Rossini V

Rossini V

Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Ho firmato un accordo individuale per la risoluzione consensuale, con decorrenza 31 dicembre 2011, del rapporto di lavoro, dopo 34 anni servizio ininterrotto in Camera di commercio, di cui 12 come dirigente. L'estratto contributivo Inpdap evidenzia 38 anni di contributi (di cui 4 per riscatto di laurea) e 9 giorni. Inoltre, il 19 aprite 2012 ho presentato domanda di ricongiunzione di ulteriori due mesi per servizi svolti nel 1977 come supplente temporaneo con posizione costituita presso l'Inps. Sono nata il 4 gennaio 1953 e non ho ripreso attività lavorativa. In base alla situazione descritta, vorrei sapere se sarò ricompresa tra i salvaguardati. Franca Maria da Genova

Dai dati forniti dalla lettrice non pare possano ravvisarvi possibilità di salvaguardia. Infatti, seppur la salvaguardia si applica nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro si è risolto entro il 31 dicembre 2011 in funzione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ler del Codice di procedura civile, oppure in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo, stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, i requisiti pensionistici previgenti la riforma Monti-Fornero sarebbero soddisfatti nell'aprile 2014 (con 61 anni 3 mesi di età e 38 anni di contributi). A causa della finestra mobile di dodici mesi, che in tal caso continua ad essere operante, l'accesso alla pensione avverrebbe decorso un anno, oltre il termine previsto dal messaggio Inps 4678/2012 che stabilisce la decorrenza massima della pensione entro il 6 gennaio 2015. Nessuna novità inoltre arriverebbe dalla terza salvaguardia (legge 228/2012): il limite del 6.1.2015 non subirebbe infatti alcuno spostamento in avanti.

Oggi è ancora possibile chiedere l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, ma ciò non costituirebbe titolo per poter accedere alla pensione con le regole previgenti il decreto Salva Italia.


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Sono un esodato di Poste Italiane che il 18 ottobre 2011 ha sottoscritto con la propria azienda un accordo di esodo individuale. L'accordo prevedeva la mia uscita il 31 marzo 2012 con 40 anni e 13 gg di contributi con accompagnamento economico da parte dell'azienda stessa fino ad aprile 2013 in quanto dal 1 maggio 2013 avrei dovuto percepire il primo assegno di pensione. A seguito dei noti eventi non sono entrato a far parte dei 65mila e 55mila salvaguardati per il solo fatto di essere uscito dopo il 31 dic. 2011. Alla luce di quanto sopra esposto volevo chiedere se il mio caso rientra nella legge di stabilità che salvaguardia ulteriori 10130 esodati e che prevede, fra l'altro, che occorre essere uscito dall'azienda entro il 30 giugno 2012. A aprile del 2012 per cautelarmi ho richiesto all'inps l'autorizzazione a proseguire la CV che mi è stata concessa. Sempre per cautelarmi ho pagato a settembre 2012 la 1^ rata trimestrale e la seconda avrei dovuto pagarla a fine dicembre 2012. Vista l'approvazione della legge di stabilità del 24 dic. 2011 N. 228 che prevedeva all'art. 1 comma 231 la salvaguardia della mia platea, ho interrotto il pagamento dei CV Di seguito i miei dati -Accordo firmato il 18 ottobre 2011 -uscita da Poste il 31 marzo 2012 con 40 anni e 13 gg di contributi+ 3 mesi di CV -Diritto alla pensione con legge previgente dopo 13 mesi dall'uscita dall'azienda e cioè maggio 2013. -Non rioccupato Gennaro da Torino

Si ritiene che il lettore rientri nella fattispecie di cui all'articolo 1, comma 231, lettera c) della legge 228/2012 (legge di stabilità) e pertanto possa mantenere le previgenti regole di pensionamento. L'articolo citato - come correttamente osserva l'interessato - tutela infatti i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412 del codice di procedura civile ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorche' abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a condizione che:

1) abbiano conseguito successivamente alla data del 30 giugno 2012 un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attivita' non superiore a euro 7.500;

2) perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6 Gennaio 2015.

Ciò detto si confermano i calcoli circa la data di decorrenza che resta fissata al 1° Maggio 2013 (finestra di 13 mesi). Il lettore dovrà altresì presentare istanza di accesso alla Direzione Territoriale del Lavoro entro 120 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta del decreto attuativo (ad oggi non ancora avvenuta).


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Sono dipendente del pubblico impiego dal 1980. Sono nato nel 1949 e ho dei contributi da titolare di un'impresa commerciate dal lo gennaio 1974 al 31 dicembre 1979, consecutivi, ma purtroppo non ricongiunti. Vorrei sapere che cosa dovrei fare per utilizzare i contributi da commerciante e quando potrei andare in pensione. Franco da Viareggio

Per utilizzare i contributi versati all'Inps da im­prenditore commerciale, il lettore ha diverse opzioni. Vediamole nel dettaglio.

a): può chiedere, a titolo gratuito, al rag­giungimento dei 40 anni di contributi complessivi (a cui aggiungere 3 mesi per effetto dell'adeguamento alla stima di vita Istat), l'applicazione dell'istituto della totalizzazione, ai sensi della legge 42/00. In tal caso, ogni gestione (Inpdap-Inps) calcola la pensione sul­la contribuzione complessiva e liquida la quota di pensione di sua pertinenza, in proporzione all'anzia­nità assicurativa e sulla base dei requisiti e dei criteri stabiliti nel Proprio ordinamento. Il pagamento de­gli importi liquidati dai singoli enti, calcolati con il sistema contributivo, è sempre effettuato dall'Inps e, secondo quanto stabilito dall'articolo 12 del decre­to legge n. 78, convertito con modifiche nella legge n. 122 del 30 luglio 2010, la decorrenza della pensione derivante dalla to­talizzazione, decorre trascorsi 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti previsti, per applicazione della cosiddetta finestra mobile. La pensione decorrerà pertanto dal 1° ottobre 2015.

b): il lettore può richiedere, a titolo gratui­to, il cumulo dei periodi assicurativi, ai sensi dell'arti­colo 1, comma 239 e seguenti della legge 228/12. Tale beneficio, peraltro, comporta l'obbligatorietà di an­dare in pensione soltanto al compimento dei requisi­ti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e la pensione verrà corrisposta in quote, da parte, dalle gestioni previdenziali interessate, in rapporto ai ri­spettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le re­gole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sul­la base delle rispettive retribuzioni di riferimento. Quindi, la decorrenza della pensione avverrà al com­pimento dell'età per la pensione di vecchiaia. Poiché nel quesito il lettore non ha specificato l'esatta data di nascita, ma, soltanto, l'anno di nascita (1949), a legislazione vigente, la data di pensionamento avver­rà al raggiungimento di 66 anni e 3 mesi di età anagra­fica, se maturati entro il 31 dicembre 2015 ovvero, 66 anni e 7 mesi se maturati nel 2016.

c): può ricongiungere i contributi versati alla cassa commerciante con i contributi versati all'Inpdap, ai sensi della legge 29/79. Tale ricongiunzione è a titolo oneroso, ma permetterà  di percepire la pensione da parte dell'Inps, ex gestione Inpdap, sulla totalità dei contributi versati, con calcolo della pensione secondo le regole previste dall'Inpdap. Anche in questo caso, dai dati forniti e a legislazione vigente, la data per andare in pensione dovrebbe es­sere al raggiungimento di 66 anni e 3 mesi di età anagrafica, se maturati entro il 31 dicembre 2015 ovvero, 66 anni e 7 mesi se maturati nel 2016 (pensione di vecchiaia).

Tra le tre opzioni, è probabile che la più conveniente sia la seconda. Peraltro, l'ultima opzione avrebbe il vantag­gio di determinare un assegno pensionistico più con­sistente, ma dietro pagamento dell'onere per la ri­congiunzione dei periodi assicurativi (legge 29/79).


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Sono una dipendente statale e percepisco una pensione di reversibilità dall'Inpdap, priva di tredicesima. Quando ho chiesto il perché, mi è stato risposto che non mi spettava perché ne percepisco già una con lo stipendio. Mi spetta oppure no? Valeria da Palermo

Si ritiene che la risposta sia negativa, in quanto, l'articolo 99, comma 5, del Dpr 1092/73 stabilisce che la corresponsione dell'indennità integrativa speciale è sospesa nei confronti del titolare di pensione che presti opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, amministrazioni pubbliche o enti pubblici.

Anche se la Corte costituzionale, con sentenza 13-22 dicembre 1989, n. 566, ha dichiarato l'illegittimità del citato quinto comma dell'articolo 99, in quanto la norma in esame non ha fissato «un limite di retribuzione al di sotto del quale deve ritenersi ammissibile il cumulo integrale tra trattamento pensionistico in senso lato e retribuzione», il ministero del Tesoro, nelle istruzioni impartite alle proprie direzioni provinciali, in merito all'applicazione della sentenza in esame, ha specificato che: «La Corte costituzionale, nella propria sentenza, non ha fatto alcun riferimento all'articolo 17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978 n. 843, che ha previsto, con carattere di generalità, il divieto di cumulo dell'indennità integrativa speciale annessa alla pensione, con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi» e, pertanto, «ai titolari di pensione che prestano opera retribuita alle dipendenze di terzi, sia pubblici che privati, l'indennità integrativa speciale deve rimanere sospesa, ai sensi dell'articolo 17,1° comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 843, norma tuttora vigente, non essendo stata censurata dalla citata sentenza n. 566».


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Sono dirigente in un ente locale, nel giugno 2009 ho maturato la quota "95 "con 59 anni di età, all'epoca necessari per l'accesso alla pensione di anzianità ma ho continuato a lavorare. Ora l'amministrazione mi collocherà a riposo d'ufficio, dal giugno 2013, poiché compirò 40 anni di contribu­zione. Posso rimanere in servi­zio fino ai nuovi limiti previsti dal decreto «Salva-Italia»? Tonino da Verona

La riforma Monti-Fornero non si applica nei confronti di tutti quei lavoratori che alla da­ta del 31 dicembre 2011 hanno maturato un qualsiasi diritto a pensione ancorché l'interessa­to non abbia esercitato il diritto a essere collocato a riposo. Le pubbliche ammini­strazioni, in base all'articolo 72, comma 11, del Dl 112/2008 possono - al raggiungimento dell'anzianità massima contri­butiva di 40 anni - risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi.

Dai dati disponibili, l'Uf­ficio si è attenuto alle disposi­zioni impartite dal Diparti­mento della Funzione Pubbli­ca con la circolare n. 2/2012, nonché della circolare Inps n.37/2012 e del messaggio Inps 8381 del 15 maggio 2012. In parti­colare, in quest'ultimo docu­mento si precisa che nei con­fronti di coloro i quali hanno maturato i requisiti per il pen­sionamento entro il 2011, la risoluzione uni­laterale rimane fissata al com­pimento dei 40 anni di anziani­tà contributiva. Invece, con ri­ferimento ai soggetti che ma­turano i requisiti dal 1° genna­io 2012, la risoluzione potrà es­sere esercitata al compimen­to dei requisiti contributivi ri­determinati dall'articolo 24 del decreto legge 201/2011: Per il 2013, i requisiti contributivi indipendenti dall'età anagrafi­ca risultano essere 41 anni e 5 mesi per le donne e 42 anni e 5 mesi per gli uomini. Tali requi­siti già ricomprendono l'au­mento di 3 mesi legato alla spe­ranza di vita che si applica dal 2013. Naturalmente, quest'an­no potrà essere soddisfatto esclusivamente il requisito previsto per le donne, poiché gli uomini che perfezionano il requisito contributivo (42 an­ni 5 mesi) hanno già un diritto acquisito (almeno 40 anni) al­la fine del 2011.

È opportuno che l'ente pub­blico non receda se il lavorato­re ha meno di 62 anni (soglia al di sotto della quale scattereb­bero le penalizzazioni), come stabilito dalla circolare 2 della Funzione pubblica.

Si ricorda che il Dl 216/2011 ha disposto la non applicazio­ne della riduzione percentua­le limitatamente ai soggetti che maturano il  requisito con­tributivo entro il 2017, qualora l'anzianità derivi da prestazione effettiva di lavoro, inclu­dendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per assolvimento degli obblighi  di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazio­ne guadagni ordinaria.


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