Niente «unitarietà» del trattamento di fine servizio al dirigente di ruolo regionale a cui sia conferito un rapporto di lavoro subordinato di diritto privato. E' il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9494 del 23 marzo 2022 nella quale i giudici hanno affrontato un aspetto particolare del cd. «principio di infrazionabilità» del TFS per i dipendenti degli enti locali.
La questione
Riguarda le modalità di calcolo dell'indennità premio di servizio nei confronti di un ex dirigente della regione Umbria. L'interessato ai sensi di una legge regionale (art. 29 leg. reg. n. 15/1997) era cessato dai ruoli della dirigenza regionale il 9 maggio 1999 per essere riassunto con deliberazione della giunta regionale il giorno successivo con un contratto di lavoro a termine di diritto privato mantenendo i medesimi livelli stipendiali. L'ente previdenziale gli aveva liquidato due indennità: la prima, in regime di TFS, sulla base dell'anzianità maturata in qualità di dirigente di ruolo (sino al 9 maggio 1999); la seconda, in regime di TFR dal 31 maggio 2000, sulla base dell'anzianità maturata dal 10 maggio 1999 alla cessazione dal servizio avvenuta nel 2007.
L'ex dirigente chiedeva che il trattamento fosse calcolato unitariamente in virtu' del «principio di infrazionabilità» del rapporto previdenziale di cui all'articolo 2 della legge n. 152/1968 secondo il quale l'indennità premio di servizio deve essere calcolata in relazione alla totalità degli anni di iscrizione presso l'ente previdenziale. Ciò avrebbe determinato un importo più favorevole per l'assicurato.
Il principio di infrazionabilità
La Corte di Cassazione, ripercorrendo la pronuncia a SSUU n. 24280/2014, ribadisce che il «principio di infrazionabilità» richiede due condizioni: a) che la conclusione del precedente rapporto di lavoro non abbia determinato la cessazione dal servizio e, quindi, l'estinzione di tale rapporto di lavoro; b) che il nuovo rapporto rappresenti continuità con quello precedente, caratteristica che può desumersi ad esempio, dal mantenimento dello stesso datore di lavoro e dall'assenza di soluzione di continuità tra i due rapporti.
La decisione
Nel caso sottoposto allo scrutinio della Corte è vero che il datore di lavoro è rimasto lo stesso (cioè la Regione Umbria) ma la natura giuridica del rapporto è stata modificata in senso profondo talché - affermano i giudici - non possono ravvisarsi le condizioni appena citate. La successione ha, infatti, determinato l'estinzione del precedente rapporto dirigenziale di diritto pubblico a tempo indeterminato, come dirigente regionale di ruolo, e l'instaurazione di un rapporto di lavoro a termine di diritto privato (regolato con il provvedimento giuntale di conferimento dell'incarico stesso).
In tal senso, del resto, depone la legge regionale n. 15/1997 nella parte in cui prevede che il conferimento dell'incarico avviene «con contratto di diritto privato di durata non superiore a cinque anni, rinnovabile una sola volta» e comporta «la risoluzione di diritto del rapporto di lavoro a tempo indeterminato» con effetto dalla data del contratto costituivo del rapporto a termine, salvo il diritto del dirigente alla riassunzione, a domanda, con salvezza della anzianità complessivamente maturata e della posizione giuridica in godimento al momento della risoluzione di diritto del rapporto di lavoro.
In sostanza, essendo mutata la natura giuridica del contratto (da diritto pubblico a diritto privato) e non avendo l'interessato optato per la riassunzione, alla cessazione dell'incarico a termine, nel ruolo della dirigenza regionale, è impossibile riconoscere i due servizi unitariamente ai fini della misura del trattamento di fine servizio.
La Cassazione, pertanto, afferma il principio di diritto secondo cui «il rapporto di lavoro del direttore regionale della Regione Umbria, di cui all'articolo 29 L.R. UMBRIA 22 aprile 1997 nr. 15, è un rapporto di lavoro a termine di diritto privato; ne consegue che nel caso in cui l'incarico sia conferito ad un dirigente di ruolo della Regione Umbria non sussiste alcuna continuità ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio tra il precedente rapporto di ruolo ed il rapporto a termine».