Pensioni, Monti: il taglio del 2011 salvo' l'Italia. Possibile nuovo intervento

redazione Lunedì, 04 Maggio 2015
L'ex premier: "Rispetto la sentenza, ma si dimentica che ci attendeva la Troika Difficile garantire le prestazioni, le decisioni delle corti europee divergono".

Kamsin «Rispetto la sentenza della Corte, come sempre, ma sono perplesso». Così Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri il cui Governo nel dicembre 2011 ha dato il via libera alla controversa norma sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni bocciata Venerdì scorso dalla Corte Costituzionale. «Quello della Corte è un mondo calmo, riflessivo, che deve ragionare ex post e non è esposto alle tempeste che i governi devono affrontare in situazioni di emergenza. Il nostro primo dovere allora era evitare il default. In quel caso, come oggi in Grecia, sarebbero state a rischio le pensioni, non solo il loro aumento per recuperare l'inflazione. Immagino che la questione sia stata dibattuta anche all'interno della Corte: secondo resoconti giornalistici la sentenza sarebbe stata adottata con sei voti a favore e sei contrari e il sì determinante del presidente».

Monti difende l'operato del suo governo giustificato dalla logica dell'emergenza e dalla necessità di tenere sotto controllo lo spread ricordando, peraltro, come si fosse riusciti ad evitare lo sgancio dall'inflazione almeno degli assegni piu' bassi, inferiori cioè a 1450 euro al mese lordi. «Dal punto di vista finanziario la situazione dell'Italia di allora puntava pericolosamente in direzione della Grecia. Se non avessimo preso le misure necessarie, sarebbe intervenuto il default oppure sarebbe arrivata la Troika. La Corte non avrebbe avuto nulla da eccepire. Ma l'Italia avrebbe perduto il proprio credito oppure la sovranità nazionale».

«La situazione era tale per cui nei giorni precedenti il decreto sembrava inevitabile bloccare l'indicizzazione di tutte le pensioni, a prescindere dal reddito. Ma Elsa Fornero e io - e con noi i nostri colleghi - ci siamo ribellati nelle nostre stesse coscienze. Pur di evitare il blocco per le più povere, riaprimmo le posizioni del precedente "scudo fiscale" e imponemmo ex post un tassazione supplementare».

Impossibile, secondo Monti, colpire solo gli assegni superiori a 3700 euro al mese, come fece nel 2007 il governo Prodi senza che la Consulta avesse da obiettare: «Non ce lo potevamo permettere. Occorreva un risparmio maggiore, e poi c'era un problema di equilibrio politico. Le misure sulle pensioni, sgradite al Pd, facevano parte di un pacchetto in cui erano comprese misure sgradite al Pdl, l'Imu e l'inasprimento della lotta all'evasione fiscale. Solo grazie a questo mix di sacrifici politici, il "SalvaItalia" venne approvato dal Parlamento, rapidamente e a larga maggioranza».

Per quanto riguarda la quantificazione delle risorse Monti ammette che «avremmo dovuto fare uno sforzo in più, ma in quelle settimane si lavorava con una fretta diabolica. Giusto per rinfrescare la memoria storica: lo spread, che a novembre aveva toccato i 574 punti base, oscillava attorno ai 500. Oggi è a 110. Per collocare Btp decennali bisognava remunerarli all'8 per cento, oggi all'1,4. Il petrolio costava 110 dollari il barile, oggi 57. Il cambio dell'euro con il dollaro era 1,35, oggi è 1,12. Mario Draghi era appena entrato in carica e, lungi dall'assumere atteggiamenti espansivi, lanciò l'idea di un fiscal compact rigoroso, subito fatta propria dalla Germania».

L'ex Premier poi ribadisce che l'intervento della Corte non sottrae al Governo la possibilità di intervenire nuovamente per limitare i danni: «non sono abbastanza competente, ma ovviamente una Corte che dichiara una legge incostituzionale compie parte del suo compito. D'altra parte il governo può intervenire nuovamente, tenendo conto dei rilievi della Corte. Immagino che non si rassegnerà a subirne silente l'impatto finanziario».

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