Pensioni, Con il taglio dei contributi assegni ridotti sino al 18%

Valerio Damiani Venerdì, 04 Marzo 2016
Lo sottolinea una nota della Uil sull'ipotesi del Governo di ridurre il cuneo sul costo del lavoro attraverso una sforbiciata dei contributi previdenziali del 6%.
Impensabile una riduzione del cuneo fiscale risparmiando i contributi sulla previdenza. Lo sottolinea il Segretario Confederale UIL Domenico Proietti sull'ipotesi del Governo di limare il cuneo fiscale abbassando la contribuzione previdenziale di 6 punti percentuali, 3% a carico del datore di lavoro e 3% a carico dei lavoratori. Un'ipotesi che se confermata, avrebbe gravi conseguenze sulle pensioni future di milioni di italiani con tagli anche del 18%.

La Uil stima che un lavoratore con 35 anni di contributi andrebbe a rimetterci circa 298 euro al mese per 3.874 euro annui mentre con 43 anni di contribuzione l'assegno pensionistico potrebbe arrivare a perdere 412 euro al mese per complessivi 5.356 euro all'anno. "Una contribuzione al 27% si tradurrebbe in un assegno previdenziale minore, con perdite consistenti pari a quasi un quinto del futuro trattamento. In questo modo si penalizzerebbero ulteriormente i giovani", denuncia la Uil per la quale la strada da perseguire per ridurre il cuneo fiscale "è estendere il bonus di 80 euro ai lavoratori e ai pensionati".

Per la Uil si tratterebbe di una ulteriore profonda frattura tra Governo e lavoratori che si aggiunge alla mancanza di un piano di revisione della Legge Fornero. Dal 2019, ricordano dal sindacato, la pensione di vecchiaia potrà essere ottenuta solo a 67 anni, un ulteriore aumento che colpirà ancora una volta le lavoratrici del settore privato che già hanno subito quest'anno un sbalzo di ben 22 mesi dell'età pensionabile. "Assurdo, a tal proposito, non riconoscere alcun beneficio pensionistico contributivo al lavoro di cura per le lavoratrici che si fanno carico del welfare familiare" dice la Uil. 

Tornando sull'ipotesi del taglio del cuneo l'ufficio studi della Uil certifica i calcoli prendendo a riferimento un lavoratore con carriera lineare che acceda alla pensione con 67 anni di età nel sistema contributivo. La Uil ipotizza una busta paga attuale pari a 1.500 euro mese, un coefficiente di trasformazione pari a quello in vigore a marzo 2016, una rivalutazione della retribuzione che ipotizza una crescita dell'1,5% ed una rivalutazione annuale del montante contributivo sempre dell'1,5%. Questo lavoratore dunque, con un taglio del 3% dei contributi previdenziali che appesantirebbe la sua busta paga attuale finirebbe però con il perdere, se andasse in pensione a 35 anni, circa il 18% dell'assegno di quiescenza: 298 euro al mese pari ad 3.874 euro annui. Perdita che progressivamente aumenterebbe se si ipotizzasse un pensionamento con 43 anni di contributi, pari alla contribuzione minima attualmente richiesta per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi). In questo caso, infatti, calcola sempre la Uil, l'assegno sarà inferiore di 412 euro mensili, per un totale di 5.356 euro annui in meno.

La Uil ricorda, inoltre, come gli attuali criteri di individuazione dei coefficienti di trasformazione saranno biennali. Ciò significa, da un lato, una penalizzazione generalizzata e, dall’altro, costituiscono – continua Proietti - un disincentivo alla permanenza al lavoro. Rimandando, infatti, l’accesso alla pensione si incorre nel pericolo di vedere il proprio montante contributivo calcolato con coefficienti più sfavorevoli. La UIL propone di legare i coefficienti per coorti di età. Sulla falsariga del modello svedese, si può operare assegnando a ciascuna coorte in età pensionabile il proprio coefficiente, eventualmente anche di tipo forward looking e quindi previsionale. 

È necessario, inoltre, introdurre per tutti una vera flessibilità di accesso alla pensione per sanare i macro errori commessi dalla Legge Fornero che continuano a generare ingiustizie e diseguaglianze. La UIL chiede che venga data la possibilità ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione a partire dai 62 anni.

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