Jobs Act, via libera al demansionamento in caso di riorganizzazione aziendale

Alberto Brambilla Lunedì, 29 Giugno 2015
Una norma del decreto legislativo sul riordino dei contratti consentirà alle imprese di adibire il dipendente a mansioni diverse da quelle per le quali è stato assunto.
Il lavoratore potrà essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento, cosi com'è previsto nel lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001) e non più soltanto a mansioni «equivalenti», a mansioni, cioè, che implicano l'utilizzo della medesima professionalità; in caso di mutamento degli assetti organizzativi dell'impresa, che incidano direttamente su una determinata posizione lavorativa e nei casi ulteriori individuati dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facoltà di modificare unilateralmente in peius le mansioni del lavoratore, nei limiti, però, di un solo livello di inquadramento inferiore. Restano salvi, in entrambi i casi, il livello di inquadramento e la retribuzione di cui il lavoratore godeva prima del mutamento di mansioni. Sono queste alcune delle novità in vigore dallo scorso 25 Giugno dopo l'entrata in vigore del Dlgs 81/2015, il decreto sul riordino dei contratti approvato in seno al Jobs Act.

Via libera quindi allo ius variandi, il potere per il datore di lavoro di modificare unilateralmente, cioè senza il consenso del lavoratore, l'oggetto del contratto di lavoro. Da un lato quindi, a differenza di quanto accadeva sino ad oggi, d'ora in poi non si dovrà più operare una comparazione tra le due mansioni, le precedenti e le nuove, in termini di "equivalenza", con la conseguenza che se il mutamento rimane all'interno dello stesso livello non ci sarà alcun limite per il datore di lavoro per cambiare le mansioni. Nel caso, invece, in cui il mutamento determini un inquadramento inferiore, il datore di lavoro dovrà produrre una motivazione per così dire oggettiva, cioè una «modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore».

La modifica potrà avvenire soltanto all'interno della stessa categoria (cioè dirigente, quadro, impiegato, operaio) ed il mutamento di mansioni deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità, con il diritto del lavoratore alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

Non solo. Al di fuori dei casi sopra menzionati in «sede protetta» (avanti la Direzione territoriale del lavoro, le commissioni di certificazione, ecc.) il lavoratore può accordarsi per un mutamento in peius delle mansioni - così pure del livello di inquadramento e della relativa retribuzione -, quando ciò risponda alla necessità di conservare il posto di lavoro, di acquisire una diversa professionalità o migliorare le condizioni di vita personali.

Nel provvedimento si precisa anche che lo svolgimento di mansioni ricomprese in un livello di inquadramento superiore determina l'acquisizione di detto livello solo se avviene in via continuativa per più di 6 mesi, salvo diversa previsione dei contratti collettivi: attualmente, invece, l'acquisizione avviene dopo tre mesi, periodo cui i contratti collettivi possono derogare solo in melius. Peraltro, l'acquisizione del livello di inquadramento superiore non è piu' automatica, almeno nel senso che il lavoratore può rifiutarla.

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