Lavoro agile, è stata pubblicata online il 7 febbraio scorso la Relazione finale del Gruppo di studio sul fenomeno dello smart working istituito dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando il 13 aprile 2021 con il decreto ministeriale n.87.
Lo studio è partito dalla necessità di comprendere le trasformazioni subite in poco tempo dal mondo del lavoro italiano colpito dalla pandemia di Covid-19. A partire dal 2020, in effetti, per la necessità imposta dal contenimento della pandemia, il lavoro a distanza e in particolare il lavoro agile è passato da fenomeno di nicchia a fattore di riorganizzazione dei diversi comparti produttivi, ovviamente con grandi differenze da settore a settore: comunque coinvolgendo un numero di lavoratori oscillante tra i 5 e gli 8 milioni.
Una delle novità principali dell'indagine sta nella metodologia che ha visto la partecipazione attiva delle parti sociali (sindacati e organizzazioni di categoria del commercio, dell'artigianato e dell'industria) e a detta dei promotori è il frutto del confronto che ha infine portato alla stesura del Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato dello 7 dicembre 2021.
Ma vediamo più da vicino i risultati dell'indagine promosso dal Ministero del Lavoro.
Lavoro agile, la fase prepandemica
Le parti sociali sono state parte attiva perché hanno risposto a un questionario che prendeva le mosse dalla 81/2017, legge che ha normato per la prima volta nel nostro paese il lavoro agile: i quesiti sono stati utili per comprendere le criticità derivanti dalla modesta applicazione della legge 81 e quelle invece sorte dalla sperimentazione di massa dovuta all'emergenza sanitaria.
A integrazione del questionario si è proceduto anche con delle audizioni delle varie organizzazioni che hanno così fornito una grande mole di dati sullo smart working, alle quali ha partecipato anche l'Aran per offrire informazioni in merito alla nuova modalità di lavoro nell'ambito del pubblico impiego. Ulteriori dati sono provenuti dalla analisi dei principali contratti collettivi e le diverse proposte di legge in materia depositate tra il 2019 e il 2021 in Parlamento.
La relazione ha colto agevolmente come la legge 81 pur promuovendo la sperimentazione di nuove modalità di prestazione del lavoro non sia riuscita a farla uscire dalla cornice di esperienza di nicchia riguardante professionalità ad alta qualifica, concessa nei contratti aziendali a percentuali molto limitate di dipendenti.
Lavoro agile, la fase emergenziale e i diritti minimi dello smart working
Tutto è improvvisamente cambiato all'inizio del 2020 con l'avvento del Coronavirus: a questo punto il lavoro da remoto è diventato una necessità sia nel settore privato, sia nella pubblica amministrazione e si è allargato a dismisura arrivando a coprire tra il 28 e il 35% della forza lavoro in Italia, derogando da uno dei principali presupposti della legge 81, ovvero la volontarietà. Di fatto però l'emergenza ha anche indotto un grande cambiamento rendendo lo smart working un possibile elemento di aumento della produttività per le aziende e anche uno strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per i dipendenti.
A questo punto il Gruppo di studio del Ministero del Lavoro propone di regolamentare nuovamente il fenomeno partendo dalla valorizzazione di due linee di indirizzo: la contrattazione collettiva e laddove questa non arrivi l'offerta di un canovaccio di regole minime comuni.
Queste ultime devono concernere i diritti non derogabili del “lavoratore agile”, ovvero orario di lavoro definito e conseguente diritto alla disconnessione per salvaguardare il diritto al riposo e la tutela della salute del lavoratore.
Questi e altri elementi sono stati recepiti nel Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile che ha individuato punti di convergenza tra le parti sociali in materia di:
- fascia oraria di contattabilità e diritto alla disconnessione;
- definizione dei luoghi da dove è possibile lavorare da remoto in sicurezza personale e dei dati (abitazione, coworking, ecc);
- regolamentazione degli obblighi di dotazione informatica;
- configurazione del lavoro agile come modalità inclusiva e di protezione dei “lavoratori fragili”;
- utilizzo dello smart working come strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Ora ovviamente la palla passa di nuovo al legislatore e alle diverse parti sociali.