Fisco

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Il Sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta ha confermato che i lavoratori dipendenti riceveranno a maggio il bonus fiscale che dovrebbe essere compreso tra i 70 e i 90 euro a seconda delle diverse fasce di reddito.

I tecnici del ministero dell'Economia stanno infatti lavorando alla regolamentazione delle ipotesi per incrementare la detrazione Irpef di base da 1880 euro a 2400 euro estendendola tutti i redditi fino a 20.000 euro contro gli ottomila attuali.

Come annunciato nei giorni scorsi dal premier Matteo Renzi i benefici maggiori verrebbero conseguiti dai lavoratori dipendenti che percepiscono attualmente una busta paga intorno ai 1200 1500 euro al mese netti. Questi lavoratori potrebbero ottenere fino a 1000 euro all'anno di benefici fiscali. 

Secondo il Sottosegretario Baretta le coperture verranno garantite in primo luogo dalla riduzione della spesa pubblica ed attraverso il ricalcolo degli interessi sul debito grazie alla riduzione dello spread.

Baretta ha anche confermato che non ci saranno interventi sulle fasce più deboli ed in particolare sulle pensioni o sugli assegni di invalidità come era circolato nei giorni scorsi. Il governo sta infatti individuando le risorse da inserire nel Documento di economia e finanza che sarà presentato alle Camere entro il prossimo 10 aprile.

L'aliquota ridotta decisa dal governo si applica ai canoni percepiti negli anni 2014 2017 automaticamente

Nel decreto casa 2014 è stato confermato il taglio dal 15 al 10 per cento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato. Cerchiamo dunque di approfondire quali sono i soggetti che potranno effettivamente godere di questo beneficio e quali adempimenti dovranno effettuare.

Innanzitutto va precisato che lo sconto fiscale sarà automatico per tutti proprietari di casa che hanno già applicato la cedolare secca sugli affitti convenzionati. In tal caso la riduzione del prelievo si applicherà su tutti i canali percepiti dal 2014 al 2017 senza che il propetario di casa debba effettuare nuovi adempimenti amministrativi. 

Coloro invece che hanno già stipulato un contratto a canone concordato senza però avere optato per la cedolare secca dovranno verificare di non avere detrazioni fiscali che limiterebbero i benefici della tassa piatta e quindi optare per la cedolare entro il termine per il pagamento annuale dell'imposta di registro utilizzando il modello 69 oppure il nuovo modello Rli. In questo caso il proprietario dovrà ricordarsi di inviare all'inquilino prima della di impedimento una raccomandata contenente l'avviso di applicazione della cedolare secca e della rinuncia dell'aggiornamento del canone. 

E' chiaro invece che qualora il proprietario abbia in corso un contratto a canone libero è improbabile che la riduzione della cedolare secca dal 10 al 15 per cento possa rendere conveniente un passaggio al canone concordato.

I proprietari che vogliono invece stipulare ex novo un contratto d'affitto in cedolare dovranno verificare prima di tutto che l'appartamento in oggetto sia individuato in uno dei comuni ad alta tensione abitativa individuato nell'elenco ufficiale stilato dal Cipe disponibile presso il sito internet di Confedilizia; quindi dovranno siglare con il conduttore un contratto a canone concordato ai sensi dell'articolo 2 comma 3 della legge 431/1998.

La durata di tale contratto sarà di 3 anni prorogabili di altri 2, il canone mensile sarà compreso in quella forchetta di prezzo individuata negli accordi firmati a livello territoriale tra le sigle della proprietà edilizia e i sindacati degli inquilini. Con il regime convenzionato, lo si ricorda, il proprietario dovrà verificare i rendimenti anche alla luce degli importi da corrispondere al comune in materia di Imu e tasi per comprendere quale sarà il vantaggio conseguibile con il regime convenzionato e con la cedolare.
Quanto al regime fiscale il nuovo contratto potrà immediatamente godere della tassa piatta utilizzando per la registrazione il modello Siria telematico oppure in alternativa il modello 69 cartaceo o il nuovo Rli.

L'aumento delle tasse azioni sulle rendite finanziarie servirà sostenere taglio dell'Irap del 10 per cento alle imprese. Spunta però l'ipotesi di uno slittamento a luglio.

Matteo Renzi ha annunciato che la tassazione sulle rendite finanziarie passerà dal 20 al 26 % sui redditi di capitale e sui redditi diversi. La misura garantirà risorse che finanzieranno la riduzione dell'Irap del 10 per cento delle aziende private. Secondo il premier l'aumento di 6 punti percentuale delle aliquote sul capital gain, su interessi e dividendi garantirà un maggior gettito di circa 2,6 miliardi; cifra che verrà utilizzata per ridurre di circa 2,4 miliardi il peso dell'Irap sulle aziende private considerando anche un margine di sicurezza di 200 milioni di euro per contenere un eventuale calo del gettito.

Nel presentare la manovra fiscale sulle rendite finanziarie il premier Matteo Renzi ha anche sottolineato come l'aumento dal 20 al 26 per cento della tassazione ponga l'Italia in linea con gli altri paesi europei. In effetti con l'aumento delle aliquote l'Italia sarà allineata alla media degli altri paesi europei che si attesta intorno al 25 per cento, però è bene ricordare che a differenza degli altri Stati dell'Unione i risparmiatori italiani sono anche chiamati a pagare l'imposta del bollo del 2 per mille e la Tobin tax. 

La misura secondo quanto annunciato dal neo-premier dovrebbe scattare dal prossimo 1° maggio ma per consentire agli operatori e agli intermediari finanziari di adeguare le proprie procedure è possibile che il governo trovi un accordo per posticiparla al 1° luglio.

La stretta sulle rendite finanziarie riguarderà la tassazione di tutti i principali proventi derivanti da prodotti finanziari (conti correnti, conto deposito, certificati di deposito, azioni ed obbligazioni, fondi di investimento italiani e stranieri, gestioni individuali e derivati) ad eccezione però, come espresso dallo stesso Matteo Renzi, dei titoli di Stato, le cui aliquote resteranno ferme al 12,5%.

Lo sconto Irpef annunciato dal premier Matteo Renzi comporterà un bonus fino a 90 euro al mese per i redditi annui lordi inferiori a 25 mila euro. 

La riduzione dell'Irpef sarà effettuata a partire dal prossimo mese di maggio. E sarà incentrata sulle cifre che ha diffuso il premier Matteo Renzi la scorsa settimana nel corso della conferenza stampa al termine del Cdm: 10 miliardi l'intervento complessivo, 10 milioni i lavoratori coinvolti (con esclusione delle partite iva), concentrazione delle risorse in favore dei redditi al di sotto dei 25 mila euro lordi annui, beneficio palpabile per chi guadagna sino a 1.500 euro netti in busta paga. 

L'esatto importo di quanto andrà in busta paga non è ancora certificabile in quanto dipenderà da come verrà formulata la norma ma indicativamente il bonus dovrebbe essere di circa 75-85 euro al mese in più. Vediamo dunque quali potrebbero i vantaggi fiscali conseguibili dai potenziali destinatari.

Innanzitutto la platea dei potenziali beneficiari. E' certo che i destinatari del provvedimento saranno i lavoratori dipendenti che guadagnano tra gli 8 mila e i 25 mila euro annui lordi, si tratta di un numero complessivo di 10 milioni e 436 mila soggetti.

Immaginando un intervento che comporti un incremento delle detrazioni fiscali al crescere del reddito, il bonus pertanto dovrebbe risultare maggiormente elevato per i redditi inferiori a 15 mila euro l'anno e diminuire gradualmente per quelli superiori a tale cifra sino ai 25.000 euro.

Per il primo scaglione, cioè quello tra gli ottomila e 12 mila euro, l'intervento potrebbe portare nelle tasche dei contribuenti circa 91 euro netti al mese il prossimo 27 maggio. La fascia successiva, individuata tra i 12mila e 15 mila euro, potrebbe ottenere un bonus di circa 95-96 euro al mese; la terza fascia, individuabile tra i 15 e i 20 mila euro, dovrebbe portare a casa un bonus di 83 euro. Benefici chiaramente piu' bassi per la quarta fascia, quella tra i 20 e i 25 mila euro lordi l'anno, dove il peso delle detrazioni è diverso: qui il bonus dovrebbe attestarsi intorno ai 60 euro netti in più al mese.

Irrisolto invece il problema degli incapienti cioè di quei quasi 4 milioni di lavoratori che non riescono a raggiungere gli 8.000 euro lordi annui che, pertanto, non sono interessati da un eventuale incremento delle detrazioni o di un intervento sull'Irpef. Per questi lavoratori il governo potrebbe però prevedere un bonus mensile di circa 20-25 euro netti che saranno erogati direttamente dall'INPS. 

I dettagli del provvedimento tuttavia non sono noti in quanto non esiste un testo base adottato dal Consiglio dei ministri. Per conoscere le modalità attuative dell'intervento sull'Irpef proposte dall'esecutivo Renzi bisognerà pertanto attendere la pubblicazione di un decreto legge (previsto verosimilmente per il mese di aprile) dopo il via libera da parte di Bruxelles e l'adozione del nuovo Def previsto per fine marzo.

Con il decreto casa la cedolare secca viene ridotta al 10 per cento per chi affitta a canone concordato. 

Il decreto legge sulla casa è stato finalmente approvato dal Consiglio dei ministri. In attesa della pubblicazione del testo in Gazzetta la novità principale è stata confermata: c'è la riduzione ulteriore dal 15 al 10 per cento dell'aliquota prevista per la cedolare secca in favore di chi affitta a canone concordato. Già con il precedente decreto del fare il governo Letta aveva previsto una riduzione dal 20 al 15 per cento per agevolare e stimolare gli affitti. Ora la misura dovrebbe ulteriormente rendere conveniente su larga scala il ricorso al canone concordato e dare una scossa ad un mercato immobiliare in profonda crisi. 

Nel decreto viene anche previsto un aumento della detrazione Irpef fino a 900 euro annui per inquilini di alloggi sociali che posseggono un reddito inferiore a 15.493,71 euro e fino a 450 euro annui per coloro che hanno un reddito inferiore a 30.987,41 euro. 

Non è passata invece la misura per la quale si era battuto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che voleva introdurre un aliquota scontata al 4 per mille sull'imu per chu affitta la casa di proprietà.

Tra le altre misure contenute nel decreto c'è il rifinanziamento di 100 milioni del fondo affitti e di 226 milioni del fondo "morosità incolpevole" che aiuta le persone che in un momento di difficoltà in via temporanea non possono pagare l'affitto. 

Nel decreto è anche previsto un piano di recupero degli alloggi popolari degli IACP pari a 468 milioni di euro. Il piano dovrà essere messo a punto dal Ministero dei Trasporti entro sei mesi dell'entrata in vigore del decreto e verrà finanziato con i fondi revocati alle opere pubbliche bloccate. I fondi serviranno a rendere agibili 12mila alloggi l'anno attraverso opere di recupero edilizio e manutenzione straordinaria.

Tra le misure destinate alle famiglie disagiate ci sono anche incentivi per la vendita degli alloggi iacp agli inquilini che li abitano: qui si prevede un fondo mutui in favore degli inquilini che acquistano l'alloggio con la possibilità di ottenere un contributo in conto interessi massimo dell'1% per 7 anni. 

La nuova tassa farà aumentare l'imposta sulle seconde case fino a 200 euro in più l'anno nelle maggiori città come Roma e Milano. 

Non c'è niente da fare. Anche il nuovo anno riserva ai contribuenti italiani una nuova stangata che potrebbe costare per un'abitazione media di categoria catastale A2 un aggravio di costo fino a 200 euro. Nelle grandi città per un alloggio medio potrebbero doversi pagare tra i 140 e 160 euro in più. E' l'effetto dell'ultima norma contenuta nel Decreto Salva Roma che ha concesso ai sindaci la possibilità di aumentare ulteriormente le aliquote sulla Tasi.

Ma il colpo peggiore, almeno sulla carta, potrebbe arrivare in quelle città medie che fino al 2013 non avevano aumentato le tasse sugli alloggi a loro disposizione. Per esempio Pordenone e Bolzano  potrebbero registrare aumenti fino a 500 euro l'anno secondo le prime stime effettuate dalla Cgia di Mestre

Il decreto salva Roma ha infatti nuovamente cambiato le regole in materia di imposta comunale sui servizi indivisibili, la Tasi, prevista originariamente dalla legge di stabilità. Nel decreto infatti si concede la facoltà ai Comuni, non l'obbligo, di aumentare le aliquote complessivamente dello 0,8 per mille al fine di finanziare le detrazioni sull'abitazione principale.

La Tasi di fatto è una reintroduzione, seppur mascherata, dell'Imu per la prima casa: la legge di stabilità prevedeva per l'abitazione principale un'aliquota pari allo 0,25 per cento calcolata sulla sulla stessa base imponibile prevista per l'IMU. Per le altre tipologie immobiliari, dove la vecchia Imu rimane in vigore, la legge di stabilità prevedeva che la somma tra Imu e Tasi non potesse superare il tetto massimo del 1,06%. 

Con il salva Roma i comuni hanno tempo sino ad aprile per stabilire se applicare del tutto o solamente in parte l'aumento dell'aliquota che è stato loro reso possibile. La decisione ultima quindi spetterà ai sindaci che potranno far salire l'aliquota massima allo 0,33% per l'abitazione principale oppure aumentare il prelievo sugli altri immobili portandolo sino al 1,14 per cento; i comuni potranno anche scegliere una via di mezzo aumentando per esempio solo dello 0,4 per mille l'aliquota sulle abitazioni principali è di un altro 0,4 per mille l'aliquota sulle seconde case e gli altri immobili.

E' chiaro che oggi è presto per conoscere le decisioni anche se non ci vuole molto per capire che i comuni non si lasceranno scappare questa possibilità: difficilmente i comuni riusciranno a rinunciare ad un incremento delle aliquote per finanziare i bilanci disastrati. Anche perché sarà difficile riuscire a controllare nei fatti la corretta destinazione delle risorse aggiuntive derivanti dall'aumento delle aliquote. L'extra-gettito dovrà essere destinato infatti a finanziare le detrazioni per l'abitazione principale, ad esempio i comuni potrebbero  immaginare l'introduzione di una detrazione base ed eventualmente una maggiorazione della detrazione in presenza di figli conviventi come avveniva per l'Imu; ma i controlli sulla destinazione dell'extra-gettito non saranno facili.

Le nuove tasse sulla casa

La Tari - La Tari è la tassa sui rifiuti. Viene determinata a seconda della tipologia di immobile residenziale o non residenziale. Per gli immobili abitativi si tiene conto, oltre che della superficie dell'alloggio, anche del numero di persone che lo abitano, per i non residenziali invece oltre alla grandezza si considera l'attività che viene svolta al suo interno. La tassa penalizza in particolare le famiglie numerose e i pubblici esercizi. 

La Tasi - La Tasi è il nuovo tributo sui servizi indivisibili. Viene utilizzata per coprire i costi comunali come l'illuminazione e la sicurezza. La base di calcolo è la medesima dell'Imu e quindi per le abitazioni si aumenta la rendita catastale del 5 per cento e la si moltiplica per 160. Per il 2014 l'aliquota massima per le abitazioni principali è dello 0,25%, per gli altri immobili la Tasi viene sommata all'Imu e l'aliquota massima può raggiungere l'1,06%. Il decreto salva Roma concede la facoltà ai sindaci di incrementare l'aliquota di un ulteriore 0,8 per mille. 

Iuc - La iuc è l'acronimo di imposta unica comunale ed è la somma di Tasi e Tari. La Iuc non è necessariamente in capo ad un solo contribuente visto che la Tasi viene pagata in gran parte dal proprietario dell'abitazione mentre la Tari è pagata da chi occupa l'immobile. I comuni possono stabilire in quante rate deve essere pagata fermo restando che devono esserci almeno due rate. Va lasciata inoltre la possibilità di saldare in unica soluzione entro il 16 giugno.

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