Crescono i versamenti a PIP e fondi aperti
A fine 2017, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 162,3 miliardi di euro, in aumento del 7,3% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 9,5% del PIL e al 3,7% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi raccolti nell’anno sono pari a 14,9 miliardi di euro, di cui quasi tre quarti confluiscono nelle forme previdenziali di nuova istituzione. I contributi destinati ai fondi aperti e ai PIP sono cresciuti di circa il 9%, mentre l’incremento nei fondi negoziali è stato pari soltanto al 3,5%, in quanto il forte aumento delle iscrizioni conseguenti all’introduzione dell’adesione contrattuale si è tradotto in un aumento modesto dei flussi contributivi. Complessivamente i contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.620 euro nell’arco dell’anno.
Scarsa la penetrazione dei giovani
Il documento traccia anche l'identikit degli iscritti e conferma la prevalenza degli uomini rispetto alle donne e la scarsa presenza dei giovani dovuta alla difficoltà di inserimento lavorativo. Gli uomini sono il 62,3% degli iscritti alla previdenza complementare, a fronte del 57,7% di donne, mentre in termini di distribuzione per età e per area geografica di residenza, la maggior parte degli iscritti si concentra nelle fasce d’età centrali (35-54 anni, 56,3%) e al Nord (56,8%).
Per quanto riguarda l’adesione dei giovani, il Presidente della Covip, Mario Padula ha rimarcato come questa categoria resti “ai margini del sistema di previdenza complementare, anche per effetto delle difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro con continuità di rapporto e adeguatezza di retribuzione". Tra gli under 34enni, la partecipazione alla previdenza complementare, pari al 19%, è di oltre un terzo inferiore rispetto alle fasce di età più mature e la contribuzione risulta essere meno della metà. Lo stesso vale per le donne, la cui partecipazione è più bassa rispetto agli uomini: 25,4% contro 31,4% in media, forbice che si mantiene su tutte le classi di età e la contribuzione è di un quinto inferiore.
Nonostante ciò alla fine del 2017, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è pari a circa 7,6 milioni, in crescita del 6,1% rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 8,3 milioni di posizioni in essere (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto). Fa da contraltare il numero degli iscritti che hanno interrotto la contribuzione (1,8 milioni), pari al 23,5% del totale. Di questi, gli iscritti ai PIP “nuovi” si attestano a quasi 3 milioni (+7,6% rispetto al 2016), quasi 2,8 milioni quelli ai fondi negoziali (+7,8%, con una crescita determinata principalmente dalle nuove adesioni contrattuali), oltre 1,3 milioni quelli ai fondi aperti (+9,2%, confermando l’andamento dinamico del 2016) e 610.000 quelli ai fondi preesistenti. Considerate nell’insieme, le nuove adesioni nell’anno sono state 679.000, valore in linea con quello dell’anno precedente.
Rendimenti superiori al TFR
Nel rapporto viene sottolineato che nel 2017 il rendimento dei fondi pensione è stato superiore a quello del Tfr mantenuto in azienda: il rendimento medio al netto dei costi di gestione e della fiscalità è stato del 2,6% per i fondi negoziali e del 3,3% per i fondi aperti a fronte di una rivalutazione del Tfr al netto delle tasse dell'1,7%. Per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento medio è stato del 2,2% e per le gestioni separate di ramo I l’1,9%. Anche nel 2017 i comparti azionari hanno realizzato guadagni superiori, pari al 5,9% nei fondi negoziali, al 7,2% nei fondi aperti e al 3,2% nei PIP di ramo III.
Anche ampliando l'orizzonte temporale i rendimenti dei fondi pensione hanno mediatamente superato la rivalutazione del TFR. Nel periodo dal 2008 al 2017, comprensivo di fasi di accentuata turbolenza dei mercati finanziari, il rendimento netto medio annuo composto dei fondi pensione negoziali è stato del 3,3%, quello dei fondi aperti del 3%, dei PIP del 2,8% per le gestioni di ramo I e del 2,2% per quelle di ramo III, sempre superiore rispetto alla rivalutazione del TFR, che è stata pari al 2,1%.
A livello di costi, i PIP si confermano però i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore sintetico dei costi (ISC) è in media del 2,2% (1,9% per le gestioni separate di ramo I e 2,3% per le gestioni di ramo III), mentre si conferma la minore onerosità dei fondi pensione negoziali (0,4%) e fondi pensione aperti (1,3%).