La vicenda
La questione riguardava un pensionato che aveva chiesto all'Inps il risarcimento del danno subito per aver confidato nell'accoglimento delle domande di rendita vitalizia con riscatto dei contributi quale collaboratore familiare di coltivatore diretto, prima accolte e poi annullate d'ufficio dall'Inps, dopo le sue dimissioni irrevocabili da un rapporto di lavoro subordinato. L'assicurato lamentava che la decisione dell'Istituto gli aveva reso impossibile il raggiungimento del diritto a pensione avendo ormai risolto il rapporto di lavoro. La domanda del pensionato era stata però rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello in quanto i giudici non avevano ritenuto integrati i presupposti per l'applicazione della norma di cui all’art. 54 della L. n. 88/1989, che riconosce valore certificativo soltanto alle comunicazioni dell'Inps rese su domanda e dirette, specificamente, a certificare la posizione contributiva utile al pensionamento.
La decisione
La Corte Cassazione, su ricorso del lavoratore, ha tuttavia ribaltato le sentenze dei giudici di merito. Nelle motivazioni i giudici ricordano che ormai l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità non limita gli elementi costitutivi della responsabilità civile dell'Istituto in relazione al solo caso dell'errore contenuto in una determinata e tassativa tipologia di provvedimenti (come gli estratti certificativi ex art. 54 della disposizione prima richiamata); anche provvedimenti diversi, se inficiati da errore addebitabile all'Istituto ed in quanto abbiano comportato un errore scusabile da parte dell'assicurato, possono rilevare alla stregua di un comportamento suscettibile di essere valutato sul piano del risarcimento contrattuale ex articolo 1218 c.c., qualora sussistano gli ulteriori requisiti della fattispecie sotto il profilo causale (cioè quando il pensionato sia in grado di dimostrare il nesso diretto tra il danno subito ed il comportamento erroneo dell'Istituto).
La violazione del legittimo affidamento
Nel caso di specie i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto il comportamento dell'Inps - che aveva accolto per due volte le domande di rendita vitalizia determinandone, peraltro, anche il corrispondente importo economico a carico del contribuente - illegittimo in quanto ha ingenerato l'affidamento dell'assicurato sulla consistenza della propria posizione contributiva incrementata per provvedimento dell'Inps in relazione al periodo oggetto del riscatto. A tale fine - spiegano i giudici - è irrilevante che le informazioni erronee siano state fornite mediante il rilascio di estratti-conto assicurativi non richiesti dall'interessato e inidonei a rivestire efficacia certificativa "in quanto la responsabilità dell'Istituto è fondata sull'inadempimento dell'obbligo legale gravante sugli enti pubblici, dotati di poteri di indagine e certificazione, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita". E pertanto il Supremo Collegio ha cassato la sentenza d'appello.
La Cassazione, del resto, ha già avuto modo di riconoscere la responsabilità risarcitoria dell'Inps in relazione ad erronee comunicazioni aventi ad oggetto il ricongiungimento di periodi contributivi ed anche se le inesatte informazioni non fossero contenute in documenti rilasciati a richiesta dell'interessato bensì rilasciati dallo stesso Istituto in occasione di una campagna informativa di carattere generale (Cass. 24496/2011 ); ed altresì nel caso in cui gli estratti-conto assicurativi fossero inidonei a rivestire efficacia certificativa (Cass. n. 2327/2016; e n. 23050/2017). Ci sono cioè numerose situazioni in cui, anche al di fuori di errori contenuti nell'estratto conto certificativo, è possibile far valere una responsabilità da parte dell'ente previdenziale.