La questione
Contro la Corte d'Appello l'invalida ha proposto ricorso per Cassazione osservando come la decisione della magistratura risultasse in contrasto sia con i principi di non discriminazione di cui alla nostra Carta Fondamentale che con i principi espressi nell’art.4 della CEDU e delle convenzioni internazionali sui diritti delle persone con disabilità. Principi peraltro che avevano portato a diverse declaratorie di incostituzionalità dell'articolo 80, co. 19 della legge 388/2000 con cui il legislatore aveva limitato la concessione delle prestazioni assistenziali al requisito della titolarità del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno di lungo periodo. La Corte Costituzionale con diverse sentenze intervenute tra il 2008 ed il 2015 ha stabilito, infatti, come fosse manifestamente irragionevole subordinare la concessione di una prestazione assistenziale al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la titolarità di un reddito. In particolare l'intervento demolitore della Consulta ha riguardato i requisiti per la pensione di invalidità civile, l'assegno mensile di invalidità, l'indennità di accompagnamento e l'indennità di frequenza. Analoghe considerazioni possono valere anche con riferimento ad altre provvidenze economiche di natura assistenziale (come ad esempio le pensioni per i ciechi civili assoluti o i sordi) anche se queste norme non sono state ancora dichiarate costituzionalmente illegittime.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione, seguendo l'orientamento costituzionale, ha ribadito che ove si tratti “di provvidenze destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili si trova inserito, qualsiasi discrimine fra in cui il disabile per il contesto familiare cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in all’art. 14 della CEDU, avuto contrasto con il principio di non discriminazione di cui riguardo alla interpretazione rigorosa che di tale norma è stata offerta dalla giurisprudenza della Corte europea".
I giudici spiegano, in particolare, che l‘introduzione di una norma a carattere restrittivo è priva di giustificazione: “in ragione delle gravi condizioni di salute dei soggetti di riferimento [...] vengono infatti ad essere coinvolti una serie di valori di essenziale risalto — quali, in particolare, la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato di assistenza per le famiglie [...] che rendono priva di disagio sociale, i doveri giustificazione la previsione di un regime restrittivo nei confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico, come nei casi di specie”.
In conclusione la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'invalida affermando, a differenza di quanto sostenuto dall’INPS, che ai fini del riconoscimento di prestazioni sociali volte a rispondere ai bisogni primari della persona, nel nostro ordinamento non sia consentita, ex artt. 2 e 3 Cost., alcuna differenziazione tra cittadini italiani e stranieri che hanno titolo al soggiorno nello Stato.