Le pensioni ai superstiti, come noto, vengono defalcate del 25% se il titolare percepisce altri redditi, al di fuori della pensione ai superstiti, superiori a 3 volte il trattamento minimo del FPLD; del 40% se i redditi sono superiori a 4 volte l'indicato trattamento minimo e del 50% se i redditi splafonano le 5 volte il menzionato trattamento minimo. Esiste, tuttavia, una clausola di garanzia secondo la quale il trattamento derivante dal cumulo dei redditi con la pensione ai superstiti ridotta non può comunque essere inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale si colloca il reddito posseduto.
Il meccanismo
Si pensi, ad esempio, ad una vedova con una pensione ai superstiti di 90mila euro lordi ed un reddito ulteriore da 35 mila euro lordi annui. La prima prestazione viene defalcata del 50% (quindi di 45mila euro) per un totale di 80.000 euro lordi annui (45.000+35.000). Tuttavia siccome questo importo è inferiore a quello che spetterebbe se il reddito fosse di 33.512,70€ (cioè pari al limite massimo dalla fascia immediatamente precedente) a cui corrisponderebbe una riduzione della pensione del 40% (quindi di 36mila euro), alla vedova si applica una riduzione della pensione ai superstiti non di 45.000€ ma di 37.488€ in modo da fargli raggiungere un reddito complessivo di 87.512€. La decurtazione, per quanto attenuata dalla clausola di garanzia, risulta comunque superiore ai redditi annui conseguiti (35mila euro).
Sospetta illegittimità
Secondo la sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti questo meccanismo di riduzione contrasterebbe con il principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Carta Fondamentale. Ciò in quanto autorizzerebbe l'esproprio della pensione ai superstiti in misura superiore ai redditi aggiuntivi conseguiti dal pensionato. «Assurdamente, scrive il rimettente, risulterebbe preferibile che il pensionato non avesse conseguito affatto quei redditi aggiuntivi o, almeno, che essi non avessero travalicato la soglia costituita dal triplo del trattamento minimo annuo previsto dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti: perche', in ambo i casi, il complessivo risultato si rivelerebbe piu' favorevole per il pensionato stesso».
Con l'ordinanza n. 63/2021 il giudice contabile ha rimesso, pertanto, le carte alla Consulta ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto del terzo e quarto periodo del comma 41 dell'art. 1 della legge n. 335/1995 e della connessa tabella F, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che la decurtazione effettiva della pensione ai superstiti il cui beneficiario possieda redditi aggiuntivi possa eccedere l'ammontare complessivo di tali redditi.