Unica condizione per la sua indennizzabilità è l'esistenza del rapporto assicurativo, è necessario cioè che il rapporto di lavoro, il cui svolgimento ha dato origine alla malattia, rientri tra quelli per i quali è garantita la copertura assicurativa da parte dell'Inail secondo quanto disposto dal TU 1124/1965. A questo riguardo occorre notare che, essendo venuta meno la limitazione relativa ai settori produttivi originariamente disposta dal predetto testo unico, anche la tutela per le malattie professionali risulta applicabile praticamente a quasi tutti i lavoratori dipendenti.
Il sistema della lista chiusa
In origine l'indennizzabilità delle malattie professionali era possibile solo se queste risultassero ascritte in una tabella allegata al TU 1124/1965 che indicava tassativamente le tecnopatie riconoscibili come professionali, le lavorazioni che potevano esserne la causa, e il periodo massimo di indennizzabilità (sistema della lista chiusa). Questo sistema aveva ed ha il vantaggio della presunzione legale circa l'eziologia professionale delle malattie contratte nell'esercizio delle lavorazioni morbigene: ciò significa che una volta dimostrata l’esistenza della malattia e l’occupazione lavorativa non occasionale si da' per acquisito il carattere professionale senza che l'assicurato debba dimostrare il nesso di causalità. Perciò è a carico dell’INAIL l’onere di dimostrare il contrario, ovvero che la patologia sia dovuta a cause extralavorative.
La sentenza del 1988
Il passare del tempo ed il progressivo miglioramento delle tecnologie diagnostiche ha portato alla luce come molte altre malattie, oltre a quelle tabellate, trovano la loro causa nel lavoro di fatto svolto dal prestatore e che il loro accertamento possa anche risultare successivo ai tempi originariamente previsti nel citato testo unico. Per tutelare anche questi prestatori il Giudice delle Leggi con la sentenza numero 179/1988 ha ritenuto, quindi, indennizzabili dall'Inail anche le tecnopatie non tabellate. La citata sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 3 e 211 del DPR 1124/1965 nella parte in cui non prevedono che l'assicurazione contro le malattie professionali è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate al stesso TU concernenti dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purchè si tratti di malattia della quale sia comunque provata la casa di lavoro professionale. La medesima declatoria di incostituzionalità ha pure consentito il riconoscimento della dipendenza dal lavoro anche delle malattie sorte dopo la cessazione dell'attività lavorativa la cui manifestazione o riconoscimento sia avvenuto dopo l'avvenuta scadenza dei termini, presuntivamente indicati come massimi, per la riconduzione della patologia al lavoro svolto.
Pertanto la sentenza citata ha allargato la sfera della tutela assicurativa delle malattie professionali consentendo l’indennizzo di tutte quelle malattie causate dal lavoro anche se la patologia non rientra in alcuna delle predette categorie tabellate. In questi casi però, non essendoci alcun riferimento normativo, è a carico del lavoratore provare l’origine professionale. In altri termini, non può trovare applicazione la presunzione legale che riconduce la tecnopatia all'attività lavorativa svolta ma dovrà essere l'assicurato ad allegare e dimostrare la diretta eziologia professionale della malattia denunciata a differenza delle patologia tabellate per le quali resta ferma la presunzione legale sopra descritta.
Il sistema misto
Il predetto intervento demolitore ha, in definitiva, dato origine ad un sistema misto per il riconoscimento della malattia professionale a seconda che la patologia sia tabellata o meno. Nella prima ipotesi l'assicurato deve provare solamente lo svolgimento delle mansioni rientranti nell’ambito delle lavorazioni tabellate e l’esistenza della malattia tramite refertazione medica (TAC,ECOGRAFIA,RMN); nei casi delle tecnopatie non tabellate, invece, il lavoratore dovrà provare l’esposizione a rischio (condizioni di lavoro, mansioni, durata ed intensità dell’esposizione) e l’accertamento dell’origine professionale della malattia da un punto di vista medico-legale.
Va segnalato, ad ogni modo, che il legislatore a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale ha proceduto ad un aggiornamento costante delle malattie tipiche. L'articolo 10 del Dlgs 38/2000 ha, infatti, modificato il sistema di tabellazione delle malattie professionali con l'obiettivo di aggiornarlo e di ampliare il novero delle patologie tabellari con evidenti positivi risvolti per gli assicurati dal punto vista degli oneri probatori. La disposizione da ultimo citata ha, infatti, disposto la costituzione di una speciale commissione scientifica a cui è stato attribuito il compito di provvedere all'elaborazione ed alla revisione periodica dell'elenco delle malattie e delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico.