni. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione ammissibili per il contingente in questione l'INPS non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici in parola.
Si ricorda, inoltre, che è possibile verificare in anteprima il rispetto dei vari paletti tramite l'apposito programma realizzato da Pensioni Oggi (vai al software).
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, a 61 anni in pensione se la Consulta darà l'ok
Qualora passasse il referendum le prestazioni potrebbero essere conseguite a 61 anni e 3 mesi oppure con 40 anni di contributi. Verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012.
Kamsin Dovrebbe iniziare mercoledì 14 gennaio alle 9,30 la camera di consiglio della Corte costituzionale sull'ammissibilità del referendum che intende abrogare la Legge Fornero. Il relatore sarà il giudice Mario Rosario Morelli. Entro il 10 gennaio, Presidenza del Consiglio e ministero del Lavoro dovranno inoltre presentare le memorie per dimostrare davanti ai giudici della Corte l'eventuale inammissibilità del referendum abrogativo, promosso dalla Lega Nord.
Se ci sarà il via libera dei giudici costituzionali, il Governo Renzi dovrà stabilire una data per il voto in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.
Semplice il testo del quesito proposto dalla Lega Nord: «Volete che sia abrogato: l'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 6 dicembre 2011, n.2011
modificazioni e integrazioni successive?».
Difficile, però, comprendere se la Consulta darà il via libera. Il fatto, osservano in molti, è che il quesito ha effetti rilevanti sulla stabilità dei conti pubblici e, pertanto, rischia di essere dichiarato inammissibile dalla Consulta.
Qualora la Corte desse il via libera si aprirebbero, tuttavia, scenari molto interessanti. Il Governo sarebbe costretto ad approvare entro la primavera, per evitare la consultazione, una nuova legge in materia previdenziale. Infatti, se il referendum fosse ammesso e delle urne emergesse la volontà di abrogare la Riforma del 2011 si ritornerebbe al vecchio sistema delle quote e delle finestre mobili. Cosa significherebbe in concreto? Che si potrebbe andare in pensione con requisiti molto piu' agevoli rispetto a quelli attuali.
Ad esempio nel 2015 secondo quanto stabiliva la vecchia normativa (si veda la tabella seguente) era possibile accedere alla pensione di anzianità con 61 anni e 3 mesi, unitamente al quorum 97,3 e 35 anni di contributi, oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi.
Effetti positivi anche per le prestazioni di vecchiaia. Invece degli attuali 66 anni e 3 mesi la vecchia normativa chiedeva, per il 2015, 65 anni e 3 mesi di età per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e soli 60 anni e 6 mesi per le donne nel settore privato.
Senza contare che verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012 con conseguenze positive sull'importo degli assegni per coloro che erano nel sistema retributivo sino al 2011. Una grana considerevole per Renzi.
seguifb
Zedde
Pensione anticipata, ricalcolo per gli assegni già decurtati?
L'inps dovrà precisare i limiti allo stop alla penalizzazione introdotto dalla legge di stabilità per il 2015. Tra i chiarimenti attesi la possibilità di ammettere al ricalcolo gli assegni già decurtati sino al 31 Dicembre 2014.
Kamsin Dello stop alla penalizzazione ne abbiamo già discusso. Fino al 31 dicembre 2017 chi accede alla pensione prima dei 62 anni l'età non subirà la penalizzazione Fornero che prevede che sulla quota di pensione "retributiva" sia applicata una riduzione dell'1% per ogni anno di anticipo della pensione rispetto ai 62 anni di età e una riduzione del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni. Con la norma inserita nella legge di stabilità, ci sarà, in pratica, un periodo di sospensione della penalizzazione sino al 2017 con la conseguenza che le pensioni anticipate dal 2018 torneranno ad essere penalizzate se l'accesso avverrà con meno di 62 anni.
Ma ci sono diversi punti che dovranno essere chiariti dall'Inps nelle prossime settimane. Innanzitutto: cosa accadrà a quegli assegni che sono stati già decurtati prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità. Rimarranno tali oppure saranno depenalizzati a partire dal 1° gennaio 2015? In attesa della risposta ufficiale ricordiamo che c'è un precedente che avvalora la seconda ipotesi. Con il messaggio inps 5280/2014 l'istituto ha infatti ammesso, in passato, al ricalcolo quegli assegni decurtati sulla base di periodi contributivi successivamente "depenalizzati" da disposizioni di legge.
Ovviamente anche accogliendo questa seconda ipotesi le mensilità già corrisposte non potranno essere recuperate.
Da chiarire anche cosa accade a quei lavoratori che raggiungono l'anzianità contributiva entro il 31 Dicembre 2017 ma scelgono di andare in pensione in data successiva alla maturazione del requisito contributivo, ad esempio, nel 2019. Si pensi ad un lavoratore che raggiunge nel novembre 2017 i 42 anni e 10 mesi di contributi e 58 anni di età e decide di restare sul lavoro per altri due anni. Nel 2019, all'età di 60 anni esce: il suo assegno sarà penalizzato? La risposta dovrebbe essere negativa nel senso che comunque il suo assegno non sarà decurtato, ma un chiarimento ufficiale sarebbe rassicurante.
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Zedde
Isee 2015, ecco i documenti da portare ai Caf per ottenerlo
Le principali novità riguardano i conti correnti bancari o postali: i contribuenti dovranno portare un documento con l'indicazione della giacenza media annua e non sarà piu' sufficiente solo il saldo al 31 Dicembre.
Kamsin L'Indicatore della situazione economica equivalente nasce nel 1998 per definire la situazione economica di un cittadino e del suo nucleo familiare. Viene utilizzato dalle Amministrazioni dello stato ed altri Enti per riconoscere il diritto a godere di prestazioni sociali o assistenziali agevolate come gli assegni per la maternità, i bonus famiglia, il bonus bebè, la carta acquisti, l'erogazione di servizi sociali e tutte le agevolazioni legate allo studio, dalle tasse universitarie alle borse di studio, fino alle mense scolastiche o le agevolazioni per l'iscrizione al nido.
L'Isee consente anche di accedere ai contributi per l'affitto o i bonus per il gas, l'energia elettrica bollette telefoniche o dell'acqua oltre che alle tariffe agevolate definite dai comuni per la tariffa rifiuti, la Tasi i trasporti o i ticket sanitari. Si tratta quindi di uno strumento fondamentale per il riconoscimento dei diritti dei cittadini, in particolare delle fasce più deboli. Il nuovo modello Isee, che sarà operativo dal primo gennaio 2015, nasce proprio con l'obiettivo di garantire una maggiore equità nell'accesso alle agevolazioni, identificando meglio le condizioni di bisogno dei cittadini e contrastando le possibili pratiche elusive ed evasive. Le principali novità riguardano la certificazione dei redditi, con l'incrocio dei dati presenti negli archivi Inps e dell'agenzia delle Entrate, e una rimodulazione rispetto alla situazione reddituale con l'inclusione di redditi o trattamenti esenti.
Scende inoltre la franchigia sul patrimonio mobiliare, che però tiene conto dei componenti del nucleo familiare. Per la casa, oltre che di eventuali figli conviventi, è stato introdotto nel calcolo del valore dell'immobile anche una riduzione pari all'eventuale mutuo ancora in essere e per chi è in affitto viene aumentato a 7.000 euro l'anno l'importo massimo deducibile. Sulla disabilità, la principale novità è l'introduzione di 3 diverse franchigie sul reddito in base alla gravità del bisogno: 4.000 euro per disabilità media, 5.500 euro per disabilità grave e 7.000 euro per persone non autosufficienti (gli importi aumentano se l'interessato è un minore).
Altra novità, introdotta per rispondere più tempestivamente al mutare delle condizioni reddituali è l'Isee corrente: si tratta di una dichiarazione che può essere presentata in caso di perdita del lavoro e con un reddito che varia in misura maggiore al 25%. In questi casi il riferimento per l'accesso non sarà più la sola situazione dell'anno precedente, ma si terrà conto della condizione economica della famiglia al momento di richiesta di una prestazione sociale.
Per tutti gli utenti che si presenteranno al Caf per compilare l'Isee, segnaliamo che rispetto al passato cambiano alcuni documenti da portare. In particolare le principali novità riguardano i conti correnti bancari o postali, con l'indicazione della giacenza media annua (e non più solo il saldo al 31/12) e quindi servono gli estratti conto trimestrali e/o mensili, e gli per autoveicoli (o imbarcazioni) di proprietà alla data di presentazione della Dsu, per i quali vanno portati al Caf la targa o gli estremi di registrazione al P.R.A. e/o al R.I.D.
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